Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
il libro ritrovato
Catherine
Dunne, Donna alla finestra
Ed. Guanda, trad. Ada Arduini, pagg.
299, Euro 16,50
Dublino. Una coppia, Lynda e Robert.
Due figli adulti, Katie, all’università a Galway, e Ciaràn che frequenta
l’università a Dublino e dà qualche problema. Il fratello di Robert, Danny, da
sempre uno scapestrato. Ciaràn chiede ai genitori di poter ospitare l’amico Jan
che ha problemi in famiglia. Strane cose incominciano a turbare la quiete della
casa: immondizie scaricate in giardino, sensori di luce che non si accendono,
l’anello di fidanzamento di Lynda che scompare e riappare in bagno…Finché
Ciaràn viene convocato dalla polizia per stupro. Lui non ricorda nulla. Che
cosa o chi c’è dietro tutto questo?
INTERVISTA
A CATHERINE DUNNE, autrice di Donna alla
finestra
L’Irlanda
del 2009 è lontana anni luce dall’Irlanda de Le ceneri di Angela, il famoso romanzo di Frank McCourt trasformato
in un altrettanto famoso film. Sono scomparse la miseria totale, le case
fatiscenti, i materassi per terra e senza lenzuola, le nidiate di bambini con
il moccio al naso, le mogli che vanno a recuperare i mariti ubriachi al pub, i
preti dalla presenza fin troppo ingombrante. Ma non è neppure la stessa degli
scintillanti anni ‘90, quando aveva preso la rincorsa e si era trasformata nel paese
esemplare della nuova economia. Catherine Dunne, la
Jane Austen irlandese dei nostri giorni, ha
sempre guardato con occhio attento la vita quotidiana della classe media del
suo paese, dandoci dei romanzi che sono uno specchio di piccoli avvenimenti, di
cambiamenti di modelli, una registrazione di conversazioni per lo più
femminili- donne che si confidano, che si indagano, che non accettano più i
vecchi tabù, che riflettono sulla direzione che sta prendendo la nuova Irlanda.
Ancora una donna, dunque, al centro della scena nel nuovo romanzo, Donna alla finestra. Una donna che
continua la tradizione della forte figura femminile che è propria di tutta la
narrativa irlandese e che nello stesso tempo è del tutto moderna nella scelta
del lavoro (insegna, dipinge, progetta giardini giapponesi) e nella
consapevolezza della società in cui vive. Che fine ha fatto la Tigre celtica?- si domanda
Lynda. La recessione è evidente ovunque, le banche non concedono più prestiti,
l’impresa edilizia di suo marito Robert è in crisi, in più ci sono i problemi
creati dal figlio, tipico rappresentante della generazione giovane che non ha
mai lavorato un giorno, spende i soldi di papà e nello stesso tempo ha un
atteggiamento sprezzante nei suoi confronti. La relativa tranquillità della
famiglia è riflessa simbolicamente nel giardino giapponese che Lynda ha creato
e che ama tanto- la prima cosa che esce a contemplare al mattino.
Un’immagine
di quiete e ordine, con una grossa tartaruga di pietra che rappresenta la
sicurezza della casa stessa.
Lo sconosciuto che si muove di notte intorno alla casa è pagato da un
ignoto Intrallazzatore per infrangere questa quiete, per frantumare l’idillio
del successo e della famigliola felice in un crescendo di azioni vandaliche che
culminano proprio nella distruzione del giardino. Non sveliamo niente che il
lettore non apprenda fin dalle prime pagine, dicendo che c’è Danny, il fratello
minore di Robert, dietro tutto questo. Lasciamo però il gusto di scoprire il
perché, leggendo le vicende del passato, e quale sia il nesso tra Jan, il
Ragazzo d’Oro, e la famiglia in cui si è inserito.
La narrazione di Catherine Dunne ha un andamento piano che non sprizza
del pungente umorismo di Jane Austen, ma lo stile ha una garbata eleganza che
conquista il lettore. Soprattutto ammiriamo i personaggi femminili di Catherine
Dunne: la madre di oggi, Lynda, che si sforza di capire il figlio e di essergli
di aiuto, mentre nello stesso tempo incoraggia il marito che è in difficoltà
con il lavoro; la madre di ieri a cui il figlio Danny ha causato un dolore
immenso; la figlia Katie che si precipita a tornare a casa per essere d’aiuto
ai genitori. Sono belle figure, vive, esemplari, attuali.
Stilos ha incontrato Catherine Dunne
per parlare con lei del suo romanzo e della crisi economica in Irlanda.
