venerdì 22 giugno 2018

Dezsö Kostolányi, “Anna Édes” ed. 2018


                                                     Voci da mondi diversi. Europa dell'Est



Dezsö Kostolányi, “Anna Édes”
Ed. Anfora, trad. Andrea Rényi e Monika Szilágyi, pagg. 270, Euro 17,00

    Budapest, 31 luglio 1919. La data di un grande cambiamento in Ungheria. Quanto sia grande ce lo fa capire in due brevi magistrali capitoli questo scrittore, Dezsö Kostolányi, che purtroppo finora non conoscevamo.
    Una frase secca come un colpo di fucile inizia il romanzo “Anna Édes”: “Béla Kun fuggì dal paese a bordo di un aereo”. Era il segno della fine della Repubblica Sovietica Ungherese. Un tocco di ironia caratterizzante: il commissario del popolo fuggiva con le tasche piene di pasticcini del caffè Gerbaud (chiunque sia stato a Budapest lo ricorda) e di gioielli. Grosse catene d’oro pendevano addirittura dal suo braccio, neppure fosse una statua della Madonna. E una di queste catene cadde solcando l’aria, dritto nel mezzo del parco pubblico e fu trovata da un anziano borghese. E’ il vecchio equilibrio che si ristabilisce: “i rossi sono caduti”, dice Kornél Vizy, consigliere ministeriale alla cameriera. “Sono caduti quei farabutti”, rincalza il portinaio che per la prima volta dopo mesi si rivolge a Kornél Vizy chiamandolo “Illustrissimo”, offrendosi (finalmente) di riparargli il campanello e proponendo una sua nipote come domestica presso di loro, una contadina del Balaton.

    E’ lei, la servetta diciannovenne, la protagonista del romanzo. Anna Édes, Anna Dolce (questo il significato del suo cognome) dolce Anna, che si aggiunge alla galleria dei personaggi femminili indimenticabili, una piccola eroina che si lascia vittimizzare (potrebbe fare altrimenti considerando l’ambiente e il tempo in cui è cresciuta?) finché reagisce perdendo ogni controllo, compiendo un’azione di cui non cerca neppure di giustificarsi. Il vaso era colmo, non c’era neppure bisogno della goccia che lo facesse traboccare.
   
La signora Vizy, come tutte le signore borghesi sue pari, come tutte le signore di altri romanzi che abbiamo letto, amano parlare e sparlare della servitù. In genere ne sparlano. Le domestiche (ma perché essere politicamente corretti? chiamiamole per quello che sono, ‘le serve’) sono sfaticate, lavorano male e di cattiva voglia, rubano, non ci si può fidare di loro, non si rendono conto di quanto siano fortunate, le serve, non devono pensare a nulla. Quando arriva la dolce Anna, la signora Vizy si deve ricredere. Anna Dolce è la perla rara, è proprio vero che le piace lavorare, non c’è bisogno di darle istruzioni. E se non reclama niente, perché pagarla quanto la precedente infingarda che avevano prima? Riceve tutto quello di cui ha bisogno in casa, magari la signora le regalerà anche un vestito, i soldi non le servono.
Se Anna sentiva nostalgia per il bambino a cui badava nella famiglia dove era prima a servizio, presto le passa, se l’odore di naftalina nella casa dei Vizy la prendeva alla gola, presto si abitua, se si sentiva sola, ci pensa il nipote scapestrato dei Vizy a tenerle compagnia infilandosi nel suo letto per quattro giorni in cui lo zio e la zia si sono assentati. Non c’è niente di nuovo sotto il sole, Anna aveva sentito raccontare dei padroni che mettevano incinte le serve, le era sembrato naturale, si era sentita lusingata, si illudeva che lui l’amasse. Mentre lui, pensando a lei, aveva immaginato di ‘rovesciarla come un sacco di farina, senza preamboli, come si fa con le serve’.
D’altra parte anche un amico di Vizy aveva sostenuto, parlando con il dottore durante una cena, che ‘loro sono diversi da noi. Hanno stomaci diversi, anime diverse. Sono servi. E vogliono rimanere tali.’ Sarà soltanto il dottore, un vecchio gravemente ammalato, a prendere le difese di Anna in tribunale, dopo che tutto si è concluso, dopo che Anna aveva dapprima accettato e poi rifiutato di sposare un vedovo che la corteggiava, perché la dolce Anna non era stata capace di sottrarsi al ricatto morale della sua padrona che non voleva fare a meno di lei. ‘Non l’hanno trattata come un essere umano, ma come una macchina. L’hanno resa una macchina. L’hanno trattata in maniera disumana. L’hanno trattata ignobilmente.’ E’ l’unica voce discorde- ‘Il pubblico ebbe l’impressione che il vecchio dottore con un piede nella fossa fosse un uomo mentalmente limitato.’
    “Anna Édes” è stato pubblicato per la prima volta nel 1926, ma, come avviene per tutti i libri molto belli, niente ne rivela l’età- né il contenuto, né lo stile, misurato, pulito, ironico, compassionevole.

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