venerdì 9 gennaio 2015

Pierfrancesco Prosperi, “La casa dell’Islam” ed. 2009

                                                              Casa Nostra. Qui Italia
                                                              il libro ritrovato  



Pierfrancesco Prosperi, “La casa dell’Islam”
Ed. Bietti, pagg. 327, Euro 19,00

   Vittorio Bensi scosse lentamente il capo, indicando con un vago gesto della mano i fedeli che li sfioravano, intabarrati nelle loro vesti multicolori, per guadagnare il proprio posto sul pavimento della ex-chiesa. “Sei prigioniero della tua paranoia, Bruno. Questi non sono  nostri nemici e noi non siamo crociati. E’ un’altra civiltà con la quale dobbiamo convivere.”
   “Pensala pure come vuoi”. Conosceva bene Bruno, non avrebbe mai accettato neppure di discutere un punto di vista diverso dal suo. “Io non voglio morire musulmano.”

    Delle tre parti in cui il mondo è diviso secondo la dottrina musulmana, la ‘casa dell’Islam’ è quella in cui vivono i musulmani e i popoli sottomessi, appartenenti ad una fede diversa ma protetti dallo Stato islamico in virtù del pagamento di un tributo. Chi ha letto il precedente romanzo di Pierfrancesco Prosperi, “La moschea di San Marco”, non sarà sorpreso nello scoprire che “La casa dell’Islam” di cui lo scrittore parla in questo nuovo romanzo è l’Italia. Il finale de “La moschea di San Marco” appariva lucidamente e pessimisticamente chiaro sulle prospettive future del nostro paese- e infatti quella che era una minoranza musulmana al governo nel primo libro, in seguito alle elezioni del 2015 è diventata la maggioranza, mentre il Partito della Verità si è frazionato in una corrente estremista che esige l’applicazione integrale della shari’a a tutti i settori della vita pubblica e in un’ala moderata propensa alla tolleranza verso gli infedeli.
     Il numero dei capitoli de “La casa dell’Islam” è ancora- come ne “La moschea di San Marco”- 99 quanti sono i nomi di Allah e tuttavia non c’è più il martellamento incalzante delle date a fare presente quanto veloci si susseguano i cambiamenti nella vita degli italiani. Qui l’anno è il 2020, cinque anni dopo le elezioni, un tempo abbastanza lungo da poter incominciare a tirare le somme, a contare i caduti e i dispersi in questa guerra di culture, se non di religioni. Perché, di fatto, la religione cattolica è scomparsa, complice una Chiesa silente (“Il Dio dei cristiani è molto malato, quasi in coma. Il Dio dei musulmani, invece, scoppia di salute”).
Se un parroco fa suonare le campane, a poco giova che tutti i 475 abitanti del paese  si dichiarino responsabili: in prigione ci finisce il parroco e gli altri sono accusati di falsa testimonianza. Se un credente vuole entrare in chiesa per una preghiera, deve mettersi una macchina fotografica al collo, indossare una camicia a fiori e spacciarsi per turista, perché soltanto i turisti hanno libero accesso alle chiese al di fuori degli orari delle poche, pochissime, messe. Una volta la Chiesa si sarebbe rallegrata per aver trovato un appoggio nella sua opposizione al divorzio, all’omosessualità, agli abbigliamenti succinti delle donne. Di certo non si rallegrano i diretti interessati- le donne che si trovano legate a vita ad un marito musulmano (a cui la poligamia è permessa), le studentesse, le sportive, le annunciatrici che devono tutte portare il velo. Quanto agli omosessuali- sono così ‘scomodi’ che uno di loro, fratello di un noto uomo politico, viene assassinato.
Moschea di Milano

     L’omicidio di Abdul Sebastiano Franceschi è il sottile filo conduttore del romanzo di Prosperi in cui ricompaiono alcuni dei personaggi che già abbiamo conosciuto ne “La moschea di San Marco”. Il tempo e i cambiamenti hanno influito pesantemente su di loro: il poliziotto Franco Visconti è stato relegato negli archivi; Daniela, il cui marito è stato raggiunto dalla fatwa a Praga, dirige audacemente una TV privata attraverso cui vuole portare avanti la sua protesta; Giorgio Visconti abbandona Firenze per Verona (sì, il Nord Est forma uno Stato secessionista); un coraggioso giovane professore che ha preso (in tutti i sensi) il posto di quello che, nell’altro romanzo, si era rifiutato di ‘espurgare’ la Divina Commedia, viene penalizzato, così come la sua ragazza, colpevole di disegnare fumetti immorali. “La casa dell’Islam” procede per episodi, per flash abbaglianti su avvenimenti e notizie, con un metodo da mosaico, avvicinando una minuscola tessera ad un’altra fino a formare un vasto quadro. Un poco deprimente, molto allarmante, un poco fantasioso, piuttosto realistico per chi sa leggere i segnali nella vita quotidiana. Stralci di libri che devono ancora essere scritti (“Storia della Terza Repubblica”, Mondadori 2025), verbali di assemblee della Camera dei Deputati datati 2020, blog in rete (altrettanto censurata quanto la stampa), trasmissioni televisive su un fantomatico canale 9, un “Dossier del Medio Oriente” che appare in un numero di “Panorama del Mondo Islamico”, interrogatori, colloqui privati, riflessioni tra amici (ma di chi ci si può fidare ormai?) si susseguono in capitoli veloci che il lettore legge avidamente e con curiosità. Perché l’impressione è quella di guardare in una sfera di cristallo che ci svela il futuro, che è del tutto credibile- e lo diciamo con una certa ansia. Per non parlare poi del finale, platealmente fragoroso, forse inutilmente violento, eppure così necessario.
      “La casa dell’Islam” pecca di una certa frammentarietà che, tuttavia, è anche la sua cifra stilistica, così come è la stessa tecnica del mosaico a far sì che la fisionomia dei protagonisti non sia molto espressiva e che questi spesso ci sembrino essere soprattutto portavoce delle loro idee. Eppure tendiamo a dimenticare quelli che possono essere i difetti del romanzo, trascinati dalla vivacità narrativa di Pierfrancesco Prosperi, dalla sua sottile ironia e dalla brillantezza delle trovate futuristiche disseminate nelle pagine del libro.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it





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