mercoledì 27 luglio 2022

Francesco Musolino, “Mare mosso” ed. 2022

                                                             Casa Nostra. Qui Italia

cento sfumature di giallo

Francesco Musolino, “Mare mosso”

Ed. e/o, pagg.179, Euro 16,00

 

    Notte di Natale 1981. Vento maestrale forza sette. Un messaggio sulle onde di Radio Cagliari segnala una nave cargo turca, la Izmir, alla deriva. La stiva contiene seicento tonnellate di pesce. Destinazione: Grecia. L’equipaggio è già stato messo in salvo. Si tratta ora di localizzare la nave in quella bufera e rimorchiarla in porto.

     Achille Vitale, palermitano, classe 1951, ex allievo dell’Accademia Navale (scopriremo a poco a poco perché sia stato allontanato dall’Accademia) lavora in una società di rimorchiatori che batte tutta la costa della Sardegna con tre potenti mezzi di salvataggio. Vive da solo a Cagliari (anche questa è una storia dentro la storia) e per lui è perfino una distrazione uscire proprio nella notte di Natale, gli spiace però sottrarre alla famiglia gli altri uomini della squadra.


    Inizia così una vicenda che ha come grande protagonista il mare- una forza della natura che l’uomo può solo fronteggiare cercando di resistere alla sua furia ma non certamente dominare. Ma non è il mare l’entità malvagia contro cui Achille Vitale deve combattere. Perché ad una prima ispezione sembra che nella stiva della Izmir ci siano solo scatole di cartone che contengono pesce, un carico prezioso che richiede l’intervento di un frigorista perché non vada a male. É soltanto dopo, quando sopraggiungono dei racer, quelle imbarcazioni velocissime capaci di affrontare anche le onde più alte, che Achille troverà una risposta ai suoi interrogativi. E il suo frapporsi al Male sarà la causa di una tragedia che mai avrebbe immaginato.

     Due filoni diversi si alternano nella narrazione. Il primo, tempestoso e travolgente, è quello della storia della Izmir alla deriva, la vittima dell’incuria e dell’avidità con il suo fasciame che geme nella tempesta, con il carico che ha un duplice motivo nell’urgenza con cui deve essere messo in salvo. Il secondo è la storia privata di Achille, con i sacrifici fatti dalla famiglia per farlo approdare all’Accademia navale e poi il suo amore per la ragazza nordica incontrata a Venezia, la gelosia, lo scontro con un altro allievo dell’Accademia- chi ha soldi e un nome altisonante raggiunge sempre il suo scopo e Achille aveva finito per accettare il lavoro a Cagliari. Ma come si raffrontano Cagliari e Venezia? Come si gestisce una vita di coppia non più sulla placida laguna ma a bordo di un mare che si infuria in un baleno ed esige sortite di salvataggio notturno? É un confronto che ha il suo fascino e ci riporta alla solitudine di Achille nella fatale notte di Natale che porta sulle onde radio l’ SOS della nave cargo. Vogliamo vedere un significato che accentua il dramma di quello che accadrà- quella stessa notte e due mesi dopo- il fatto che tutto abbia inizio proprio nella notte santa che invita alla pace e all’amore tra gli uomini?


    Un thriller (chiamiamolo così) diverso dal solito, con lontani echi di Melville e di Hemingway anche se si tratta di ben altra caccia che non quella alla balena bianca e al gigantesco pesce spada, che ci apre gli occhi sulla malavita al largo delle nostre coste e che piacerà a tutti quelli che amano il mare (e non solo a quelli).

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martedì 19 luglio 2022

Elizabeth Strout, “Oh William” ed. 2022

                        Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America



Elizabeth Strout, “Oh William”

Ed. Einaudi, trad. Susanna Basso, pagg. 184, Euro 18,00

 

     Una voce indimenticabile, quella di Lucy Barton. La ricordiamo nel letto di ospedale, quando affrontava i ricordi del suo passato, con la madre seduta accanto a lei. Una madre che non l’aveva amata e di cui lei cercava l’affetto. E’ ancora lei che parla, con il suo tono un poco sognante, con tutti i suoi dubbi e le sue incertezze, con il dolore bruciante per la morte del secondo marito, David, con l’affetto che la lega alle figlie (ormai entrambe sposate) e quello per il primo marito, William, l’unico con cui le sembrava di aver condiviso una ‘casa’.

