domenica 23 marzo 2014

Ru Freeman, "Come petali nel vento"

                                                    Voci da mondi diversi. Asia



Ru Freeman, “Come petali nel vento”
Ed. Piemme, trad. Maria Bastanzetti, pagg 546, Euro 19,00
Titolo originale: On Sal Mal Lane

     Il sal mal è un albero che cresce nel subcontinente indiano- è chiamato anche ‘albero di Budda’ perché Budda venne alla luce sotto i suoi rami, ha fiori delicati di un rosso aranciato e può raggiungere anche i 35 metri di altezza. “On Sal Mal Lane” è il titolo originale del romanzo di Ru Freeman (bella l’allitterazione nelle brevissime parole) che in italiano è diventato, invece, un banale e inappropriato “Come petali nel vento”. E i personaggi del romanzo vivono in questo ‘vicolo dell’albero di Budda’ di Colombo, nello Sri Lanka, illuminato dai fiori degli alberi di sal mal che crescono in ogni giardino.  

   E’ il 1979 quando la famiglia Herath si trasferisce a vivere in Sal Mal Lane. E’ la famiglia perfetta. Il padre è un funzionario, la madre insegnante, i quattro figli, due maschi e due femmine, sono obbedienti, intelligenti, belli, rispettosi. Sono cingalesi buddisti, aperti e generosi. Fanno immediatamente amicizia con tutte le altre famiglie che abitano in Sal Mal Lane, mandano i figli a lezione di musica in una casa tamil, lasciano che le figlie frequentino due ragazzine burgher (di ascendenza mista, bianca e tamil) anche se queste sono sporche, rozze e straccione, regalano talee ai vicini che tendono a starsene per conto loro, permettono alla figlia più piccola, di sette anni, di stringere amicizia con un uomo non del tutto normale, triste, solo e molto buono che vive con la madre vedova. Sal Mal Lane cambia in meglio, dopo l’arrivo degli Herath. Favoriscono i sentimenti di una serena convivenza anche se, come è inevitabile, suscitano invidia negli spiriti meschini che covano malanimo nei loro confronti perché sono ‘troppo’ tutto. Tranne che verso la piccola Devi (un nome uguale per tamil e cingalesi). Tutti amano Devi, un folletto che non riesce a stare ferma. Tutti sembrano voler proteggere Devi perché gli astrologi hanno predetto che non vivrà a lungo come succede a quelli che nascono il giorno 7 di un qualunque mese dell’anno.
E, nei quattro anni in cui seguiamo le vicende dei personaggi, sono due le tragedie annunciate fin dall’inizio, una specchio dell’altra, una privata e una dell’intera nazione. Tra il 1979 e il 1983, nelle storie che racconta di quello che avviene in Sal Mal Lane, Ru Freeman aggiunge dei piccoli tocchi che ci fanno presagire il peggio- l’aquilone di Devi abbattuto, le ribellioni dei ragazzi che crescono e non si piegano più alle scelte di vita fatte dai genitori per loro, le voci che arrivano e che parlano della minaccia delle Tigri tamil, la biblioteca di Jaffna, nel Nord, incendiata da cingalesi, Devi che si ferisce alla testa giocando a cricket, le schermaglie al governo.
Finché vengono uccisi tredici soldati cingalesi e la rivolta esplode. Come è successo agli ebrei in Germania, come è successo nella guerra tra serbi e bosniaci, come è successo in tutte le guerre civili in cui gli amici diventano improvvisamente nemici, la furia contro i tamil divampa nelle strade di Colombo. Si incendiano case, si distrugge, si saccheggia, si uccide. La violenza raggiunge anche Sal Mal Lane dove, però, i semi dell’amicizia piantati dagli Herath danno i frutti e le case ‘sicure’ vengono aperte per dare ospitalità alle famiglie tamil della strada. Ma ci sono delle conseguenze. Inutile porsi gli interrogativi che incominciano con ‘se…’. Non si sfugge al destino, come dice l’antichissima storia dell’appuntamento con la morte a Samarcanda.

   Nihil si aggrappò alle sbarre della finestra, la pelle delle nocche bianca e tirata. “Secondo te se avessimo i fucili dei Silva potremmo fermarli?” chiese al fratello.
   “Noi non siamo tipi da fucili” fu la risposta di Suren.
   “Ma se li avessimo? Se qualcuno ce li desse? Se potessimo andare a prendere quelli dei Silva, pensi che Tha fermerebbe questi uomini?” insistette Nihil.
  “Forse” disse Suren dopo averci riflettuto un attimo. “Ma è proprio quel tipo di gente, gente con i fucili, che si prepara per la guerra. Io preferisco essere come siamo noi.”

    La scelta di Ru Freeman, di creare in una strada un microcosmo della piccola isola conosciuta anche come ‘lacrima dell’India’ per la sua forma particolare, non è nuova. Pensiamo a “Vicolo Cannery” di Steinbeck, a “Se Beale Street potesse parlare” di James Baldwin, al più recente “Brick Lane” di Monica Ali che hanno già sfruttato questa situazione. E tuttavia ogni strada è un mondo a sé, lo sarebbe nella stessa città, lo è tanto più in paesi con una realtà storica e sociale diversa. Inoltre Ru Freeman guarda il vicolo dell’albero di Budda e i suoi abitanti dal punto di vista dei ragazzini Herath che non sanno capacitarsi, nella loro innocenza, delle correnti di inimicizia che avvertono, che pensano che giocare insieme, scambiarsi i dolci nelle festività delle religioni professate dalle varie famiglie, farsi piccoli regali, siano un pegno di pace. Pensano che la bellezza della musica (il concerto che hanno organizzato in segreto è uno dei momenti importanti che vede tutti riuniti ad ascoltarli) possa portare armonia nei cuori- tra di loro e tra le diverse etnie del paese. Sbagliano.

   Ru Freeman ha il dono di scrivere in punta di penna un capitolo della storia luttuosa dell’umanità. Di certo non dimenticheremo nessuno dei suoi personaggi, meno che mai quello che rappresenta la vittima sacrificale offerta al dio della guerra- anche se in realtà è stata la sua fame di vita ad ucciderla, e non la guerra.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it

la scrittrice Ru Freeman    




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