lunedì 24 marzo 2014

Max Hastings, "Inferno. Il mondo in guerra. 1939-1945" ed. 2013

                                                                      ricorrenze
                                                                      seconda guerra mondiale
                                                                      
Max Hastings, “Inferno. Il mondo in guerra. 1939-1945”
Ed. Neri Pozza, trad. Roberto Serrai, pagg. 895, Euro 19,50

   “Questa non è una guerra per gentiluomini” riconobbe il tenente von Heyl della Wehrmacht in una lettera alla famiglia. “Si diventa totalmente insensibili. La vita umana è così a buon mercato, vale meno delle pale che usiamo per sgombrare le strade dalla neve. La condizione che abbiamo raggiunto vi sembrerà incredibile, a casa. Non uccidiamo esseri umani, ma “il nemico”, definizione che li rende impersonali- al massimo sono come animali. Loro si comportano allo stesso modo verso di noi.”
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     Inizio ancora una volta dal titolo, “Inferno. Il mondo in guerra. 1939-1945”, ovvero, dall’inglese “All hell let loose”, Si è scatenato l’inferno. Perché leggendo il bellissimo libro di Max Hastings- e qui il bello incontra l’orrore e la bellezza dipende dalla soddisfazione di sapere, dall’apprendere la storia di quei sei anni di guerra in maniera viva, quasi sentissimo parlare le voci di chi vi era coinvolto- è questo il nostro pensiero ricorrente: l’inferno non può essere peggio di così, questa è un’anticipazione dell’inferno.
   Dei tanti, tantissimi libri sulla seconda guerra mondiale, non ricordo di averne letto uno così completo ed esauriente quanto quello di Hastings. L’attenzione della maggior parte degli storici è stata per lo più focalizzata sul campo d’azione in Europa, mentre il quadro in “Inferno. Il mondo in guerra” si amplia ad includere le altre aeree di combattimento senza sminuirle- Cina e Birmania, Papua e le isole del Pacifico, l’Africa naturalmente. E mai come da questo quadro così vasto abbiamo ricevuto l’impressione che fu veramente una guerra ‘mondiale’ anche se coloro che combattevano in una parte del globo non sapevano neppure dove si trovasse la Germania o per che cosa esattamente stessero combattendo. Nel libro di Hastings c’è la precisione dello storico, ci sono i fatti e le date, le mappe delle zone di guerra e il tracciato dei piani di attacco. Ci sono i numeri, quei numeri con sei zero che incutono sgomento- i morti, sia tra i combattenti sia tra i civili, i feriti, ma anche, ad esempio, gli 8 milioni di francesi che abbandonarono la propria casa nei mesi di maggio-giugno 1940 a seguito dell’occupazione nazista (e chi ha letto Irène Némirovski ricorda bene la descrizione della colossale migrazione).

Ci sono, in dettaglio, le quantità di armamenti delle forze schierate e la differenza tecnica dei mezzi usati. Vengono riportate le discussioni, le pianificazioni, gli ordini e le reazioni dei leader. Il tutto senza appesantire la narrazione anche perché questa è di continuo inframmezzata da altri particolari ‘umani’ che hanno a che fare direttamente con carnefici e vittime della guerra. Le parole di un giovane pilota della RAF possono essere seguite dall’annotazione che pochissimi tra gli eroi dell’aria sopravvissero ai cinque anni che seguirono la battaglia d’Inghilterra (anche il ragazzo di cui abbiamo letto, dunque, è morto). La descrizione del terribile assedio di Leningrado con gli episodi di cannibalismo è affiancata da quella degli espedienti usati per rimediare un pasto con gli ingredienti più impensati.
cadaveri per le strade di Leningrado assediata
Veniamo a sapere che ai soldati dell’Armata Rossa, impiegati come carne da macello con un’indifferenza assoluta al numero delle perdite, era distribuita una dose giornaliera di ‘prodotto 61’, ovverossia vodka, contribuendo così all’ubriachezza endemica delle truppe. E poi Hastings ha un occhio particolare per la psicologia che sta dietro al modus operandi dei soldati delle parti avverse- la crudeltà dei tedeschi, la brutalità degli eccidi da loro perpetrati era pari a quella dei giapponesi dove ‘una visione perversa della virilità e dello spirito guerriero era tanto più sconvolgente perché istituzionalizzata’ (tra l’altro Hastings ricorda anche il famigerato programma dell’Unità 731 dei giapponesi con la sperimentazione delle armi batteriologiche sui cinesi). E se la bestialità dei nazisti era supportata da una insana teoria di superiorità della razza, quella dei russi era più animalesca e rozza, da orda dei barbari che travolge tutto e tutti sul suo cammino. Da parte dei tedeschi più integri ed intelligenti c’è anche la consapevolezza che tanto male non resterà impunito. Nelle parole di un antinazista dell’Abwehr, “Chi semina vento raccoglie tempesta, ma dopo un vento di questo genere, come sarà la tempesta?”


   Qual è la parte riservata all’Italia nel libro di Hastings? L’obiettivo grandangolo usato per questo libro lascia sfuocati molti particolari, è ovvio. Ci spiace dunque che nulla o quasi venga detto della Resistenza e che i lettori restino con la veritiera impressione del disprezzo che sia il nemico inglese sia l’alleato germanico provava nei nostri confronti. Nelle parole del feldmaresciallo Werner: “chi avrà l’Italia al suo fianco è destinato a perdere.”

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it

lo storico Max Hastings     

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