   Se c’è una trama nel romanzo, è esilissima. Forse è la scoperta, da parte di William ormai ultrasettantenne, che sua madre aveva avuto una figlia prima di lui e che l’aveva abbandonata- bambina di un anno- per raggiungere quello che sarebbe poi diventato il padre di William. E allora c’è un viaggio in cui William chiede a Lucy di accompagnarlo, da New York al Maine, in cerca della sorella. Il tema del viaggio, la costante dei romanzi di formazione, è qui completamente capovolto. Non è un viaggio verso il futuro, ma verso il passato, non è un viaggio di crescita ma ugualmente un viaggio di esplorazione di sé che sradica quelli che erano i punti fermi dei loro rapporti con la madre di William.


    È difficile dire come Elizabeth Strout riesca a far sentire Lucy come una di noi, come una donna in cui possiamo riconoscerci, al di là delle sue esperienze personali. Forse è il modo in cui espone queste sue esperienze, il tono pacato, le frasi corte come se pesasse le parole che deve dire, per farsi capire. E non racconta con ordine- un momento del presente fa affiorare alla sua mente un ricordo che lei rivive, e poi c’è come una giustapposizione di immagini, lei adesso che si stupisce sempre quando la riconoscono come la scrittrice e la ragazza che è partita per il college con due stracci in sacchetti di plastica, le figlie che incontra da Bloomingsdale’s come fossero delle amiche e le due bambine che hanno sofferto per la separazione dei genitori, lei che va alle isole Cayman e lei nella catapecchia in cui è cresciuta, la suocera Catherine che di lei diceva ‘oh, Lucy viene dal nulla’ e che era venuta lei stessa dal nulla (come scoprono ora). E William. L’amore per William (perché si è innamorata di lui?) e i suoi tradimenti. L’amore per il secondo marito che non intacca il legame profondo di amicizia che serba ancora per William. C’è una intesa con William, una comprensione che va al di là di un contratto matrimoniale. E da quella esclamazione, ‘Oh, William!’, che punteggia tutta la narrazione, traspare un migliaio di sfumature. Affetto che ha ancora il colore dell’amore di un tempo, simpatia, comprensione, un velo di irritazione, compassione. Oh, William, compagno di una vita anche se non è più una vita insieme.


   Un capitolo a sé, intrigante e non esplorato a fondo, è la storia del padre di William, il prigioniero di guerra tedesco che era stato mandato a lavorare nei campi del coltivatore di patate e che era stato il primo marito di Catherine, la madre di William. Come ha influito su William questo retaggio famigliare? La visita ai campi di concentramento lo aveva sconvolto. Eppure anche queste vicende fanno parte del complesso groviglio di quei rapporti che hanno formato William e Lucy- complesso, sì, ma sempre rivisto e rivissuto con una serena accettazione. 

    “Ti ho sposato perché eri piena di gioia di vivere”, dice William a Lucy. “Tu rubi il cuore alla gente”. In queste parole è contenuto il messaggio del libro- non importa da dove vieni, puoi venire dal nulla ma puoi ugualmente combattere quel nulla e costruirti in maniera diversa.

Elizabeth Strout ha la capacità di spruzzare polvere dorata su frasi che di per sé sono banali. Ci insegna a vedere in maniera diversa, come faceva il poeta Wordsworth che si proponeva, nella sua poesia, di dare un certo che di incantesimo alle cose di ogni giorno, di risvegliare il lettore dal letargo dell’abitudine, di colorare il quotidiano con l’immaginazione.

La prosa di Elizabeth Strout è poesia, in un libro bellissimo che fa pensare.


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sabato 2 luglio 2022

Holidays - Estate 2022


 Estate. Fine delle scuole. Non riuscirò ad aggiornare con il solito ritmo, confido nella pazienza e nella costanza di chi mi segue. E nella foto manca un bambino. 

