domenica 24 maggio 2015

Intervista ad Anna Grue, autrice de "Il bacio del traditore"

                                             vento del Nord
                                             cento sfumature di giallo


       Ho freddo in questa strana primavera milanese, ma Anna Grue, abituata alla Danimarca, a Milano per presentare il suo libro “Il bacio del traditore” nel corso del festival I Boreali dedicato alla letteratura dei paesi del nord Europa, mi dice che ha caldo. Mi chiede anche se so per quale motivo il titolo originale del libro (“Il bacio di Giuda”) sia stato cambiato- non si conosce la figura di Giuda in Italia? E mi dice anche che in Danimarca è stato appena pubblicato il suo ultimo romanzo che è una storia d’amore e non un giallo, e che, però, non è certa che questo suo libro ‘insolito’ sarà ben accolto all’estero, dove il personaggio di Dan Sommerdhal piace molto. In Danimarca è diverso, i lettori danesi forse incominciano ad essere un poco stanchi del ‘detective calvo’.

Volevo proprio chiederglielo: in Italia conosciamo solo due romanzi con Dan Sommerdhal, “Nessuno conosce il mio nome” e “Il bacio del traditore”. C’è stato qualche altro romanzo con questo protagonista, prima? E quanti ne ha scritti fino ad ora?
    No, “Nessuno conosce il mio nome” è proprio il primo romanzo della serie e ci sono sei altri libri dopo di quello, sto scrivendo il settimo con Dan Sommerdhal: ho promesso ai miei lettori che ne scriverò dieci.


Nella serata di inaugurazione del festival si è chiesto ai due scrittori presenti, Björn Larsson e Jón Stefansson se pensavano si potesse parlare di una letteratura nordica, se ci fossero delle differenze tra gli scrittori del nord e quelli, ad esempio, del sud dell’Europa. Lei che cosa ne pensa?
    Sì, ci sono certamente delle differenze. Nell’insieme noi tendiamo ad essere realistici, non usiamo metafore o immagini fiorite come in Italia, ad esempio. Ho letto Giorgio Faletti- trovo strane le sue frasi arricchite di parole e avverbi, allargate da ulteriori spiegazioni. Nel nord Europa non c’è il realismo magico, le frasi sono più semplici. So che a volte possiamo risultare noiosi.

Io ho pensato che il clima possa spiegare la differenza di stile tra gli scrittori del Nord e quelli del Sud. Il freddo, i lunghi giorni bui, vi obbligano a vivere di più negli interni e quindi ad avere tempo per pensare, per andare più in profondità. Il sole e il caldo spingono a vivere più ‘in superficie’ e i nostri libri sono spesso più superficiali. Che cosa ne pensa?
     Forse ha ragione. E’ vero che noi andiamo più nel profondo e questo è uno dei motivi per cui ai lettori piacciono i thriller che vengono dal Nord. Come scrittore io penso che si imbrogli il lettore con un personaggio che è l’assassino spinto al crimine dalla follia o da un raptus, e non da un vero motivo, come può essere l’amore o l’odio o l’avidità o la gelosia.

Che cosa l’ha spinta a scegliere il romanzo di indagine poliziesca come maniera per esprimersi?
     In realtà i miei primi due romanzi erano thriller psicologici ma non di indagine poliziesca. Non c’era una indagine, non c’era la polizia, soltanto quello che le persone sono capaci di farsi l’un l’altro. Nei romanzi di indagine mi piace l’enigma da risolvere, mi piace il gioco. Per me i romanzi di indagine poliziesca sono un gioco tra lo scrittore e il lettore. E’ un gioco stuzzicante, è divertente. Mi sono sempre piaciuti i libri di Agatha Christie perché sono giocosi. Un romanzo con delitto dovrebbe essere giocoso proprio perché è un argomento serio, altrimenti sarebbe noioso.

Dopo aver letto i suoi due libri, ho pensato che forse c’è un piano dietro le sue storie. Sia il primo sia il secondo romanzo hanno una trama con una problematica che riguarda le donne. E’ quello che la interessa, più che dei comuni delitti?

