Voci da mondi diversi. Asia
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Anita Nair, “La ferocia del cuore”
Ed.
Guanda, trad. Francesca Diano, pagg. 384, Euro 18,00
Titolo
originale: Cut Like Wound
Anche il sergente Gajendra vi aveva fatto
cenno. Solo che lui lo chiamava “il Super Senso Sakaath di Gowda”. “Lei e io,
signore, abbiamo solo cinque sensi. Vediamo, odoriamo, tocchiamo, sentiamo,
assaporiamo. Ma lui ha un senso king-size, che lo fa pensare diversamente.
Quando il Super Senso Sakaath è
all’opera, glielo si legge in faccia. Gli occhi diventano due pugnali, la
mascella di granito…ha visto le pendici dei monti Kudremukh? Ecco, in quei
momenti è così. E nella sua testa si può sentire il ticchettio di un orologio.”
Bangalore, India. E’ sera. Un uomo si sta
preparando per uscire. Un uomo che si veste da donna davanti ad uno specchio
circondato da lampadine accese. Si trucca- fondotinta, kohl per far risaltare
gli occhi, mascara, rossetto. Sceglie accuratamente che cosa indossare-
biancheria intima, sari, corpetto che lascia scoperto l’ombelico con il
piercing (un topazio luminoso). C’è una lentezza sensuale nella descrizione di
questa scena, un certo autocompiacimento nell’abbigliarsi e rimirarsi che
sottolineano come questo non sia un rito abitudinario. O meglio, come lo sia ma
non sia però destinato agli occhi di tutti. E’ quasi un regalo che l’uomo fa a
se stesso e, con il nuovo aspetto femminile, si dà anche un altro nome: adesso
è Bhuvana.
Con questo insolito personaggio ha inizio
il romanzo “La ferocia del cuore” di Anita Nair e ha inizio pure un genere nuovo per la
scrittrice indiana, nota al pubblico femminile per il libro “Cuccette per
signora” ma anche ad un numero più ampio di lettori con “Un uomo migliore”,
“Padrona e amante”, “La mia magica India”. Perché la capacità di cambiare generi,
di non ripetere le stesse storie, di affrontare il nuovo e il diverso, è quello
che caratterizza i veri scrittori. Anita Nair inaugura il suo filone noir
inoltrandosi in un ambiente ‘scabroso’- quello dei transgender e degli eunuchi
che sono una presenza notevole in India, accettati con una certa naturalezza ma
confinati ai margini della società, relegati a vivere insieme in ‘case Madri’
perché per lo più rifiutati dalle loro famiglie.
Il
personaggio del travestito (con tutta la sua problematica personale che si
svela a poco a poco, senza che il lettore riesca a indovinare ‘chi’ si celi
dietro le moine e gli abiti femminili) è naturalmente al centro della trama di
indagine poliziesca, perché è presto chiaro che è lui (o lei) a commettere la
serie di delitti tutti eseguiti con la medesima modalità. Tuttavia il vero protagonista
del romanzo è- come è logico aspettarsi- l’ispettore Borei Gowda. Vicino ai
cinquant’anni, non perfettamente in forma fisicamente (tende a bere), con una
moglie medico che ha deciso di trasferirsi nella cittadina dove il loro unico
figlio frequenta l’università, Gowda è un mito tra i colleghi. Perché ha un
fiuto speciale. Ha un intuito che lo porta a cogliere indizi dove altri non
vedono nulla. Anche perché la polizia indiana è ben lontana da assomigliare a
quella dei telefilm americani, è del tutto priva della strumentazione e delle
tecniche che i telespettatori (e i criminali) hanno avuto modo di vedere e
imparare nella serie CSI. Le indagini della polizia indiana fanno pensare piuttosto
a quelle di cui abbiamo letto nei primi romanzi ‘gialli’ inglesi, quelli che
hanno fatto scuola. E Gowda, che ci
piace per il suo sprezzo per le convenzioni e per la sua mancanza di
servilismo, un poco distratto dal riapparire di una vecchia fiamma dei tempi
dell’università, preoccupato per il figlio che sorprende in compagnia di un
africano del circolo degli spacciatori, riesce a bloccare il serial killer. Il
lettore si aspetti, però, delle sorprese nel finale. Si aspetti anche un gusto
di amaro in bocca. E trepidazione per la sorte di un altro personaggio che ha
imparato ad amare tanto quanto Gowda- il giovane doppio di Gowda che sembra un
ideale figlio adottivo dell’ispettore, tanta è l’ammirazione che prova per lui.
Durante il festival della letteratura di
Mantova Anita Nair ci ha detto che ha intenzione di scrivere una serie con
l’ispettore Borei Gowda come protagonista: possiamo chiudere il libro con la
quasi certezza che nel prossimo romanzo troveremo le risposte alle domande in
sospeso. E con la riflessione che, qualunque sia il genere di romanzo che
scrive, un vero scrittore non ci delude.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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