domenica 29 marzo 2015

Pearl S. Buck, “Questo indomito cuore” ed. 2015

                                        Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
                                                                       premio Nobel
     FRESCO DI LETTURA


Pearl S. Buck, “Questo indomito cuore”
Ed. Sonzogno, trad. Laura Lepetit, pagg. 327, Euro 16,00
Titolo originale: This Proud Heart


   “Intendo avere tutto, dalla vita” disse Susan. “Non posso limitarmi, e in certo senso mutilarmi, come fai tu. Ho voluto avere dei figli. Vivere la vita generando vita, non passivamente accettandola come la pioggia…La vita è un pozzo profondo, da cui sgorga l’acqua…Tu non capisci…Povero Michael!”

      Di Pearl S. Buck, premio Nobel 1938, ricordavamo soprattutto “La buona terra”, che le valse il Pulitzer nel 1931, e gli altri romanzi di ambientazione cinese, frutto della sua esperienza di vita in Cina per oltre quarant’anni. “Questo indomito cuore”, terzo titolo della casa editrice Sonzogno nella nuova collana bittersweet diretta da Irene Bignardi che prevede romanzi ‘rosa’ intelligenti e classici, ci sorprende perché inaspettato e ci cattura immediatamente con una protagonista femminile che non conosce età e in cui possiamo rispecchiarci.
    Quello che affascina, nel corso della lettura, è che Susan Gaylord non è una donna, ma molte donne. E’ capace di cambiare, di spostare le mete dei suoi desideri e delle sue ambizioni. Quando la conosciamo, all’inizio del romanzo, Susan è giovanissima, vive con i genitori e la sorella in una piccola città americana. Sono i primi anni ‘30 del ‘900, il femminismo è ancora di là da venire anche se la prima guerra mondiale ha già portato dei cambiamenti nello stile di vita delle donne. Il primo obiettivo di una ragazza, però, continua ad essere il matrimonio. Quello di un uomo è di avere un buon lavoro che gli permetta di mantenere la famiglia- un uomo che si rispetti non lascia andare la moglie a lavorare, il posto della donna è a casa, a pulire, a cucinare, a badare ai figli. Aspettando il rientro serale del marito.
Susan si adegua. Sposa il ragazzo che conosce da quando erano bambini, la vediamo indaffarata nelle faccende domestiche in una routine giornaliera che la soddisfa solo perché lei vuole essere soddisfatta, perché ricaccia indietro il pensiero che, tutto sommato, suo marito ha ragione- lei vale più di lui, a lei riesce tutto bene-, perché soffoca il lieve fastidio che l’umiltà di lui le provoca. Nascono due bambini. Poi rispunta in lei una necessità interiore di altra creatività- perché è vero che Susan è straordinariamente dotata, le sue mani modellano la creta creando figure quasi a sua insaputa, diventerà una scultrice nel corso degli anni, passando dalla creta al marmo, dalle statue di piccola misura a quelle imponenti. In Susan nasce una nuova consapevolezza: lei vuole tutto. Perché mai non dovrebbe essere possibile? Susan non vuole rinunciare al marito e alla famiglia. Ne ha bisogno, sono parte di lei, sarebbe impoverita senza di loro. E se questo vuol dire rinunciare a ‘crescere’ come artista, lei è disposta a pagare il prezzo.
     Se questa è la Susan numero uno, la Susan numero due ne prende il posto, dopo un periodo di transizione che segue la morte del marito, quando Susan ‘prende il volo’, lascia l’America con figli e governante e diventa la single indipendente dedita al lavoro che anticipa la donna moderna.
E’ una fase che dura poco, perché Susan si innamora. Si innamora sul serio, head over heels si direbbe in inglese, perde la testa per un altro artista, Blake. E lo sposa. Un verso di Byron dice che per un uomo l’amore è parte della vita, per una donna è tutto. Il rapporto con il primo marito era tiepido, lasciava spazio per altro nella vita di Susan. L’amore per Blake la travolge, la sazia, la annulla, le fa dimenticare quel ‘tutto’ che diceva di volere dalla vita. Susan non tocca più lo scalpello. Ci sarà un brusco risveglio, quando Susan capisce che la donna innamorata di Blake non è lei, è stata plasmata da Blake proprio come una sua statua. Ed ecco la Susan numero tre, che prende le distanze dall’amore soffocante- distanze anche nello spazio, affittando un locale per sé in cui lavorare, la stanza tutta per sé di Virginia Woolf-, che diventa una grande artista mettendo a nudo la pochezza di Blake che non ammette rivali.

    Ci tocca nel profondo, il personaggio femminile di Pearl Buck, così moderno, così anticipatore dei tempi a venire. Perché alla fine Susan ha avuto tutto, sì, nella vita, ma non tutto insieme. La necessità del compromesso è qualcosa che tutte le donne si trovano a dover affrontare. 

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it



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