Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
seconda guerra mondiale
FRESCO DI LETTURA
Richard Bausch, “La
pace”
Ed. Playground, trad. M. Adani, pagg.
187, Euro 13,60
Era successo tutto in una sola notte. Una
notte che conteneva la vita e la morte, l’uccidere e il venire uccisi, il
coraggio e la paura, il passato dei ricordi e il presente di guerra e il futuro
dell’incertezza: si potrà mai essere di nuovo se stessi dopo quello che è
successo, quello che si è fatto, quello che si è visto fare?
E’ il 1944. Un manipolo di soldati americani sta avanzando sulle
montagne nei pressi di Cassino. Piove, piove. Ma l’Italia non è il paese del
sole? Avanza un carretto con due ragazzi, forse zingari. Dal carretto, però,
balza fuori un soldato tedesco. Una puttana che parla tedesco con lui. Vengono
entrambi uccisi. E’ il caporale Marson ad uccidere il tedesco, i suoi capelli
rossi e gli occhi spalancati nel vuoto gli riappariranno ad intervalli, con
l’agghiacciante consapevolezza di aver ucciso un uomo, non un nemico incognito
come era già successo, ma uno che aveva visto in faccia. Era quasi come se lo
conoscesse. Ed era stato Glick ad uccidere la donna. Semplicemente perché era
con il soldato tedesco, perché questi aveva sparato a due di loro, perché
l’amica del nemico è il mio nemico. E tuttavia l’etica di guerra non è questa.
Non per Marson, non per Saul Asch, ebreo preso di mira da Joyner, antisemita
più o meno consapevole. Eppure nessuno di loro denuncia quello che è un
omicidio. Perché il punto è questo. I valori devono essere difesi, non si può
lasciar correre pensando- che cosa è la morte di una puttana nella carneficina
della guerra?
E, dopo, Marson, Asch e Joyner vengono
mandati in ricognizione su quella che sembra una collina. Li guida un vecchio
italiano che è stato fermato mentre conduceva il suo carretto (un altro-
destino?). Nega di essere un fascista, ma è affidabile? Tutto fa presagire che
la notte finirà in tragedia per il cattolico Marson, l’ebreo non praticante
Asch e l’irridente ateo Joyner. Il buio, la pioggia incessante che si trasforma
in neve e attutisce i rumori, il fango, il freddo, la vescica scoppiata sul
calcagno di Marson, il torturante prurito sul braccio di Joyner, l’affermazione
sovente ripetuta da Asch- è loro dovere denunciare l’omicidio della donna- e la
sua convinzione che saranno puniti per quello a cui hanno assistito senza
reagire, che stanno già espiando, e poi lo sparo e il tedesco morto e le
raffiche ripetute che parlano di esecuzioni (‘gli ebrei’, dice il vecchio). E
dopo tocca a loro.
Il padre di Richard Bausch ha combattuto in Italia durante la seconda
guerra mondiale- lo scrittore sa di che cosa sta parlando. I nonni di Marson
emigrarono dalla Germania e il nonno di Asch, pure tedesco, combatté per il
Kaiser durante le prima guerra mondiale. Anche se i protagonisti sanno a chi
vada la loro lealtà, non possono non essere confusi. Soprattutto quando si
scende al livello umano da quello militare. Questo è il grande quesito del
romanzo, ed è lo stesso che ritorna in tutti i migliori libri di guerra, - come
si mantiene la propria umanità quando il mondo intorno a noi non ha più nulla di
umano, come ci si sottrae alla deriva. E, in uno stile asciutto e limpido,
Richard Bausch ci fa riflettere su come la guerra non sia tanto l’eterna lotta
tra Bene e Male al di fuori di noi ma dentro noi stessi, anzi a come tutto
incominci da lì, a come, se impediamo al Male dentro di noi di avere il
sopravvento, riporteremo una piccola vittoria, parte di un tutto, per
l’umanità. E allora anche la pace è, per prima cosa, quella della nostra anima.
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