martedì 3 ottobre 2017

Kurt Vonnegut, “Mattatoio n. 5” ed. 2003

                                     Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
          seconda guerra mondiale
           il libro ritrovato

Kurt Vonnegut, “Mattatoio n. 5”
 Ed. Feltrinelli, pagg. 196, Euro 14,00

     I grandi libri non sono mai datati e, se diciamo che “Mattatoio n. 5” di Kurt Vonnegut, appena ristampato dalla Feltrinelli nella traduzione di Luigi Brioschi, è del 1969, è proprio per evidenziare che il libro di Vonnegut era ed è uno dei migliori romanzi sulla guerra, un grido di protesta contro tutte le guerre. Si chiama Billy Pilgrim, il protagonista di “Mattatoio n. 5”, uno degli alter ego dello scrittore che nel libro appare anche in prima persona e come Kilgore Trout, il romanziere di fantascienza ammirato da Billy. Billy come Billy Budd, l’eroe innocente di Melville, Pilgrim perché l’americano ventenne Billy è come il personaggio del “Pilgrim’s Progress” di Bunyan, in viaggio dalla Città della Perdizione alla Città Celeste- ma Billy potrebbe anche non arrivarci mai. Arrivato in Europa per sconfiggere il nazismo, Billy Pilgrim si trova ad affrontare una realtà che niente lo ha preparato a capire; lui e i suoi commilitoni sono come i bambini arruolati per la Crociata del 1213 che credevano di andare a liberare il Santo Sepolcro e invece sarebbero stati venduti come schiavi.
Vonnegut all'epoca della seconda guerra mondiale
La Storia si ripete, l’esperienza degli altri non serve a nessuno, anche il figlio di Billy sarà convinto di salvare il mondo insieme ai Berretti Verdi: “così va la vita”- come ripete Billy di continuo, dopo aver registrato con il distacco di chi è sotto shock quanto accade intorno a lui, la morte di un comandante o di un compagno, la montagna di cappotti irrigiditi dal gelo che vengono distribuiti dai tedeschi ai prigionieri americani, le saponette fatte con i corpi degli ebrei uccisi. Così va la vita, è anche l’osservazione di Billy davanti alle rovine di Dresda - l’esperienza che Billy non riuscirà mai a dimenticare. Quando Billy, preso prigioniero nelle Ardenne, era arrivato a Dresda, gli era parsa la più bella città che avesse mai visto, con il suo profilo “intricato, voluttuoso, incantato e assurdo”. Nessuno si aspettava il bombardamento massiccio del 13 febbraio 1945, perché Dresda era stata dichiarata “città aperta”. E la prosa asciutta di Vonnegut, il Billy Pilgrim scampato alla distruzione perché rifugiato nel deposito del mattatoio n. 5 in cui erano alloggiati i prigionieri americani, diventa una poesia della disperazione e dello sbigottimento davanti alla scena apocalittica del “day after”: “Il cielo era nero di fumo. Il sole era una capocchia di spillo. Dresda era come la luna, nient’altro che minerali. I sassi scottavano. Nei dintorni c’erano tutti morti. Così va la vita”, le ultime parole come un Amen in un Requiem sui defunti.
Quando torna in America Billy si sposa, diventa un ottico (fornire la gente di occhiali è una maniera per aiutarli a “vedere” meglio?) e incomincia a viaggiare nel tempo, spostandosi tra il passato il cui orrore continua a perseguitarlo gelidamente e il presente, un incidente aereo, la morte della moglie, l’ospedale con un vicino di letto guerrafondaio, la lettura del romanzo di Trout che prevede l’uso del napalm sugli esseri umani e- soprattutto- l’avventura di venire rapito da un disco volante del pianeta di Tralfamadore. Sono molto saggi gli abitanti di Tralfamadore, ci ricordano un poco il popolo degli Houyhnhnms, i cavalli parlanti dei “Viaggi di Gulliver”. E’ da loro che Billy impara che siamo tutti come insetti incastonati nell’ambra di questo momento e che si muore solo in apparenza perché si continua a vivere nel passato e passato, presente e futuro sono sempre esistiti e sempre esisteranno.
Forse questo è il pensiero migliore per esorcizzare tutte quelle morti insensate che Billy ha visto, per fissare per sempre la memoria della vittima assurda per eccellenza dell’omicidio idealizzato che è la guerra: il povero Edgar Derby che fu fucilato da un plotone di esecuzione a Dresda (135.000 i civili morti nel bombardamento) perché aveva rubato una teiera tra le macerie. Un libro triste ed amaro, un commento beffardo alla pretesa eticità della politica.

la recensione è stata pubblicata sulla rivista Stilos





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