Il
suo nuovo romanzo riflette la crisi economica in Irlanda. Si avverte un certo
qual senso di sorpresa, come se nessuno se l’aspettasse. Lynda si chiede perché
la Tigre
celtica sia fuggita così in fretta. Perché? E la crisi era del tutto
inaspettata?
Non credo si possa dire che fosse del
tutto inaspettata. Eravamo consapevoli della crisi dei prestiti sub-prime negli
Stati Uniti, quindi certamente non credevamo che saremmo rimasti immuni da una
crisi globale. E Lynda ha l’età per ricordare la spaventosa recessione degli
anni ‘80, perciò per lei, a differenza delle generazioni più giovani, le
difficoltà economiche non erano completamente nuove.
Invece, quello che è stato inaspettato sono stati il modo
improvviso e la portata della situazione irlandese. Questo è stato il problema
per la maggior parte degli irlandesi. Non la recessione in sé che eravamo stati
avvisati che sarebbe arrivata. Ed erano un paio di anni che l’Istituto di
Ricerca Economica e Sociale ci metteva in guardia sul fatto che la nostra
prosperità- nel commercio e nell’edilizia- era di molto sovrastimata. Era una
bolla e avrebbe finito per scoppiare. Infatti è scoppiata. Certo, sotto la
pressione di questioni globali, ma- e questo è il ma fondamentale- la nostra crisi è stata resa peggiore dalla
corruzione, dalla mancanza di regolamentazioni finanziarie adeguate e
dall’avidità. Le nostre banche sono crollate, una dopo l’altra. Sono venuti
alla luce accordi per cui le banche avevano ‘collocato’ grosse somme l’una sui
conti dell’altra per far apparire positivi i bilanci. Una volta conclusa la
revisione dei conti, il denaro fu nuovamente ritirato. Si è parlato di questa
tecnica come dell’accordo ‘bed and breakfast’.
In apparenza alcuni di questi accordi
non erano strettamente illegali, ma per quello che riguarda la maggior parte
degli irlandesi erano di certo sbagliati. Così quelli che pagano le tasse
devono scontare il comportamento di un ‘circolo dorato’ di individui senza
scrupoli, avidi, sregolati e straordinariamente ricchi. La banca anglo-irlandese
che cito nel romanzo è stata la prima colpevole riguardo a questo. Ha concesso dapprima
prestiti- grosse somme legate a prezzi terrieri molto gonfiati. Il resto si può
immaginare. Attualmente in Irlanda ci sono circa un quarto di milione di case
vuote in aree edificabili non finite in ogni città e villaggio del paese. E’ un
altro scandalo nazionale.
Anche
nei suoi libri precedenti c’era un certo sguardo di sorpresa per i cambiamenti
in Irlanda e nella società irlandese. In questo libro mi sembra ci sia del
timore in questo sguardo di sorpresa, come se non le piacesse quello che vede e
si domandasse, ‘dove siamo andati?’. O forse si tratta solo del fatto che tutti
questi cambiamenti sono sopraggiunti così in fretta?
Certamente la velocità dei cambiamenti in
Irlanda è stata stupefacente. In trent’anni, dalla nazione povera e sottosviluppata
che eravamo, con caratteristiche in comune con i paesi del terzo mondo, siamo
diventati un paese di cultura, sofisticato, con un’economia fiorente. Molte
cose sono cambiate in meglio: infrastrutture, opportunità di lavoro e, non meno
importante, una sensazione di maggiore fiducia in noi stessi come nazione. Non
era la perfezione: il sistema sanitario è sempre stato scadente e l’accesso
allo studio un problema per i meno abbienti. L’economia è progredita in modo
costante e poi sono iniziati ad affiorare i classici segnali del ‘boom’. Non
c’erano più alloggi a buon mercato- e gli irlandesi hanno sempre preferito
comprare piuttosto che affittare. Si è arrivati al punto in cui anche affittare
era diventato quasi impossibile. Il costo della vita cresceva. Alcuni si sono
arricchiti parecchio, almeno per gli standard irlandesi. E poi è iniziato il
crollo, nell’autunno del 2008. Da allora la gente si chiede: dove si è
sbagliato? Perché i nostri ministri non hanno esercitato un controllo,
soprattutto per l’edilizia? E come abbiamo fatto a perdere di vista quelli che credevamo essere i nostri valori? In
Irlanda si sta procedendo ad una revisione totale di quello in cui credevamo.
Siamo rimasti scossi dal senso di tradimento, sia per gli scandali delle
banche, sia per quelli in politica e, ancora peggio, nella Chiesa cattolica.
