lunedì 4 luglio 2016

Alain Claude Sulzer, “Post scriptum” ed. 2016

                                                   Voci da mondi diversi. Svizzera
               la Storia nel romanzo
                 FRESCO DI LETTURA

Alain Claude Sulzer, “Post scriptum”
Ed. Sellerio, trad. M. Carbonaro, pagg. 239, Euro 16,00


    Chi cavalca così tardi nella notte e nel vento?/ E’ il padre con il suo bambino,/ lo stringe tra le braccia, lo tiene al sicuro e al caldo.
L’immagine del padre che tiene tra le braccia il figlio morto ritorna per tre volte nel nuovo romanzo dello scrittore svizzero Alain Claude Sulzer, “Post scriptum”- all’inizio, a metà e alla fine. All’inizio del libro- è il 1894- i versi di Goethe corrispondono ad un’immagine reale: Tobias, il fratellino di Lion Kupfer, è annegato nel lago, il padre solleva il corpo per portarlo a casa, Lion ha solo sei anni, non dimenticherà mai la scena. Nel 1933, a Sils Maria dove il famoso attore Lionel Kupfer sta passando un periodo di riposo, l’impiegato delle poste Walter fa ascoltare alla madre il disco in cui Kupfer legge la poesia- ‘adesso ascolterai Kupfer’,
le aveva detto, orgoglioso del fatto che lui conosceva di persona Kupfer, che lui (ma non poteva dirlo a sua madre), ne era l’amante. Sapremo alla fine, nel post scriptum, come “Il re degli Elfi” fosse stato lo spunto che aveva dato inizio alla carriera di Lionel Kupfer come attore, come si fosse reso conto- recitando per gioco la scena del padre con il figlio, di suo padre con Tobias- del potere di suggestione che avrebbe potuto avere sullo schermo.
    Nel 1933, a Sils Maria, Lionel Kupfer non sa ancora che non tornerà più in Germania, che la sua carriera come grande attore è finita, che la via dell’esilio si apre davanti a lui. E’ anche la via della salvezza, ma è acquistare una vita perdendone un’altra, quella più vera. E’ come se il mondo tenesse il fiato in sospeso, tra i monti nell’Engadina, nello splendido albergo dove Kupfer è conosciuto, riverito, circondato da un alone di leggenda. Nessuno si stupisce della sua alterigia, e neppure della sua solitudine. Si bisbiglia delle sue amicizie maschili, ma anche persone molto vicine a Hitler hanno amicizie particolari, si sa. L’impiegatuccio delle poste, Walter, si intrufola nel grande albergo con una giacca che ha rubato, per un qualche caso siede allo stesso tavolo dell’attore, lo guarda con occhi adoranti, non è male come aspetto- perché Lionel non dovrebbe concedersi un’avventura finché non lo raggiunge Eduard? Il quale però porta brutte notizie. Kupfer è ebreo, è meglio che parta subito per gli Stati Uniti prima che sia troppo tardi.

    Un altro artista come protagonista ne “Il post scriptum”. Il pianista Olsberg che diceva addio alla musica interrompendo un’esecuzione ne “Il concerto”, e un attore che termina bruscamente, non per sua volontà, la carriera- ovvero, riprenderà a recitare, ma in ruoli minori, in una lingua non sua, dopo l’umiliazione di sentirsi accantonato, dimenticato, ignorato.

    Alain Claude Sulzer ha scelto una diversa angolatura per parlarci del passato, della storia d’Europa e del nazismo. Ha scelto una storia che parla di solitudine e di esilio, di doppia discriminazione e di doppia solitudine, quella dell’ebreo e quella dell’omosessuale. E la storia dentro la storia, quella di Walter che diventa steward d’aereo e che incontrerà ancora, per caso, Kupfer (né l’uno né l’altro lascerà vedere che si sono riconosciuti), è, in chiave minore, la stessa dell’attore, in un tempo di ipocrisia che invitava a indossare la maschera del perbenismo. Quella indossata dal tanto amato Eduard che si era messo a servizio di Hitler, cercando di fare il doppio gioco con un finale tragico.
      La sobrietà dello stile è nel DNA degli svizzeri ed è ciò che ammiriamo in Sulzer. C’è senso della misura ed equilibrio nel suo romanzo, un’essenzialità che è raffinatezza e buon gusto.




      

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