giovedì 26 marzo 2015

Anita Nair, “La ferocia del cuore” ed. 2012

                                                              Voci da mondi diversi. Asia
                                                              cento sfumature di giallo
       il libro ritrovato

Anita Nair, “La ferocia del cuore”
Ed. Guanda, trad. Francesca Diano, pagg. 384, Euro 18,00
Titolo originale: Cut Like Wound


      Anche il sergente Gajendra vi aveva fatto cenno. Solo che lui lo chiamava “il Super Senso Sakaath di Gowda”. “Lei e io, signore, abbiamo solo cinque sensi. Vediamo, odoriamo, tocchiamo, sentiamo, assaporiamo. Ma lui ha un senso king-size, che lo fa pensare diversamente. Quando il Super Senso Sakaath è all’opera, glielo si legge in faccia. Gli occhi diventano due pugnali, la mascella di granito…ha visto le pendici dei monti Kudremukh? Ecco, in quei momenti è così. E nella sua testa si può sentire il ticchettio di un orologio.”


      Bangalore, India. E’ sera. Un uomo si sta preparando per uscire. Un uomo che si veste da donna davanti ad uno specchio circondato da lampadine accese. Si trucca- fondotinta, kohl per far risaltare gli occhi, mascara, rossetto. Sceglie accuratamente che cosa indossare- biancheria intima, sari, corpetto che lascia scoperto l’ombelico con il piercing (un topazio luminoso). C’è una lentezza sensuale nella descrizione di questa scena, un certo autocompiacimento nell’abbigliarsi e rimirarsi che sottolineano come questo non sia un rito abitudinario. O meglio, come lo sia ma non sia però destinato agli occhi di tutti. E’ quasi un regalo che l’uomo fa a se stesso e, con il nuovo aspetto femminile, si dà anche un altro nome: adesso è Bhuvana.
     Con questo insolito personaggio ha inizio il romanzo “La ferocia del cuore” di Anita Nair  e ha inizio pure un genere nuovo per la scrittrice indiana, nota al pubblico femminile per il libro “Cuccette per signora” ma anche ad un numero più ampio di lettori con “Un uomo migliore”, “Padrona e amante”, “La mia magica India”. Perché la capacità di cambiare generi, di non ripetere le stesse storie, di affrontare il nuovo e il diverso, è quello che caratterizza i veri scrittori. Anita Nair inaugura il suo filone noir inoltrandosi in un ambiente ‘scabroso’- quello dei transgender e degli eunuchi che sono una presenza notevole in India, accettati con una certa naturalezza ma confinati ai margini della società, relegati a vivere insieme in ‘case Madri’ perché per lo più rifiutati dalle loro famiglie.

Il personaggio del travestito (con tutta la sua problematica personale che si svela a poco a poco, senza che il lettore riesca a indovinare ‘chi’ si celi dietro le moine e gli abiti femminili) è naturalmente al centro della trama di indagine poliziesca, perché è presto chiaro che è lui (o lei) a commettere la serie di delitti tutti eseguiti con la medesima modalità. Tuttavia il vero protagonista del romanzo è- come è logico aspettarsi- l’ispettore Borei Gowda. Vicino ai cinquant’anni, non perfettamente in forma fisicamente (tende a bere), con una moglie medico che ha deciso di trasferirsi nella cittadina dove il loro unico figlio frequenta l’università, Gowda è un mito tra i colleghi. Perché ha un fiuto speciale. Ha un intuito che lo porta a cogliere indizi dove altri non vedono nulla. Anche perché la polizia indiana è ben lontana da assomigliare a quella dei telefilm americani, è del tutto priva della strumentazione e delle tecniche che i telespettatori (e i criminali) hanno avuto modo di vedere e imparare nella serie CSI. Le indagini della polizia indiana fanno pensare piuttosto a quelle di cui abbiamo letto nei primi romanzi ‘gialli’ inglesi, quelli che hanno fatto scuola.  E Gowda, che ci piace per il suo sprezzo per le convenzioni e per la sua mancanza di servilismo, un poco distratto dal riapparire di una vecchia fiamma dei tempi dell’università, preoccupato per il figlio che sorprende in compagnia di un africano del circolo degli spacciatori, riesce a bloccare il serial killer. Il lettore si aspetti, però, delle sorprese nel finale. Si aspetti anche un gusto di amaro in bocca. E trepidazione per la sorte di un altro personaggio che ha imparato ad amare tanto quanto Gowda- il giovane doppio di Gowda che sembra un ideale figlio adottivo dell’ispettore, tanta è l’ammirazione che prova per lui.


     Durante il festival della letteratura di Mantova Anita Nair ci ha detto che ha intenzione di scrivere una serie con l’ispettore Borei Gowda come protagonista: possiamo chiudere il libro con la quasi certezza che nel prossimo romanzo troveremo le risposte alle domande in sospeso. E con la riflessione che, qualunque sia il genere di romanzo che scrive, un vero scrittore non ci delude.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it



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