vento del Nord
cento sfumature di giallo
FRESCO DI LETTURA
Anna Grue, “Il bacio del traditore”
Ed. Marsilio, trad. Ingrid Basso,
pagg. 411, Euro 15,73
Titolo originale: Judaskysset
Jakob era sparito. Senza lasciare alcuna
traccia. Se era entrata nella pagina online della NetBank era stato per pura
formalità. Sapeva già che i suoi conti erano stati svuotati. L’unico conto che
non erastato toccato era quello in cui c’erano i soldi di Anemone,
semplicemente perché non aveva la firma. Tutto il resto era stato ripulito. I risparmi,
la vincita alla lotteria, ma anche l’accredito dello stipendio e il conto della
MasterCard.
Diciamo la verità. Sono talmente numerosi gli scrittori di ‘gialli’ del
Nord che ci eravamo dimenticati di Anna Grue. Basta però un dettaglio, il
riferimento al soprannome ‘il detective calvo’, ad una storia di donne, che ci
torna subito in mente- come abbiamo potuto dimenticarla? E siamo contenti di
leggere un’altra storia con il protagonista Dan Sommerdhal che ruba la scena
all’ispettore Flemming (gli aveva rubato anche la ragazza che ora è sua moglie,
quando erano giovani), un’altra storia di donne raccontata con un leggero
umorismo che attenua i colori del dramma.
C’è un tipo particolare di suspense ne “Il
bacio del traditore”. Non c’è alcun enigma da risolvere su chi sia il colpevole
(che diventa anche assassino solo una volta, prigioniero in una situazione
senza uscita), lo incontriamo subito in una delle sue molte identità e
professioni per nascondere quella vera: ha iniziato come gigolò, tombeur de femmes, ha scoperto che fare
‘il prostituto’ con donne di mezza età è molto redditizio e ne ha fatto la sua
specializzazione e la sua carriera accuratamente pianificata.
Dalla sua ha
l’età ideale, poco più di trent’anni, può tranquillamente corteggiare donne
sole, sulla cinquantina, bisognose d’affetto. E poi è di bell’aspetto, alto,
biondo (il colore è passibile di variazioni), occhi grigi. Il requisito
essenziale delle donne su cui dirigerà la sua attenzione è che siano ricche. Va
da sé che devono essere sole, senza né marito né figli attorno. Quando
arriviamo a leggere ‘come’ JH (chiamiamolo con le iniziali che restano
invariate, uguali a quelle del suo vero nome, qualunque sia la nuova identità),
progetti ogni sua operazione- dalla scelta della preda, alle modalità per farla
abboccare all’amo, a quale personalità lui debba rivestire per essere più
gradito- non possiamo non ammirarlo. Sono molteplici i sentimenti del lettore,
catturato nella rete del seduttore e nelle pagine della scrittrice danese.
Ammirazione per quel fantastico attore che è JH (è la fascinazione del Male, lo
sappiamo), compassione per le sue vittime (dall’esterno vediamo la trappola che
sta per scattare), rabbia (per la stupidità che non è solo femminile, ma è
propria della persona vulnerabile in quanto sola), divertimento per ‘l’altra
faccia’ del corteggiamento- a volte JH sbaglia nello scegliere e, se la donna
che si appresta a turlupinare è più vicino ai sessanta che ai cinquanta, deve
ricorrere al Viagra.
La donna che, spinta dalla figlia, pur non
denunciando la truffa alla polizia (ragiona bene, JH, quando pensa che le sue
vittime preferiscano perdere il patrimonio piuttosto che mettere a nudo la loro
credulità), ricorre all’aiuto di Dan Sommerdhal, è un’insegnante d’arte
giovanile e prestante del collegio in cui studia la figlia di Dan. Perché non
avrebbe dovuto credere al colpo di fulmine che l’aveva fatta cadere tra le
braccia del venditore di un nuovo tipo di colori? Le aveva regalato l’anello
chiedendole di sposarlo, dovevano aprire insieme un locale in Francia, lui
aveva la firma sul suo conto…La ricerca di JH si intreccia ad un certo punto
con l’omicidio di un giovane che faceva parte di una congregazione religiosa
evangelica affine ai Testimoni di Geova, il ragazzo era un esperto informatico
e, anche se non è stato quello la causa della morte, qualcuno gli ha scagliato
un grosso computer sulla testa. E così, come nel precedente romanzo, Dan si
trova a lavorare a fianco, o in rivalità, con il vecchio amico-rivale Flemming.
La trama de “Il bacio del traditore” è
movimentata e ci porta in ambienti diversi- quello duro e chiuso impregnato di
una religione severa, quello dei barboni a cui sono state sottratte le panchine
della piazza del Municipio, e infine quello, del tutto agli antipodi, di Goa,
sulla costa occidentale dell’India. E se il finale (che ci riserva molte
sorprese) sa un po’ troppo di Robin Hood, accettiamolo ugualmente. Non fa male
sperare che ci possa essere un risvolto buono anche in ciò che di per sé è
cattivo.
la recensione sarà pubblicata su www.wuz.it
la scrittrice è presente al Nordic Festival a Milano (20 maggio-5 giugno)
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