sabato 3 gennaio 2015

Leif GW Persson, “L’ultima indagine” ed.2013

                                                                   vento del Nord
    cento sfumature di giallo
    il libro ritrovato


Leif GW Persson, “L’ultima indagine”
Ed. Marsilio, trad. Giorgio Puleo, pagg. 507, Euro 19,50
Titolo originale: Den döende detektiven

“Per poter guardare neglli occhi le persone per bene bisogna essere una persona per bene. Non è così facile respingere la malvagità, a volte è così terribile che non si può evitare di reagire al male con il male. Poi, forse, ci si lascia tutto alle spalle, e si torna se stessi. Lei capisce, è anche lei del Norrland”.


      Si sente dire, parlando di romanzi di indagine poliziesca, che i gialli nordici ‘vanno’ perché sono di moda.
      Si sente dire che i gialli nordici sono tutti uguali.
      E’ falso. Può anche essere vero che sono di moda- se si può dire così per dei libri- ma il fatto che abbiano tanti lettori è giustificato dalla loro qualità: senza generalizzare, i romanzi di indagine poliziesca che vengono dal Nord sono insoliti, hanno il carattere dell’originalità, un respiro ampio, dei protagonisti di grande spessore, riescono a tessere una trama complessa anche partendo da un omicidio che di per sé non ha nulla di straordinario, allargano la problematica del caso ponendo domande su cui il lettore si trova a dover riflettere. Sono dei romanzi che valicano il limite del genere. “L’ultima indagine” di Leif Persson, noto professore di criminologia, già consulente del ministero di Giustizia e dei Servizi segreti svedesi, ne è un esempio.
       L’esergo della prima parte, tratto dalla Bibbia, recita: “Occhio per occhio...” e prosegue ampliandosi nelle parti successive, minaccioso e incalzante, “Occhio per occhio, dente per dente...” fino al completamento, “vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede.” E il significato della scelta di questa citazione si fa sempre più chiaro mentre procediamo nella lettura: è il luglio del 2010 e l’assassinio di una bambina, commesso venticinque anni prima, è caduto in prescrizione. Anche se Lars Martin Johansson riuscisse a scoprire il colpevole grazie a dei nuovi indizi, non servirebbe a nulla: la giustizia umana non potrebbe dargli la punizione che si merita.
      Ci vogliono meno di due mesi al famoso poliziotto “che vede dietro gli angoli” per individuare l’assassino che ha stuprato e ucciso Yasmine Ermegan, la bambina bruna di nove anni e di origine iraniana che era scomparsa il 14 giugno 1985 mentre andava a casa del padre dopo aver litigato con la mamma. Eppure il sessantasettenne Lars Martin, che è da poco in pensione, ha appena avuto un ictus- ah, la sua passione per le salsicce, la senape, la birra e in generale tutto quello che fa male alla salute! Se soltanto gli fosse successo un paio di mesi prima, di accasciarsi davanti al chiosco del miglior venditore di salsicce di tutta la Svezia, quel ‘cold case’ non sarebbe ancora andato in prescrizione: è la dottoressa che lo ha in cura in ospedale che lo mette sulla pista giusta, dicendogli che a suo padre, un ministro della chiesa, era stato fatto un nome sotto il sigillo della segretezza della confessione. E Lars Martin, braccio destro inutilizzabile, un peso sul petto che gli toglie il respiro, giornata scandita da medicine e fisioterapia, si rivolge per aiuto all’amico Jarnebring, pure lui in pensione, e si rimette in pista- non può proprio farne a meno, si tratta di acciuffare un uomo spregevole che l’ha fatta franca, poi si vedrà come punirlo.

      Da una parte c’è l’anziano Lars che si chiede se quell’estate del 2010 sia l’ultima della sua vita e combatte con la possenza di un vecchio leone ferito perché non vada sprecato neppure un istante dei suoi giorni, per riuscire a vedere dietro quell’ultimo angolo. Dall’altra parte c’è una bambina che si era appena affacciata alla vita e a cui non è stato concesso di diventare adulta. Una bambina su cui si è smesso presto di indagare perché chi si occupava del caso era l’odioso e stupido poliziotto Bäckström (protagonista del precedente romanzo di Persson, “Uccidete il drago”) e perché tutte le forze della polizia erano state impiegate per risolvere il caso dell’assassinio di Olof Palme (su di questo Persson ha scritto l’ottimo “In caduta libera, come in un sogno”) avvenuto pochi mesi dopo. Ma- e questa è una domanda non fatta ma che si percepisce- la morte di un primo ministro è più importante di quella di una bambina? Se una zolla di terra è portata via dal mare,/ l’Europa rimpicciolisce/ proprio come se si fosse trattato di un promontorio (sono le parole di John Donne nel sermone “Nessun uomo è un’isola”). Così come sembra terribilmente ingiusto che, per una manciata di giorni, per una questione di date e di decorrenza dell’ultima legge, l’omicidio di Palme non cada mai in prescrizione, a differenza di quello di Yasmine Ermegan. Dovrà pensarci Lars, con sottigliezza e intelligenza, a punire il colpevole perché nessuno si macchi di altre colpe.
     “L’ultima indagine” si svolge nel pieno dell’estate svedese, eppure c’è un’aria di malinconia autunnale nelle pagine- è la decadenza fisica di Lars, su cui lui ironizza, che ci rattrista. Perché il caso della bambina uccisa diventa il caso del vecchio leone che dà un’ultima zampata (meglio vivere un giorno da leoni...) pur sapendo che può essergli fatale. Questo è un grande romanzo psicologico, oltre ad essere un ottimo thriller. E’ una lezione di vita e di morte in cui a tratti sembra che lo scrittore si immedesimi nel personaggio che è suo coetaneo, entrando direttamente nel libro, parlando di sé come “quel matto di un professore, che insegna su alla direzione della polizia nazionale e conduce quel programma in cui dice un sacco di sciocchezze”, facendo riferimenti al “Millennium” di Stieg Larsson e- soprattutto-  a “Il giudice e il suo boia”. Il dilemma etico contenuto nel romanzo di Dürrenmatt è lo stesso che assilla Lars Martin Johansson, che di certo Leif Persson ha dovuto e deve affrontare nel suo lavoro, a cui ognuno di noi si ritrova a pensare almeno una volta nella sua vita: è giusto accusare qualcuno di un crimine di cui è innocente per riuscire a farlo condannare per quello che ha commesso e che altrimenti resterebbe impunito?

      Un romanzo imperdibile, bellissimo, il migliore finora tra quelli di Leif Persson.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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