lunedì 4 maggio 2015

Ayelet Gundar-Goshen, “Una notte soltanto, Markovitch” ed. 2015

                                              Voci da mondi diversi. Medio Oriente
         FRESCO DI LETTURA


Ayelet Gundar-Goshen, “Una notte soltanto, Markovitch”
Ed. Giuntina, trad. Ofra Bannet e Raffaella Scardi, pagg. 326, Euro 16,50
Titolo originale: Laylah echad, Markovitch

     “Non temere,” la rassicurò, “mi prenderò cura io del bambino. Adesso esci dal mio letto e non ci tornare fino a quando non lo vorrai tu”.
     Da quel giorno, la casa riacquistò il suo calore. Anche il cespuglio di buganvillea smise di fare i capricci, con grande soddisfazione di Yaakov Markovitch, ormai rassegnato a sradicarlo. La sala restava triste, perché i mobili non possono gioire in una casa senza amore, ma quantomeno aveva cessato di congelare i suoi abitanti. Yaakov Markovitch non s’illuse nemmeno per un momento che tutto questo avvenisse per lui. Nel ventre di sua moglie cresceva un bambino, e la casa gli dava tregua per agevolare la gravidanza.

      Gli anni dell’avvento del nazismo. Venti giovani vengono fatti imbarcare su una nave in partenza da quella terra che non è ancora Israele. Destinazione: Europa. Scopo della missione: sposarsi. Venti matrimoni significano venti ragazze che hanno il diritto di fuggire davanti alla bufera che avanza, che hanno la possibilità di salvarsi. Saranno seguiti da venti divorzi, una volta sbarcati nella Terra Promessa. In realtà saranno venti divorzi meno uno, perché Yaakov Markovitch, che ha avuto l’incredibile fortuna di aggiudicarsi la più bella delle promesse spose (non per niente si chiama Bella), si rifiuta di darle il divorzio. Per quasi quindici anni la terrà legata con un vincolo a lei odioso, che farà soffrire entrambi, che costringerà lui a dormire sul divano, lei ad andarsene da casa per poi tornare e dare alla luce, a tempo debito, un bambino a cui Yaakov farà da padre.

     Non anticiperò altro di questo romanzo, “Una notte soltanto, Markovitch”, opera prima di Ayelet Gundar-Goshen. Non soltanto per non guastare il piacere della lettura, ma anche perché sarebbe impossibile, tante sono le storie e le microstorie contenute nel romanzo, tanti i personaggi maggiori e minori, e lungo il tempo in cui le vicende si dipanano, mentre gli anni passano, si sentono gli echi lontani della guerra in Europa, si combatte la guerra di indipendenza in terra di Palestina- per dirlo con una frase della scrittrice, “il passo dei bambini sempre più pesante, il passo degli adulti sempre più leggero”.
    Chi è, però, questo Yaakov Markovitch, interprete di una singolare storia d’amore? O, forse, di una storia di odio, se la leggiamo dall’altro punto di vista? Yaakov Markovitch è nessuno, è insignificante, è il tipo di uomo che passa inosservato perché non c’è persona che poserebbe lo sguardo due volte su di lui. Tanto è vero che il suo comandante dell’Irgun gli aveva affibbiato il compito di trafugare armi, “con quella faccia, nessuno se ne accorgerà”. Il suo unico amico (a parte i piccioni a cui Yaakov dà briciole da mangiare) è anche il suo doppio, esattamente il suo opposto: Zeev Feinberg è al centro dell’attenzione (soprattutto femminile) dovunque vada. Gigantesco, con due enormi baffi, roboante, donnaiolo, ciarliero, fanfarone cacciaballe. Eppure questo impenitente sciupafemmine ad un certo punto si accorge di amare soltanto una donna, Sonia.

     “Una notte soltanto, Markovitch” è il racconto di due storie d’amore diverse, così ricche di sfumature che ci portano, in maniera lieve, a volte buffa, a volte tragica, a riflettere su che cosa sia questo sentimento, se sia possibile chiamare amore anche quello che è una forma di generosa tirannide, se amore voglia dire anche fedeltà, oppure se sia soprattutto comprensione dell’altro e delle sue necessità. Amore tra uomo e donna ma anche di un padre o di una madre verso un figlio: come si riesce ad accettare come proprio un bambino che si sa essere figlio di un altro uomo? E che differenza c’è quando invece si ama un bambino senza sapere che non si è il padre naturale? E quando il bambino, anzi la bambina in questo caso, è figlia di un nemico che si è ucciso e la si cresce come propria per riscattare una vecchia colpa?

    Ho pensato ai romanzi di Meir Shalev, leggendo “Una notte soltanto, Markovitch”. Per il profumo di arance che si sprigiona dalla pelle di Sonia, per quello di pesche che emana il bambino Yair, per le montagne di arance con cui un uomo si circonda per supplire un amore impossibile, per le rose decapitate da un uomo impazzito, per il gelo inspiegabile dentro la casa di Yaakov e Bella mentre fuori è torrido, per tanti altri dettagli in cui la natura si anima e il comportamento dei personaggi supera la barriera della credibilità: è il realismo magico in stile israeliano, capace di alleviare anche le scene più buie, uno spruzzo di poesia che rischiara l’atmosfera di una guerra continua.

la recensione sarà presto pubblicata su www.wuz.it


Nessun commento:

Posta un commento