Voci da mondi diversi. Asia
racconti
FRESCO DI LETTURA
Viet Thanh Nguyen, “I
rifugiati”
Ed. Neri Pozza, trad. Luca
Briasco, pagg. 215, Euro 16,50
Anche il protagonista de “Il simpatizzante”, l’acclamato primo romanzo
dello scrittore vietnamita Viet Thanh Nguyen, era un rifugiato. Lo scrittore
stesso lo è stato. Ed è questa condizione- essere degli scampati, dei
sopravvissuti, degli asiatici in terra straniera- il filo rosso che unisce le
storie de “I rifugiati” di Viet Thnh Nguyen. Non c’è il personaggio unico e
centrale di cui amo seguire le vicende in un romanzo, ma è come se ci fosse un
legame di fratellanza, un passato comune alle spalle degli uomini, delle donne,
dei ragazzi che vivono nelle pagine de “I rifugiati” e il lettore passa da una
storia all’altra come se questa fosse un seguito o un ampliamento della prima.
C’è un motivo per cui il primo racconto,
“Donne dagli occhi neri”, è messo in apertura del libro. Perché ha dei
personaggi straordinari, oltre alla giovane vietnamita che scrive, in vece
loro, le memorie dei sopravvissuti e a sua madre- i fantasmi. Se in questo caso
è il fantasma del fratello che appare, morto durante la fuga in barca, nelle
altre storie forse i fantasmi non si fanno vedere ma ci sono. Fantasmi di chi
non è riuscito a mettersi in salvo all’arrivo dei comunisti a Saigon (nessuno
riesce a chiamarla con il nuovo nome Ho Chi Min City), fantasmi di chi è
scomparso triturato dalla guerra, di chi se n’è andato ancora prima che la
guerra finisse. Il professore di “Se solo mi volessi”, ultrasettantenne con un
inizio di Alzheimer, chiama la moglie con un altro nome: chi sarà mai il
fantasma della donna che ha un nome che non è il suo e a cui il marito porta
una rosa in regalo? E, insieme ai fantasmi, c’è il senso di colpa ad unire i
personaggi, le domande che sono proprie di chi ce l’ha fatta- perché io sì e
loro no? sono colpevole della mia vita e della loro morte? E’ il senso di colpa
che, dopo aver sentito le tragedie della vita della signora Hoa (“Anni di
guerra”), la donna che ha aperto un piccolo negozio nella Little Saigon a Los
Angeles cede e le dà dei soldi a sostegno della lotta contro il comunismo. E’
sempre un senso di colpa generalizzato che spinge la ragazza de “Gli americani”
(figlia di un pilota nero che ha bombardato il Vietnam) a sentirsi vietnamita e
a scegliere di lavorare in Vietnam.
E poi, c’è qualcos’altro ancora
che accomuna i personaggi de “I rifugiati”. E’ lo spaesamento, la scollatura
che sentono tra il ‘laggiù’ e il ‘qui’, la sensazione di non vivere al loro
posto, di essere come l’uomo de “Il trapianto” che deve la sua sopravvivenza al
fegato di uno sconosciuto. Quando il giovane Liem arriva a Los Angeles grazie
ad uno sponsor che si prenderà cura di lui, è frastornato da una lingua che ha
una pronuncia diversa da quella a cui è abituato, da uno stile di vita che mai
sarebbe riuscito ad immaginare. Non capisce che l’uomo che è venuto ad
aspettarlo e quello più giovane che sta con lui sono una coppia. Pensa che ‘nel
senso romantico del termine’ sia un’espressione idiomatica. Quando, più tardi,
l’uomo più giovane gli fa delle avances e gli spiega che cosa significhi
‘candid’, lo stile ‘candid camera’, Liem dice, ‘mi piacerebbe essere candido’.
E noi leggiamo un gioco di parole, un riferimento al Candide di Voltaire a cui
Liem assomiglia. Il padre gli scrive ‘comportati bene’ e ‘mandaci tue notizie
dall’America. Dev’essere più peccaminosa di Saigon’.
L’ultimo racconto, “La terra del padre”, è
ambientato a Saigon. Un padre aveva chiamato i suoi secondi figli esattamente
come i primi che avevano lasciato il paese con la madre, quando lui era stato
mandato al confino dopo la guerra. I secondi figli avevano vissuto invidiando i
fratelli omonimi, immaginandoli ricchi dalle lettere annuali che arrivavano. E
un giorno la Phuong americana era venuta in visita. Era arrivata carica di
regali, pagava lei per tutti, poteva permetterselo, era un medico. Quando la
Phuong minore scopre che l’ammirata sorellastra ha mentito su tutto, la
delusione è enorme: che cosa si nasconde dietro il mito americano?
per contattarmi: picconem@yahoo.com
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