Voci da mondi diversi. Cina
distopia
FRESCO DI LETTURA
Yu Hua, “Il settimo giorno”
Ed. Feltrinelli, trad. Silvia
Pozzi, pagg. 150, Euro 13,60
Non è l’Inferno dantesco, questo mondo
dell’aldilà del libro “Il settimo giorno” dello scrittore cinese Yu Hua. Non
potrebbe esserlo perché non ci sono pene da espiare. Non ci sono neppure le
fiamme dell’inferno cristiano, anzi, l’opposto- ci sono nebbia e neve, un
paesaggio che improvvisamente si apre su prati verdi e fiori nelle ultime scene
quando uno dei personaggi che incontriamo si prepara per il riposo eterno in
una vera e propria tomba. Eppure il vento che sospinge i miseri scheletri dei
defunti, il continuo pensare alla vita ‘laggiù’ nel mondo dei vivi, il chiedere
notizie di chi si è lasciato indietro, ‘laggiù’, la pietas per costoro che vagano senza sepoltura, echeggiano Dante,
mentre l’umorismo macabro è la cifra stilistica di Yu Hua che ben ricordiamo
dai romanzi precedenti.
Yang Fei è morto. Stava pranzando nel suo
ristorante preferito quando c’è stato un incendio. Lui aveva appena letto sul
giornale la notizia del suicidio della ex moglie ed è rimasto seduto, incurante
delle fiamme. Si è presentato alla camera ardente per essere cremato
(poltroncine comode per i vip nella sala d’attesa, sedie comuni per gli altri- si
è diversi anche da morti) per scoprire che, siccome è troppo povero per avere
una tomba, non potrà neppure essere cremato e dovrà aggirarsi per sempre in un
limbo mentre le sue ossa si spolperanno a poco a poco.
Inizia così il singolare
viaggio nel regno di Ade di Yang Fei che aveva anche iniziato a vivere in
maniera singolare- un parto in anticipo, nella toilette di un treno, lui,
neonato, era caduto sui binari ed era stato raccolto da un ferroviere. Nei
sette giorni di Yang Fei nell’aldilà si mescola il racconto della sua vita con
quello delle altre persone che incontra. Ne esce fuori un quadro a tinte forti
della Cina contemporanea dove la proprietà di una tomba dura 25 anni, contro i
70 anni di quella della casa che si è acquistato. E i prezzi delle tombe sono
proibitivi: il ragazzo della bella Topina (Yang Fei li aveva già incontrati,
lavoravano da un parrucchiere e cambiavano di continuo il colore dei capelli,
vivevano nella città sotterranea nel ventre di Pechino, rifugio di topi e di
senzatetto) aveva venduto un rene per comprare una tomba per lei (e poi era
morto anche lui). Topina si era suicidata dopo che aver scoperto che l’iphone
che lui le aveva regalato non era autentico (lei era pronta a fare la escort
per comprarsi l’iphone ultimo modello). Yang Fei l’aveva vista schiantata
sull’asfalto. Ecco, in qualche maniera perfettamente congegnata, le vicende di
tutti i defunti sono collegate, Yang Fei li conosceva di persona (la donna che
lo aveva allattato e che gli voleva bene come una madre, la ex moglie, il
padrone del ristorante che ha preso fuoco e che si scusa con lui) o ne aveva
letto (i 27 neonati affiorati nelle acque del fiume- rifiuti dell’ospedale-, la
coppia morta sotto le macerie in seguito alla demolizione forzata della loro
casa, le vittime dell’incendio del centro commerciale- un numero molto più alto
di quello comunicato). E tutte queste storie sono un tassello del quadro, non
certo confortante.
La storia di Yang Fei e del padre adottivo
è di certo la più bella, uno splendido omaggio alla paternità del cuore, una
ricchezza di affetti per un ruolo che in genere è attribuito alla donna. Il
ventunenne padre adottivo di Yang Fei aveva imparato a fare tutto per il
bambino, se lo portava al lavoro in un marsupio, aveva rinunciato a sposarsi
per lui. Si cercano a vicenda senza saperlo, padre e figlio nel regno dei
morti. Il padre, arrivato prima, si è offerto per lavorare nella camera ardente
nella speranza di incontrare il figlio, prima o poi. E ci risuona negli orecchi
a lungo quella sua frase, ripetuta più e più volte, il pianto non pianto nella
voce incorporea di uno scheletro, “sei arrivato troppo presto”, perché la morte
di un figlio non deve seguire così da vicino quella del padre.
Non ci stanchiamo di leggere della Cina. Perché solo gli scrittori
(alcuni scrittori) hanno il coraggio di togliere il velo all’immagine che la
Cina vuole dare di sé e sono capaci di tessere un romanzo intorno alla realtà.
la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.net
per contattarmi: picconem@yahoo.com
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