vento del Nord
cento sfumature di giallo
Anna Grue, “Nessuno conosce il mio nome”
Ed. Marsilio, trad. Maria Valeria
D’Avino, pagg. 332, Euro 18,00
Titolo originale: Dybt at falde
“Conosce il cognome di Sally?”
“Né di Sally né di Lilliana. Non sono nemmeno sicura che i nomi siano
veri.” Si mordicchiò il labbro inferiore. “Tutte questa ragazze…hanno qualcosa
o qualcuno da cui nascondersi. Per molte è l’ufficio immigrazione, ma a volte
si tratta della famiglia che vuole imporre loro un matrimonio forzato, o di un
marito violento. O del loro protettore, se è per questo. Si sentono storie
terribili, mi creda.”
Eh, sì, un’altra scrittrice nordica,
Anna Grue. Danese questa volta, e i suoi paesaggi ci sembrano quasi
mediterranei in paragone all’estremo Nord delle isole Svalbard del romanzo di
Monica Kristensen letto di recente. Incomincio a leggere un poco diffidente, e
invece resto subito catturata dalla vicenda e dalla sveltezza dello stile
narrativo.
“Nessuno conosce il mio nome” inizia con
una persona nascosta nell’armadio di un ufficio, in attesa del momento adatto
per uccidere. La vittima predestinata è la donna delle pulizie serali- viene
strangolata con una garrota. Era estone, si chiamava Lilliana, non si sa quasi
nulla di lei, neppure l’agenzia di pulizie è in grado di fornire dettagli: è
chiaro che la donna lavorava in nero, per il fisco era sufficiente dichiarare
soltanto l’altro lavoratore- un ragazzo danese di nome Benjamin- che faceva i
turni insieme a lei. Poco dopo, però, scompare Sally, la bellissima ragazza
nigeriana che era sua amica, secondo Benjamin. Sally verrà trovata morta su una
spiaggia, uccisa con incredibile violenza. Gli assassini devono essere stati
due, le modalità dei delitti sono troppo diverse, e però ci deve essere un
collegamento.
C’è un commissario di polizia che si occupa delle indagini, ma Anna Grue
ha scelto di non fare di lui il protagonista principale che è, invece, Dan
Sommerdahl, brillante pubblicitario che lavora nell’edificio dove Lilliana è
stata uccisa. Il tocco della penna femminile si sente nella descrizione della
vita familiare di Dan (sposato con un medico, Marianne, due figli) e della sua
recente depressione causata dallo stress di un lavoro che, pur avendolo fatto
avanzare nella carriera, non è più quello della sua vocazione. Dan Sommerdahl,
a cui i giornalisti daranno il soprannome scherzoso di ‘detective calvo’ con
chiara allusione alla sua testa, ci riesce subito simpatico perché è uno ‘come
noi’, con l’amore per la moglie (che ha rubato all’amico ispettore di polizia e
che in passato ha a volte tradito) e per il vecchio cane, la passione per la
sua Audi nera (aziendale, purtroppo), la depressione di cui non si vergogna a
parlare (perché mai la depressione è assolutamente negativa nel curriculum di
un uomo e non in quello di una donna?). Quasi per caso, visto che è stato lui
ad identificare il cadavere di Lilliana, Dan si trova ad affiancare la polizia
nelle indagini, mostrando un fiuto eccezionale, nonostante alcuni passi falsi.
Anna Grue è una scrittrice donna che affronta un tema che colpisce da
vicino le donne- quello delle donne schiave, ‘esportate’ all’estero dal loro
paese con false promesse e buttate sul marciapiede, dopo essere state stuprate e
torturate in modo da annullare qualsiasi loro resistenza. Non possono
rivolgersi alla polizia, non hanno documenti, verrebbero rimandate nel loro
paese dove le aspetterebbe il vecchio ‘padrone’ che le rimetterebbe su un aereo
per gettarle di nuovo sul mercato. Non c’è solo il Male, per fortuna, in questo
mondo. Ci sono persone disposte ad aiutare queste infelici, in una sorta di
rete sotterranea. E tuttavia il limite tra Bene e Male è spesso confuso, perché
tutto è relativo: qualcosa che è ingiusto, che è Male (salari inadeguati e in
nero), può essere tuttavia un Bene in paragone ad un Peggio- si tratta pur
sempre di lavorare e di avere un alloggio anche se a prezzo non equo. Che poi,
tra chi si occupa di questo traffico umano, ci siano sia gli idealisti sia gli
sfruttatori, quelli che sembrano degli ingenui e quelli che sono i furbi, è
cosa risaputa, purtroppo.
Un altro bel giallo nordico, “Nessuno conosce il mio nome”, dunque.
Appassionante e rivelatore (guarda un po’, e noi che pensavamo che l’aria algida
della Danimarca fosse un baluardo contro le brutture della società). Incalzante
e non cruento. Umano.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
a breve leggerete la recensione de "Il bacio del traditore", nuovo romanzo di Anna Grue che sarà presente al Nordic Festival di Milano (20 maggio-5 giugno 2015)
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