Voci da mondi diversi. Penisola iberica
la Storia nel romanzo
Il Festival della Letteratura di
Mantova si è svolto all’insegna del linguaggio quest’anno- lingue delle
minoranze, lingue che corrono il pericolo di scomparire, lingue perseguitate in
certi periodi storici. Una serie quotidiana di eventi era dedicata ad un
‘vocabolario europeo’, in cui ogni scrittore ‘regalava’ una parola della sua
lingua. In questo contesto il romanzo di Bernardo Atxaga (pseudonimo di Joseba
Irazu, scrittore nato nel 1951
a Asteasu, Guipuzcoa) acquista un valore particolare-
basta pensare al dettaglio delle parole della lingua basca che il protagonista
seppellisce per gioco insieme alle sue bambine. Abbiamo parlato con lui del suo
romanzo e dei Paesi Baschi.
Iniziamo da un personaggio ‘non umano’ che ho trovato intrigante: la
farfalla. Di che cosa è il simbolo la farfalla e i cento modi di dire farfalla?
Penso che in un libro di finzione
narrativa tutti gli elementi debbano essere sfruttati, debbano ‘lavorare’
molto. E la farfalla non può essere solo simbolo dello spirito. Ad esempio,
quando una farfalla esce volando da una tomba, è un simbolo di resurrezione. E
nel libro è questo, però le farfalle rappresentano anche i personaggi. In un
capitolo ad ogni persona corrisponde una classe di farfalle- questo è valido
anche per i falsi entomologi per cui la farfalla è la scusa per essere sul
posto. Per me personalmente la farfalla è un elemento della mia personalità:
nel centinaio di poesie che ho scritto, in una trentina appare la farfalla.
Nella lingua spagnola la parola farfalla, mariposa,
viene da una canzone alla Vergine Maria, dalle parole che dicono, ‘Maria, fermati, posati’- c’è un’associazione tra la farfalla bianca e Maria. In
basco è notevole che ci siano quasi 100 modi di dire ‘farfalla’- il più raro è pinpilìnpausa, una parola che imita non
un suono ma il movimento: è una rarità linguistica.
Il libro è pervaso dalla nostalgia per un mondo che scompare: il
‘vecchio paese’, ‘la vecchia lingua’…teme l’assimilazione da parte della Spagna
e della cultura spagnola? C’è stato un tentativo di genocidio culturale da
parte della Spagna franchista?
Credo che il tono del libro sia elegiaco
più che nostalgico, perché inizia dalla fine della vita. Mi piace il tono
elegiaco, mi piace lo sguardo sulla vita dalla fine, c’è molta verità nello
sguardo finale come nello sguardo dei vecchi. I vecchi sanno quello che è
importante nella vita, hanno esperienza. Mi piacciono gli sguardi finali, sono
più esatti. Il rapporto dei Paesi Baschi con la Spagna della dittatura fu
molto duro, ma non sarebbe giusto dire che la dittatura fu contro i baschi. Non fu una lotta tra Spagna e baschi, non fu una
repressione di una dittatura fascista sui diversi. Era contro la cultura basca,
questo sì. Non posso e non voglio dimenticare che era proibito parlare in basco
in pubblico e anche a scuola, naturalmente. Era una situazione incredibile a
pensarci ora. E tuttavia c’erano molti baschi nel governo franchista.
Di quali significati aggiunti, di quali dramma aggiunti, si è caricata
la guerra civile nei paesi baschi?
Durò più a lungo nei paesi baschi. E’
apparsa ora una tomba collettiva di 1000 persone fucilate in Andalusia, in
Navarra 3000 persone furono fucilate nel primo mese di guerra: ora viene fuori
la verità. Nei paesi baschi fino al 1958 non si poteva pubblicare un libro in
basco: il dopo-guerra durava ancora. Prendiamo il caso di Guernica- il primo
bombardamento su civili nel corso della guerra. Fino a quasi il 1970 non si
poteva scrivere che il bombardamento era stato opera dei nazi-fascisti: l’ombra
durò di più sui paesi baschi. Perché la guerra civile fu brutale in Andalusia,
in Navarra, e non sarebbe giusto dire che fu più tremenda nei paesi baschi.
Quello che fu brutto è che non ci poteva essere un’università nei paesi baschi,
oltre a quella privata. E’ paradossale che io mi sia laureato all’università di
Bilbao e che, però, sui documenti, risulti laureato a Valladolid.
Dopo la farfalla, un altro personaggio centrale e non umano: il
nascondiglio. Mi è parso che il nascondiglio abbia un significato arcano, al di
là del luogo in cui si sfugge al nemico…
Il nascondiglio esiste veramente: nella
mia casa c’era un nascondiglio così che risaliva al secolo XIX. Dava l’idea di
un paese in guerra. L’ho utilizzato perché mi serviva un posto per nascondere
il cappello e tirare fuori la storia dell’americano. E’ un simbolo della storia
dei paesi baschi: in passato serviva per nascondere i ragazzi che si
sottraevano alla leva forzata durante le guerre carliste; nella guerra civile serviva
per nascondere quelli che erano perseguitati; nella mia generazione per
nascondere i sequestrati…rappresenta la storia politica e violenta dei paesi
baschi.
Ora una domanda su cui Lei- o meglio, il personaggio-scrittore-
ironizza nel romanzo: c’è Lei dietro Joseba, c’è qualcosa di lei in entrambi i
due personaggi?
Ci sono tante persone dietro tutti i
personaggi di questo romanzo: quelli che hanno studiato con me a scuola e poi i
miei compagni di università. Ma anche i miei fratelli e la mia famiglia: io
sono dietro tutto quello che accade nel romanzo. Non si può arrivare alla
verità poetica se non si ha un’esperienza diretta. Io prendo dettagli dalla mia
esperienza, penso a mio fratello, al mio editor basco…quello che racconto è
tutto esatto, non c’è retorica.
Senza svelare nomi: perché denuncia l’impresa, il ‘traditore’? perché
non approva i metodi terroristici? Perché non crede nelle finalità?
Il finale del libro, la questione del
traditore, è stata occasione di una forte polemica in Spagna. Ma la mia
spiegazione del tradimento viene dalla mia esperienza: tradisce per motivi
molto realistici, si rende conto che ci sarà presto un’amnistia e che ne
godranno quelli che sono in carcere in quel momento. E pensa che, se invece
finisce in prigione dopo, ci resterà per almeno vent’anni. Quello del traditore
fu un calcolo reale e che ha funzionato. Mio fratello era stato arrestato un
anno prima e ne uscì proprio con l’amnistia. Mentre il personaggio che mi ha
ispirato il capo entomologo è appena uscito dal carcere uno o due anni fa.
Certo che il tradimento ha suscitato una tale reazione nei paesi baschi- perché
non c’era nessuna ideologia dietro. Eppure fu una decisione non certo bella ma
comprensibile.
intervista e recensione sono state pubblicate su www.stradanove.net
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