martedì 16 giugno 2020

Jennifer Johnston, “Quanto manca per Babilonia?” ed. 2020


                                Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
                                                               prima guerra mondiale



Jennifer Johnston, “Quanto manca per Babilonia?”
Ed. Fazi, trad. M. Bartocci, pagg. 198, Euro 18,00


How many miles to Babylon?/ Three scores miles and ten/ Can I get there by candle-light?/ Yes, and back again.

  Sono le parole di una canzoncina per bambini in cui a volte la destinazione (Babylon che forse è una storpiatura di Babyland) è stata cambiata con il nome di un’altra città. Quelle che sono sempre rimaste uguali sono la domanda e la risposta finali, quell’ansioso ‘riuscirò ad arrivare per l’ora di sera?’ e la rassicurante risposta, ‘sì, anche tornerai’. Parole che ritornano spesso in mente ad Alec, quasi un inconscio desiderio di ritornare all’infanzia, al tempo in cui la maggiore paura è quella del buio e però una voce amorevole ti conforta scacciando le ombre.
    Irlanda, prima che l’Isola di Smeraldo acquistasse l’indipendenza. Alec appartiene ad una famiglia ricca, protestante, filo britannica. È figlio unico, un precettore viene a casa a fargli lezione- sua madre non vuole che si allontani per frequentare una scuola come è tradizione per i ragazzini inglesi di buona famiglia. E Alec è molto solo.
dal film
    Il romanzo di Jennifer Johnston inizia con delle parole che non permettono dubbi: “Mi hanno lasciato i miei taccuini, carta, penna e inchiostro, perché sono un ufficiale e un gentiluomo. Così, scrivo e aspetto.” Non ci vuole molta immaginazione per capire che cosa il protagonista stia aspettando. Ci resta da capire il perché della fine drammatica che gli è riservata. E i ricordi del passato iniziano proprio con una frase che dice tanto, “Da bambino ero solo”. Solo con una madre molto bella (che sa di esserlo) e molto egoista, con un padre affettuoso  a cui la moglie rimprovera di essere vecchio e a cui si rivolge con un tono sempre brusco e sprezzante. Quando Alec aveva conosciuto Jerry, aveva incontrato un amico per la prima volta in vita sua. Un ragazzo della sua età, figlio di lavoranti sulla terra del padre di Alec, con cui nuotare nel laghetto o uscire a cavallo. Era impossibile che sua madre glielo lasciasse frequentare. Impossibile. Un bifolco con le unghie sporche di terra. Un irlandese. Un cattolico. In qualche maniera il filo della loro amicizia resiste, finché…

     Allo scoppio della prima guerra mondiale la posizione dell’Irlanda è chiara e nello stesso tempo ambigua. In quanto sudditi dell’Inghilterra gli irlandesi sono tenuti ad arruolarsi nell’esercito britannico e però i tempi della sudditanza stanno scadendo. Parnell è già morto, ma resta un eroe. I nazionalisti, i ‘ribelli’, lottano per l’indipendenza dell’isola, la Rivolta di Pasqua, nel 1916, fu sedata nel sangue ma fu ugualmente una pietra miliare nella strada verso l’indipendenza. E allora per chi si arruola la possibile accusa di tradimento può venire da due parti. È la Storia che dobbiamo tenere a mente leggendo il romanzo di Jennifer Johnston, perché è una sorta di traccia nascosta sotto la vicenda principale, ci fornisce un’interpretazione aggiunta per l’astio nei confronti di Jerry, sia da parte della madre di Alec prima, sia poi dai suoi superiori nell’esercito. Jerry è il primo ad arruolarsi. Lo fa per la paga che riceverà e- lo dice apertamente- per farsi un’esperienza che gli servirà poi per servire la sua patria. Anche Alec si arruola, per ben altri motivi. Lui, che non aveva proprio alcuna intenzione di andare a farsi ammazzare, che non provava nessuna lealtà verso l’Inghilterra, si arruola dopo essersi ubriacato insieme a Jerry. Lo ha spinto sua madre, per una malsana ambizione, per vantarsi di avere un figlio al fronte. E riesce a vincere la riottosità del figlio usando un argomento che ce la fa disprezzare. Come la disprezza Alec. È una fortuna che, nell’inferno delle trincee nelle Fiandre, Alec e Jerry siano nello stesso battaglione? Oppure è il contrario, un destino avverso che sarà fatale per entrambi?

     “Quanto manca per Babilonia?” è un libro breve e compatto che si svolge per lo più con dialoghi. È quello che le parole non dicono che noi dobbiamo ascoltare. È un libro che parla di solitudine e di povertà, di amore filiale e del suo opposto, di coraggio e di paura, di amicizia. L’amicizia tra Alec e Jerry, che supera le barriere sociali, è del tipo che si instaura tra due ragazzi  che si trovano bene insieme, che sono legati anche, paradossalmente, dalla distanza sociale che c’è tra di loro, da quella sottile invidia buona per quello che ognuno di loro ha e l’altro no. Se c’è attrazione omoerotica tra di loro, sono gli altri che la percepiscono perché ne hanno paura per un lascito del vittorianesimo, perché sono così meschini da non saper concepire il valore di un affetto in equilibrio tra amicizia, fraternità, amore. E si ha l’impressione che è per questo che Alec e Jerry vengono puniti. La fine era annunciata e attesa dall’inizio.
     Intenso e drammatico. Una bella lettura.

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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it



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