martedì 6 gennaio 2015

Jung Chang e Jon Halliday “Mao, la storia sconosciuta” ed. 2006

                                                            Voci da mondi diversi. Cina
                                                            il libro ritrovato


Jung Chang e Jon Halliday “Mao, la storia sconosciuta”
Ed. Longanesi, trad. Elisabetta Valdré, pagg. 955, Euro 22,60

Titolo originale: Mao. The unknown story.


  Mao disponeva di un’arma terribile, la spietatezza. Nel 1948 si spostò nella città di Changchun in Manciuria e, quando l’assalto diretto per conquistarla fallì, fu impartito l’ordine di costringerla alla resa per inedia. Il 30 maggio, il comandante sul campo Lin Biao disse, parola per parola: “Trasformate Changchun in una città di morte”.
   
      C’è un’ondata di curiosità, da parte del mondo occidentale, verso la Cina, alla ribalta su tutti i giornali per quello che è un nuovo grande balzo in avanti nell’economia, un fiorire di attività culturali, un’esportazione di merci e di idee. E non è una coincidenza che, a quarant’anni dalla morte di Mao Tse-tung, siano stati pubblicati più o meno contemporaneamente tre libri intorno alla figura del Grande Timoniere, la biografia dell’americano Philip Short (“Mao”, Ed. Rizzoli), l’autobiografia di Chen Ming, professore vittima della Rivoluzione Culturale (“Nubi nere s’addensano”, Ed. Marsilio) e “Mao, la storia sconosciuta”, scritto dalla cinese Jung Chang e dal marito, lo storico britannico Jon Halliday.
     Ci sono voluti dieci anni a Jung Chang e Jon Halliday per raccogliere ed elaborare il materiale per questa ponderosa biografia corredata da duecento pagine di bibliografia. Il risultato è un grande quadro dalle tinte fosche, pullulante di figure e di scene alla Brueghel su cui domina il personaggio di Mao. Anzi, se vogliamo immaginare un quadro, è come se il volto di Mao- da lui imposto nel culto della personalità- affiorasse ovunque, nelle colonne dell’Armata della Lunga Marcia e fra le figure scheletriche dei morti di fame, nelle acque dello Yangtze in cui amava mostrarsi grande nuotatore e tra i lavoratori forzati dei laogai, in mezzo alle folle che sventolano il Libretto Rosso e circondato dalle concubine imperiali.

    Quali ricordare, delle frasi incisive pronunciate da Mao Tse-tung, per meglio caratterizzare il suo personaggio e l’epoca su cui ha lasciato la sua impronta? Jung Chang e Jon Halliday demoliscono interamente la figura del dittatore e quello che resta, dopo la lettura di questa biografia, è l’immagine di un uomo estremamente crudele- alla pari o forse di più di Hitler e di Stalin-, indifferente alla sorte del popolo: “Siamo disposti a sacrificare fino a 300 milioni di cinesi per la vittoria della rivoluzione mondiale”, “Hanno solo foglie da mangiare? Pazienza” (parole che ricordano la famosa battuta di Maria Antonietta, “non hanno pane? Dategli le brioche”). A queste frasi corrispondono dei numeri: 70 milioni di morti in Cina durante il governo di Mao, di cui 38 milioni per la carestia negli anni ‘58-‘61, il risultato del Grande Balzo in avanti che avrebbe dovuto far diventare la Cina una potenza nucleare. Che poi il trasferimento dei contadini nelle fabbriche e che l’esportazione di derrate alimentari privassero il popolo del fabbisogno indispensabile per la sopravvivenza, poco importava a Mao: “i morti fertilizzano il terreno” e “le persone come me hanno doveri solo verso se stesse, non abbiamo obblighi verso gli altri”. Forse sono queste ultime le parole che meglio spiegano l’uomo il cui nome paradossalmente significa “splendore sull’oriente”.
Statua del giovane Mao, alta 30 m., nell'isola di Chansha
   Quello che rende appassionante la biografia di Jung Chang e Halliday è l’amalgama di resoconto storico e visione da vicino, documentazione ufficiale reperita negli archivi russi e cinesi e testimonianze dirette di chi ha vissuto ed è sopravvissuto a quegli anni (anche se è impossibile verificare quanto sia stato realmente detto dai testimoni). Chang e Halliday si sono messi all’opera per sfatare dei miti, quello della Lunga Marcia (in cui Mao non fece un passo, 12 mesi, 10.000 km., su una portantina, sdraiato a leggere) facilitata da Chiang Kai Chek che temeva per il figlio tenuto in ostaggio dai sovietici, e quello della collettivizzazione che risultò in una forma di schiavismo,  osservano da un’altra prospettiva la Rivoluzione Culturale (un testimone la definisce “un’unica, enorme camera di torture”), precisano cifre che sgomentano (4922 i monumenti storici rasi al suolo  a Pechino, aggiunti ai roghi dei libri fecero sì che la Cina si trasformasse in un “deserto culturale”), descrivono le torture e le esecuzioni in pubblico. Non resta nulla del Mao ideologo, promotore della Rivoluzione Agricola e liberatore delle donne all’asservimento maschile. Anche il Mao “privato” risulta in una luce interamente negativa, in quanto non diverso dalla figura pubblica- figli abbandonati, scarso affetto per le mogli, nessun sentimento di amicizia. Prova ne è l’aver negato le cure mediche a Chou En-lai, ammalato di tumore, per timore che potesse sopravvivergli. Però le sue ultime parole prima di morire, nella notte del 9 settembre 1976, furono: “Chiamate i dottori.”

 la recensione è stata pubblicata sulla rivista Stilos       

                                                                        
di Jung Chang, in uscita il 22 di gennaio, "L'imperatrice Cixi", ed. Longanesi


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