Barbara Bellomo, “La casa del carrubo” ed. 2022

                                                       Casa Nostra. Qui Italia

                                          romanzo storico

                             Barbara Bellomo, "La casa del carrubo"

                                           Ed. Salani, pagg.336, Euro 16,90

                                                

   15 aprile 1943- è il primo di tre giorni consecutivi di bombardamenti degli alleati su Catania. Crollano i palazzi, i morti superano il centinaio.

È la data che segna il cambiamento della vita del professor Vittorio Floridia e della sua famiglia, lo spartiacque tra un ‘prima’ in cui si pensava che la Sicilia potesse essere marginale alla guerra e un ‘dopo’ in cui diventò, invece, il luogo dello sbarco delle truppe alleate che avrebbero risalito la penisola, il momento in cui chi era sempre stato avverso al fascismo riprendeva coraggio e chi, invece, era stato un fedelissimo del Duce cercava di cambiare bandiera.

    Il professore è un uomo di cultura, aveva avuto fiducia nelle promesse iniziali di Mussolini, aveva iniziato a ricredersi quando, con la promulgazione delle leggi razziali, un suo alunno ebreo era stato allontanato dalla scuola. Adesso non c’è tempo da perdere, deve mettere in salvo la moglie Agata e i tre figli. Cercherà di farli arrivare ad Acate, dove vive il fratello dell’amico che è morto combattendo con lui durante la prima guerra mondiale. Lui, il professore, si attarderà a Catania, li raggiungerà in seguito, vuole recuperare una parte dei loro averi per poter ricominciare in futuro.


     La casa del carrubo è il nome con cui tutti ad Acate conoscono l’abitazione di don Luigi Villalba, un uomo che si è fatto da sé, che ha combattuto nella guerra civile di Spagna contro i nazionalisti, che possiede i migliori vigneti della zona, che è diventato un farmacista stimato e rispettato da tutti. Le sue simpatie politiche devono restare un segreto, così come la storia del suo grande amore finito nel nulla perché giudicato troppo povero dal padre della ragazza che è tuttora nel suo cuore.

     Il romanzo di Barbara Bellomo è la storia di due famiglie nella Storia più grande della Sicilia durante la seconda guerra mondiale. È la storia di piccola gente travolta da avvenimenti più grandi di loro, di persone che diventano vittime innocenti di questa Storia di cui portano impresse sul corpo le ferite e le menomazioni, anche se a volte queste ferite non si vedono, perché le donne sono da sempre un facile bottino di guerra e da sempre la violenza su una donna diventa il simbolo della violenza fatta alla terra invasa dal nemico (impossibile non ricordare “La ciociara” di Moravia).

Alcuni dei personaggi di queste pagine sono realmente esistiti, come gli uomini politici citati, da Churchill a Roosevelt e ai capi nazisti. Altri sono frutto dell’invenzione della scrittrice, ma le trame dietro l’attacco aereo e lo sbarco delle truppe fanno parte della Storia che ormai conosciamo. Ci sono i buoni e ci sono i cattivi, c’è la figura generosa fino all’estremo di don Luigi e quella ambigua del tenente che si nasconde nella casa del carrubo tradendo la fiducia del suo ospite, c’è l’americano integro che interviene a difendere la figlia del professore e il veterinario di Acate che cerca di ripulire il suo passato di fascista, il professore che sembra vivere in un altro mondo e il figlio ingenuo seppure coraggioso. 

E le donne- la madre che non ha più parlato da quando ha perso il figlio e che ora ritrova la parola e la serva di casa che ha sempre il proverbio giusto (in dialetto stretto), le due ragazze che diventano donne in questa guerra, e Agata, infine. Agata il cui senso dell’onore le impedisce di recuperare l’antico amore, Agata che possiamo immaginare dedita per tutta la vita ad aiutare il marito che ha perso la vista e il figlio piccolo che ha perso una gamba.


    E quale simbolo migliore del carrubo per questa casa che si apre per ospitare chi ha bisogno, di questo albero che, con la sua storia millenaria, rappresenta la stessa Sicilia?

    Un romanzo di Storia ‘nostra’, basato su racconti di famiglia e un’accurata documentazione, un romanzo che ci narra una storia privata che sarebbe potuta essere la storia di tutti.

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