Voci da mondi diversi. Medio Oriente
FRESCO DI LETTURA
Ayelet Gundar-Goshen, “Una notte soltanto, Markovitch”
Ed. Giuntina, trad. Ofra Bannet e
Raffaella Scardi, pagg. 326, Euro 16,50
Titolo originale: Laylah echad, Markovitch
“Non temere,” la rassicurò, “mi prenderò
cura io del bambino. Adesso esci dal mio letto e non ci tornare fino a quando
non lo vorrai tu”.
Da quel giorno, la casa riacquistò il suo
calore. Anche il cespuglio di buganvillea smise di fare i capricci, con grande
soddisfazione di Yaakov Markovitch, ormai rassegnato a sradicarlo. La sala
restava triste, perché i mobili non possono gioire in una casa senza amore, ma
quantomeno aveva cessato di congelare i suoi abitanti. Yaakov Markovitch non
s’illuse nemmeno per un momento che tutto questo avvenisse per lui. Nel ventre
di sua moglie cresceva un bambino, e la casa gli dava tregua per agevolare la
gravidanza.
Gli anni dell’avvento del nazismo. Venti
giovani vengono fatti imbarcare su una nave in partenza da quella terra che non
è ancora Israele. Destinazione: Europa. Scopo della missione: sposarsi. Venti
matrimoni significano venti ragazze che hanno il diritto di fuggire davanti
alla bufera che avanza, che hanno la possibilità di salvarsi. Saranno seguiti
da venti divorzi, una volta sbarcati nella Terra Promessa. In realtà saranno
venti divorzi meno uno, perché Yaakov Markovitch, che ha avuto l’incredibile
fortuna di aggiudicarsi la più bella delle promesse spose (non per niente si
chiama Bella), si rifiuta di darle il divorzio. Per quasi quindici anni la
terrà legata con un vincolo a lei odioso, che farà soffrire entrambi, che
costringerà lui a dormire sul divano, lei ad andarsene da casa per poi tornare
e dare alla luce, a tempo debito, un bambino a cui Yaakov farà da padre.
Non anticiperò altro di questo romanzo,
“Una notte soltanto, Markovitch”, opera prima di Ayelet Gundar-Goshen. Non soltanto
per non guastare il piacere della lettura, ma anche perché sarebbe impossibile,
tante sono le storie e le microstorie contenute nel romanzo, tanti i personaggi
maggiori e minori, e lungo il tempo in cui le vicende si dipanano, mentre gli
anni passano, si sentono gli echi lontani della guerra in Europa, si combatte la
guerra di indipendenza in terra di Palestina- per dirlo con una frase della
scrittrice, “il passo dei bambini sempre più pesante, il passo degli adulti
sempre più leggero”.
Chi è, però, questo Yaakov Markovitch,
interprete di una singolare storia d’amore? O, forse, di una storia di odio, se
la leggiamo dall’altro punto di vista? Yaakov Markovitch è nessuno, è
insignificante, è il tipo di uomo che passa inosservato perché non c’è persona
che poserebbe lo sguardo due volte su di lui. Tanto è vero che il suo comandante
dell’Irgun gli aveva affibbiato il compito di trafugare armi, “con quella
faccia, nessuno se ne accorgerà”. Il suo unico amico (a parte i piccioni a cui
Yaakov dà briciole da mangiare) è anche il suo doppio, esattamente il suo
opposto: Zeev Feinberg è al centro dell’attenzione (soprattutto femminile)
dovunque vada. Gigantesco, con due enormi baffi, roboante, donnaiolo, ciarliero,
fanfarone cacciaballe. Eppure questo impenitente sciupafemmine ad un certo
punto si accorge di amare soltanto una donna, Sonia.
“Una notte soltanto, Markovitch” è il
racconto di due storie d’amore diverse, così ricche di sfumature che ci
portano, in maniera lieve, a volte buffa, a volte tragica, a riflettere su che
cosa sia questo sentimento, se sia possibile chiamare amore anche quello che è
una forma di generosa tirannide, se amore voglia dire anche fedeltà, oppure se
sia soprattutto comprensione dell’altro e delle sue necessità. Amore tra uomo e
donna ma anche di un padre o di una madre verso un figlio: come si riesce ad
accettare come proprio un bambino che si sa essere figlio di un altro uomo? E
che differenza c’è quando invece si ama un bambino senza sapere che non si è il
padre naturale? E quando il bambino, anzi la bambina in questo caso, è figlia di
un nemico che si è ucciso e la si cresce come propria per riscattare una
vecchia colpa?
Ho pensato ai romanzi di Meir Shalev,
leggendo “Una notte soltanto, Markovitch”. Per il profumo di arance che si
sprigiona dalla pelle di Sonia, per quello di pesche che emana il bambino Yair,
per le montagne di arance con cui un uomo si circonda per supplire un amore
impossibile, per le rose decapitate da un uomo impazzito, per il gelo
inspiegabile dentro la casa di Yaakov e Bella mentre fuori è torrido, per tanti
altri dettagli in cui la natura si anima e il comportamento dei personaggi
supera la barriera della credibilità: è il realismo magico in stile israeliano,
capace di alleviare anche le scene più buie, uno spruzzo di poesia che
rischiara l’atmosfera di una guerra continua.
la recensione sarà presto pubblicata su www.wuz.it
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