martedì 10 marzo 2015

Andy Oakes, “Le mille luci di Shanghai” ed. 2007

                                  Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
                                                             cento sfumature di giallo
                                                             il libro ritrovato     


Andy Oakes, “Le mille luci di Shanghai”
Ed. Fanucci, trad. Matteo Diari, pagg. 504, Euro 18,50


   “Cosa sono otto corpi per una città che ne ha tredici milioni?”, chiede amaramente l’ispettore capo Sun Piao dopo che sono stati ritrovati otto cadaveri nel fiume Huangpu a Shanghai. La città più popolosa della Cina, la “perla d’Oriente”, la “Parigi dell’Est” di nuovo rutilante di luci. Oppure “la puttana dell’Asia”? Non sono le luci che ricordiamo, della Shanghai in cui è ambientato questo ottimo primo romanzo dell’inglese Andy Oakes, ma la cupezza, il nero- nera una trama di traffici di organi aggiunta al contrabbando di reperti archeologici, nere le implicazioni di incredibile corruzione e crudeltà negli alti organi del Partito, nero il fango in cui gli otto cadaveri vengono ritrovati incatenati uno con l’altro, nere carbonizzate altre due vittime ridotte al silenzio. E ancora nero il colore delle striscianti limousine che nessun cinese medio potrebbe permettersi, della Shanghai Sedan che investe lo studente universitario che ha qualcosa da dire a Piao e che appare e scompare sulle orme di Piao, nera pure la Bandiera Rossa- non semplicemente un’auto, ma un sogno fatto di nero e di cromo- su cui era salita la bella moglie di Sun Piao che gli aveva preferito un vecchio e ricco ministro.

     Il primo capitolo di “Le mille luci di Shanghai” è semplicemente straordinario per come introduce gli elementi della vicenda e i personaggi, e per come è scritto. Ci sono otto morti, dunque, volutamente resi irriconoscibili, ma quello che più insospettisce è che, appena arrivati sulla scena, il vecchio medico legale Wu, nonché il presidente del dipartimento urbano e un capo del Comitato locale del Partito, si defilano, non vogliono avere niente a che fare con il caso e consigliano a Sun Piao di lasciar perdere. Che cosa hanno visto? O che cosa hanno capito? O chi hanno riconosciuto? Più tardi, quando i morti saranno quasi raddoppiati, quando Piao avrà assistito a scene orrende, quando una luce sinistra illuminerà quanto è avvenuto, qualcuno dirà al capo ispettore che è l’ultimo ingenuo rimasto, perché tutti sanno “quanto sia marcio il sistema a partire dal vertice della piramide”.
Andy Oakes segue la tradizione e sono due gli ispettori di polizia del DPS di Shanghai, Sun Piao e Yaobang, soprannominato il Grand’Uomo, forse perché è molto grasso e non è affatto “grande”, un po’ ottuso, ma è leale a Piao e il suo ruolo è proprio quello di far grandeggiare il suo capo. Che è un personaggio vivo, complesso, interessante. Piao è un’anomalia, è un cinese con gli occhi azzurri, suo padre era un americano- di lui Piao non pensa che ha “fatto l’amore” con sua madre, ma che se l’è “scopata”. Ed è questo essere un cinese a metà che fa sì che da una parte si senta affascinato verso la bionda americana (madre di uno degli otto morti) e dall’altra sia tuttora innamorato della moglie cinese che lo ha abbandonato. Al quartier generale lo chiamano “sfortuna” perché tutti quelli che gli sono vicino muoiono; l’americana pensa a lui come ad “un uomo per tutte le stagioni”; lui si vede come un detective cowboy su un cavallo bianco, uno dei buoni dei film western.

    La scrittura di Andy Oakes inchioda il lettore: fulminante, sincopata, brusca come di chi è senza fiato per l’orrore nel primo capitolo, mantiene poi tutte queste qualità aggiungendovi variazioni di tono, inserendo brevissimi monologhi interiori, sfruttando un personale “oggettivo correlativo” estremamente efficace- quando si parla di Pingfang, il nome del luogo viene sostituito dalle parole “terra di lacrime silenziose. Terra di pianti sommessi”, e non c’è bisogno di dire altro (ha ragione Piao, nell’accusa all’Occidente di voler monopolizzare anche il mercato delle sofferenze umane: chi sapeva di Pingfang, la località segreta di ricerca dei giapponesi, di esperimenti fatti sugli uomini, durante l’ultima guerra?).
    Sun Piao dice che gli scolari della nuova Cina non sanno neppure chi è Mao. E quindi non sanno neppure di tutti i morti della Rivoluzione Culturale. Questa è la Cina del nuovo millennio, tesa allo spasimo in un nuovo Grande Salto in avanti, in cui contano sempre i numeri, i primati da raggiungere. Quelli dei morti non contano. Un finale molto amaro che sa di sconfitta (e gli va ancora bene) per Sun Piao, diventato indagato da indagatore.

la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net


                                                                                                         

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