lunedì 18 maggio 2015

Anna Grue, “Nessuno conosce il mio nome” ed. 2013

                                                             vento del Nord
     cento sfumature di giallo


Anna Grue, “Nessuno conosce il mio nome”
Ed. Marsilio, trad. Maria Valeria D’Avino, pagg. 332, Euro 18,00
Titolo originale: Dybt at falde

   “Conosce il cognome di Sally?”
   “Né di Sally né di Lilliana. Non sono nemmeno sicura che i nomi siano veri.” Si mordicchiò il labbro inferiore. “Tutte questa ragazze…hanno qualcosa o qualcuno da cui nascondersi. Per molte è l’ufficio immigrazione, ma a volte si tratta della famiglia che vuole imporre loro un matrimonio forzato, o di un marito violento. O del loro protettore, se è per questo. Si sentono storie terribili, mi creda.”


       Eh, sì, un’altra scrittrice nordica, Anna Grue. Danese questa volta, e i suoi paesaggi ci sembrano quasi mediterranei in paragone all’estremo Nord delle isole Svalbard del romanzo di Monica Kristensen letto di recente. Incomincio a leggere un poco diffidente, e invece resto subito catturata dalla vicenda e dalla sveltezza dello stile narrativo.
     “Nessuno conosce il mio nome” inizia con una persona nascosta nell’armadio di un ufficio, in attesa del momento adatto per uccidere. La vittima predestinata è la donna delle pulizie serali- viene strangolata con una garrota. Era estone, si chiamava Lilliana, non si sa quasi nulla di lei, neppure l’agenzia di pulizie è in grado di fornire dettagli: è chiaro che la donna lavorava in nero, per il fisco era sufficiente dichiarare soltanto l’altro lavoratore- un ragazzo danese di nome Benjamin- che faceva i turni insieme a lei. Poco dopo, però, scompare Sally, la bellissima ragazza nigeriana che era sua amica, secondo Benjamin. Sally verrà trovata morta su una spiaggia, uccisa con incredibile violenza. Gli assassini devono essere stati due, le modalità dei delitti sono troppo diverse, e però ci deve essere un collegamento.
  C’è un commissario di polizia che si occupa delle indagini, ma Anna Grue ha scelto di non fare di lui il protagonista principale che è, invece, Dan Sommerdahl, brillante pubblicitario che lavora nell’edificio dove Lilliana è stata uccisa. Il tocco della penna femminile si sente nella descrizione della vita familiare di Dan (sposato con un medico, Marianne, due figli) e della sua recente depressione causata dallo stress di un lavoro che, pur avendolo fatto avanzare nella carriera, non è più quello della sua vocazione. Dan Sommerdahl, a cui i giornalisti daranno il soprannome scherzoso di ‘detective calvo’ con chiara allusione alla sua testa, ci riesce subito simpatico perché è uno ‘come noi’, con l’amore per la moglie (che ha rubato all’amico ispettore di polizia e che in passato ha a volte tradito) e per il vecchio cane, la passione per la sua Audi nera (aziendale, purtroppo), la depressione di cui non si vergogna a parlare (perché mai la depressione è assolutamente negativa nel curriculum di un uomo e non in quello di una donna?). Quasi per caso, visto che è stato lui ad identificare il cadavere di Lilliana, Dan si trova ad affiancare la polizia nelle indagini, mostrando un fiuto eccezionale, nonostante alcuni passi falsi.

   Anna Grue è una scrittrice donna che affronta un tema che colpisce da vicino le donne- quello delle donne schiave, ‘esportate’ all’estero dal loro paese con false promesse e buttate sul marciapiede, dopo essere state stuprate e torturate in modo da annullare qualsiasi loro resistenza. Non possono rivolgersi alla polizia, non hanno documenti, verrebbero rimandate nel loro paese dove le aspetterebbe il vecchio ‘padrone’ che le rimetterebbe su un aereo per gettarle di nuovo sul mercato. Non c’è solo il Male, per fortuna, in questo mondo. Ci sono persone disposte ad aiutare queste infelici, in una sorta di rete sotterranea. E tuttavia il limite tra Bene e Male è spesso confuso, perché tutto è relativo: qualcosa che è ingiusto, che è Male (salari inadeguati e in nero), può essere tuttavia un Bene in paragone ad un Peggio- si tratta pur sempre di lavorare e di avere un alloggio anche se a prezzo non equo. Che poi, tra chi si occupa di questo traffico umano, ci siano sia gli idealisti sia gli sfruttatori, quelli che sembrano degli ingenui e quelli che sono i furbi, è cosa risaputa, purtroppo.

   Un altro bel giallo nordico, “Nessuno conosce il mio nome”, dunque. Appassionante e rivelatore (guarda un po’, e noi che pensavamo che l’aria algida della Danimarca fosse un baluardo contro le brutture della società). Incalzante e non cruento. Umano.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
a breve leggerete la recensione de "Il bacio del traditore", nuovo romanzo di Anna Grue che sarà presente al Nordic Festival di Milano (20 maggio-5 giugno 2015)


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