Voci da mondi diversi. Penisola iberica
FRESCO DI LETTURA
João Ricardo Pedro, “Il tuo volto sarà l’ultimo”
Ed. Nutrimenti, trad. Giorgio De
Marchis, pagg. 224, Euro 16,00
Titolo originale: O Teu Rosto Será o Último
“Tuo padre fu uno degli ultimi a uscire.
Non c’era quasi nessuno sul molo. Sembrava smarrito, come se fosse appena
arrivato in una terra che non conosceva. Una terra dove non lo aspettava
nessuno. Camminava accanto a un commilitone che lo teneva per un braccio, come
se gli indicasse la strada. Per un attimo, temetti che fosse tornato cieco.
“Cominciammo a correre, verso di lui. lo presi per il collo. Lo baciai.
Lo guardai negli occhi. Lo baciai sugli occhi, ringraziando Dio che non fosse
cieco.
“Ma era come se lo fosse.
“Ti guardò e domandò: ‘Come ti chiami,
piccolo?’.
Gli esperti di numerologia avrebbero da
dire molto più di me osservando come certe date si ripetano in anni diversi,
nel corso della Storia, a segnare avvenimenti di importanza epocale. Penso al 9
di novembre, all’11 settembre, al 25 aprile. In Italia il 25 aprile è
l’anniversario della Liberazione del 1945, in Portogallo è quello della
Rivoluzione dei Garofani del 1974 che mise termine alla lunga dittatura, di
Salazar prima e di Marcelo Caetano poi. Il romanzo di João Ricardo Pedro, “Il tuo volto sarà l’ultimo”,
vincitore del premio Leya 2011 per la migliore opera inedita in Portogallo,
prende l’avvio proprio dal 25 aprile 1974: mentre il presidente dei ministri è
assediato nella caserma di Lisbona, circondato da soldati che vogliono le sue
dimissioni, in un villaggio nel cuore del paese viene ucciso Celestino, un uomo
che era arrivato lì una quarantina di anni prima. Aveva perso un occhio, il
dottor Augusto Mendes- l’ospite nella cui casa sono ora radunate persone
importanti ‘del villaggio dal nome di mammifero’ che discutono gli avvenimenti
del giorno- lo aveva curato, gli aveva messo un occhio finto per nascondere il
buco sulla faccia, lo aveva assicurato che avrebbe taciuto sulla sua presenza.
Finché la Storia lo aveva raggiunto.
Si divide in sette parti, il romanzo di João Ricardo Pedro- nessun ordine
cronologico per quello che ci viene raccontato, per lo più da Duarte, ‘il
nostro Duarte’, nipote del dottor Augusto, figlio di Antonio Mendes che è stato
mandato per ben due volte a combattere in Angola. Noi leggiamo la storia di tre
generazioni e, naturalmente, la Storia del Portogallo, e dobbiamo riunire le
fila, alla fine, per mettere insieme i frammenti delle diverse vicende che a
volte si interrompono lasciandoci in sospeso per riprendere a sorpresa più
avanti, a volte sono oscure, a volte sembrano venire alla luce con fatica,
perché troppo dolorose per essere trasformate in parole. I nonni, i genitori,
gli amici del nonno, gli amici di Duarte, il maestro di pianoforte, la maestra
di canto- sono questi i personaggi che circondano i protagonisti, aggiungendo
ognuno un dettaglio, una particella che ci aiuta a conoscere i Mendes.
Salazar |
Il miglior amico del nonno si
chiamava Policarpo. Era da lui che il dottor Augusto Mendes aveva acquistato la
proprietà di Fundao dove si era ritirato ad esercitare la professione di
medico: una sorta di esilio lontano dal potere, tanto quanto quello di
Policarpo che era andato via dal Portogallo e, fedele alla sua promessa, aveva
scritto una lettera all’anno- un costante aggiornamento su quanto succedeva
‘fuori’, dall’avvento di Hitler alla vittoria degli alleati e alla morte di
Stalin. Una lettera di Policarpo, datata 1975, si interrompeva a metà. Sarà
Duarte a cercare di ricostruirne la fine. Era una lettera scritta da Buenos
Aires dove Policarpo aveva incontrato un famoso pianista tedesco che si era
amputato la mano sinistra quando aveva saputo per chi fosse stato obbligato a
suonare. Un silenzio musicale che richiama quello di Duarte, estremamente
dotato, che, all’improvviso, si rifiuta di suonare quando si accorge di
diventare uguale alla musica che suona e che trabocca di dolore.
Mentre il nonno Mendes trova rifugio
a Fundao (il nome della catena di montagne alle spalle di Fundao, Gardinha,
vuol proprio dire ‘rifugio’, suo figlio lo apprenderà in Angola), il nonno
materno, che aveva appoggiato la campagna di Humberto Delgado in opposizione a
Salazar, sarà arrestato e ucciso. A Duarte che chiedeva chi fosse Salazar, suo
padre dapprima aveva risposto, “Un terzino sinistro del Belenenses”, e poi,
“uno stronzo che ha ammazzato tuo nonno, il padre di tua madre”. Ma Salazar era
anche responsabile della cruenta impresa nelle colonie, da dove Antonio Mendes
era tornato del tutto cambiato, incapace perfino di riconoscere il figlio.
“Cosa è successo a mio padre in Angola, quella seconda volta?”, chiede Duarte
all’ispettore che indaga alla fine sulla morte di Antonio e che era lo stesso
uomo che lo sorreggeva allo sbarco della nave che lo riportava in patria. “Non
dovrebbe essere difficile per te immaginare l’orrore”, gli risponde.
Eppure non ci sono solo storie drammatiche
ne “Il tuo volto sarà l’ultimo”. Non c’è solo la malattia del nonno e quella
della mamma, seguita dalla morte di entrambi. Ci sono anche le storie d’amore
del nonno e poi quella del padre per la sua ‘madrina di guerra’, ci sono, per
completare il quadro, storie buffe dell’infanzia e dell’adolescenza di Duarte.
Quella di João Ricardo Pedro è la prima voce
portoghese che si annuncia ‘grande’ dopo quella di Antonio Lobo Antunes.
la recensione sarà pubblicata su www.wuz.it
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