giovedì 20 marzo 2014

John Banville, "Un favore personale" 2009

                                                                       il libro ritrovato


John Banville, “Un favore personale”
Ed. Guanda, trad. Marcella Dalla Torre, pagg. 326, Euro 16,50
il libro è stato ripubblicato in edizione economica

   John Banville ha scelto per se stesso uno pseudonimo quanto mai adeguato per la serie di romanzi che hanno per protagonista l’anatomopatologo Quirke- in Irlanda questi noir vengono pubblicati a nome di Benjamin Black. Lo scrittore stesso ci ha detto, durante un’intervista, che è una maniera per sottolineare una differenza con gli altri suoi romanzi, sia agli occhi dei lettori sia per lui che li scrive: i romanzi con Quirke sono come una pausa distensiva a intervallare gli altri romanzi più impegnativi.
    E tuttavia uno scrittore come John Banville (vincitore del Booker Prize nel 2005 con “Il mare”) può anche nascondersi dietro un altro nome, ma non può evitare di portare una tematica profonda in qualunque cosa scriva, e di scrivere con la levigata raffinatezza che gli è propria. Il genere del noir offre a Banville la possibilità di esplorare il Male nella vita quotidiana della Dublino degli anni ‘50: una città cupa dall’atmosfera triste, in un’ Irlanda ancora fortemente assoggettata alla Chiesa. Il personaggio di Banville è nello stesso tempo, paradossalmente, tipico e atipico di quell’epoca: Quirke è cresciuto in un orfanotrofio (quanti ‘figli dell’amore’ venivano abbandonati, vittime della fobia sessuale della religione cattolica), finché il giudice Griffin aveva visto in lui la possibilità di fare un’opera buona lavandosi al contempo la coscienza, e l’aveva fatto studiare- preferendolo forse a suo figlio Mal. Per sapere di più sul passato di Quirke sarebbe necessario, però, leggere il romanzo precedente, “Dove è sempre notte”- qui lo incontriamo che ha smesso di bere, si permette solo un bicchiere di vino durante la cena settimanale con Phoebe, la figlia a cui ha rivelato da poco di essere lui il vero padre e non Mal Griffin, come la ragazza ha sempre creduto. La vicenda ‘gialla’, o nera che dir si voglia, inizia quando Billy Hunt, un vecchio compagno di studi di Quirke, lo contatta, chiedendogli il favore di non fare l’autopsia della moglie Deirdre, morta annegata- sarebbe troppo doloroso per lui vedere straziare il suo corpo.      


    Pare che tutti siano conniventi nella Dublino anni ‘50: il giudice che sbriga il caso come un incidente (possibile che Deirdre fosse andata a nuotare di notte? nessuno sa neanche se sapesse nuotare), per non macchiare la morta della colpa del suicidio (ma si tratta poi di suicidio?); Quirke che ha visto il segno di una puntura sul braccio della donna, ma tace; il poliziotto Hackett che appare e scompare, senza fare assolutamente nulla. Il romanzo procede alternando scene del passato, con la vita della bella Deirdre che aveva aperto un salone di bellezza insieme ad un socio un po’ losco, e il presente, con Quirke che cerca di capire che cosa sia successo, mentre sua figlia inizia una relazione con l’ex socio di Deirdre, un individuo effeminato, drogato, dagli strani capelli argentei- e le coincidenze diventano veramente troppe in una trama molto esile in cui i personaggi sono descritti con precisione e ricchezza di dettagli ma paiono vuoti. Non ci convincono, come non ci soddisfa la trama e neppure l’ambientazione d’epoca, che ci pare alquanto superficiale. Il meglio del romanzo è nel protagonista, presenza massiccia anche in senso letterale, e nello stile narrativo che è, inequivocabilmente, quello di un grande scrittore.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net

lo scrittore John Banville     

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