    Potrebbe aver ragione, perché, sì, è vero, le trame riguardano sempre donne che soffrono anche quando la vittima è un uomo. Sì, sono romanzi sulle donne. A me piace il modello del vecchio ‘crime novel’ inglese, mi piace Miss Marple, mi piacciono i ‘private detective’ inglesi. Perché sono più giocosi. Se si sceglie come protagonista un detective che non ha motivo di essere sulla scena, si possono intrecciare più liberamente delle storie, lui può fare cose che la polizia non può fare. E poi a me non interessa il lavoro della polizia.

Nella sua coppia dei due personaggi Lei ha invertito la priorità dei ruoli: il vero detective non è il personaggio principale, ma il suo doppio. E’ stata una scelta fatta per avere maggiori possibilità in quello che voleva dire? E perché farli anche rivali nella vita privata?
    Prima di tutto sono amici. Sono rivali perché l’amicizia senza un sottofondo di rivalità è noiosa. Mi occuperò di loro per dieci, quindici anni e dovevo farli rivali con qualche motivo in più che non fosse solo quello professionale. Ecco perché c’è la vecchia relazione tra Marianne e Flemming. Nel terzo romanzo ci sarà qualcosa di nuovo perché il mio interesse principale è esaminare i rapporti- come si comporta una coppia sposata da vent’anni, come lavorano insieme due colleghi, qual è il rapporto tra figli adulti e genitori…

 In questo romanzo, come abbiamo detto, l’attenzione è di nuovo sulle donne. Ad un primo livello di lettura il libro sembra essere sulla stupidità delle donne che amano essere corteggiate anche se non sono più giovani. Ad un livello più profondo, però, è un romanzo sulla solitudine. Tutti i personaggi sono molto soli, le donne che JH corteggia, lui stesso, l’avvocato, soffrono tutti di solitudine.
    
E’ un’osservazione acuta che non mi era ancora stata fatta. E’ vero. L’argomento è la solitudine, il titolo infatti è “Il bacio di Giuda”, anche se non c’è Giuda, non è una storia religiosa. Ci sono persone che fanno scelte sbagliate per sé e per quelli che amano. E tutto inizia fin dall’infanzia. A proposito: ho inventato la setta religiosa di cui parlo nel libro, ho mescolato aspetti di una setta che c’è in Danimarca, La Casa dei Padri, con quelli dei Testimoni di Geova. E comunque il crimine inizia con un tradimento- e non possiamo dire di più.

I lettori potrebbero pensare che solo le donne sono così sciocche da lasciarsi ingannare in maniera così grossolana. Ma in Italia succede pure agli uomini, anche se c’è una differenza, ed è l’età. Nel caso degli uomini, qui da noi, si tratta di uomini anziani illusi e poi derubati dalle badanti. Succede anche in Danimarca?
    Assolutamente sì, c’è stato uno scandalo di cui si è parlato molto anche di recente. Come dice Lei, cambia l’età, nel caso di uomini o donne. La spiegazione è facile e ovvia: un cinquantenne ricco trova tutte le donne che vuole, una cinquantenne ricca no.

Prima ha detto che le piace molto Agatha Christie. Quali altri scrittori le piacciono, quali sono stati per lei un’ispirazione, dei maestri?
      Fin da quando ero bambina, sono sempre stata una grande lettrice, una divoratrice di libri. Mi piace Agatha Christie, mi piacciono la Sayers e P.D. James, Ruth Rendell che è morta poco tempo fa, Kate Atkinson. Tra i nordici mi piace Håkan Nesser. Soprattutto, però, amo i classici inglesi, i romanzi corposi, Dickens, le sorelle Brontë. Tra gli americani, mi piacciono Anne Tyler e John Irving: ecco, senza i libri di tutti questi autori io non avrei potuto scrivere.

l'intervista sarà pubblicata su www.wuz.it




       

    



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