Una Chiesa che la maggior parte della gente pensa abbia perso credibilità per
gli scandali di abusi sui bambini e gli sforzi deliberati per coprire le sue
colpe.
Ci
sono due crisi parallele nel romanzo: una è la crisi economica nella famiglia e
l’altra è la crisi nel rapporto genitori-figli. Anche in Irlanda i genitori
sono diventati iperprotettivi, impedendo la crescita responsabile dei figli?
Credo proprio che l’attuale
generazione dei ventenni, che non hanno mai conosciuto la recessione, non siano
mai stati esposti agli stessi livelli di difficoltà economiche dei loro
genitori. Come per tutti i cicli di comportamento umano, i genitori hanno
voluto che i figli godessero degli agi e dei privilegi che loro stessi non
avevano avuto- penso che sia una reazione normale a qualunque forma di
privazione. Quanto all’essere iperprotettivi, anche quello è un risultato del
crollo delle certezze che questa società ha sperimentato. Soprattutto del
crollo della fiducia nelle istituzioni che credevamo dovessero proteggerci. Ma
c’è anche un altro tipo di ‘protezione’: quella di rendere troppo facile la
vita dei nostri figli, di essere troppo ansiosi di fornire quello che si
dovrebbe acquisire con lo sforzo. I sociologi pensano che noi genitori ci
sentiamo spesso colpevoli e abbiamo bisogno di compensare la mancanza di tempo
e di interazione significativa con i nostri figli dando loro denaro come
sostituto per quello. Troppi soldi quando si è giovani creano problemi. Ciaràn,
per esempio, è irresponsabile, difficile da trattare. Non è l’unico. Ma forse
Lynda e Robert pensano che, dandogli tutto quello di cui ha bisogno, non possa
succedere nulla di male. Se c’è qualcosa che la vita ci insegna è che la vita
stessa è fragile e imprevedibile. E il benessere economico di Lynda e Robert
non è sufficiente per proteggere il figlio dai pericoli che lui non ha le armi
per fronteggiare.
Mi
sono chiesta se uno dei motivi per la presenza del personaggio di Danny è
mostrare che ci sono sempre stati problemi tra genitori e figli, in tutte le
generazioni. C’è una differenza tra Danny e Ciaràn?
Certo, problemi tra genitori e figli è
un dato di fatto. Penso spesso ad una frase di un film che mi è piaciuto, La strada per la perdizione. Il
personaggio incarnato da Paul Newman riflette sulla sua vita e dice: ‘I figli
sono venuti al mondo per creare guai ai padri’. Conflitto, aspettative deluse,
tradimento- sono il materiale di vita vissuta e perciò della narrativa.
Danny è un uomo complesso. Si sente
trascurato, secondo arrivato, non capito. Ma la sua mancanza più tragica è il
suo negare: rifiuta di assumersi la responsabilità per le scelte che ha fatto.
Tutto è sempre colpa di qualcun altro. Non vuol dire che non provi simpatia per
lui: l’avvenimento che lo fa uscire dalla famiglia non è voluto da lui. Ma
rifiuta la responsabilità per le conseguenze di quell’atto. Alla fine del
romanzo Ciaràn, invece, accetta di riconoscere che ha un problema. Non nega più
la sua responsabilità, ma ha una strada lunga da percorrere. E chi sa come
diventerà? Io non lo so. E l’ho inventato!
Mentre
la trama si sviluppa e sappiamo di più dei personaggi, c’è un accenno all’idea
che il Male passi da padre in figlio: il Male è nei geni?
E’ una domanda a cui è difficile
rispondere. Credo che il Male esista. Per me è mancanza di empatia, incapacità
di sentire o immaginare il dolore degli altri. Non credo che venga tramandato
nei geni. Ma forse il venire a contatto con il male quando si è giovani
predispone qualcosa a diventare attivo. Una delle cose più difficile da
accettare è il fatto che il male è, per lo più, compiuto da persone del tutto
ordinarie e non da mostri.
Il
dettaglio del giardino giapponese mi ha incantato. Ci ho visto un significato
metaforico: perché ha scelto questo tipo di giardino, così insolito in un
paesaggio irlandese?
Penso perché per me incapsulava un
livello di sofisticazione e di consapevolezza estetica che appartiene alla
visione del mondo che ha Lynda. Che tutto è sicuro, tutto va bene. Casa,
marito, denaro: niente può disturbare la tranquillità del suo mondo. La
tartaruga di pietra nel giardino è il simbolo di quella serenità e della buona
fortuna, come lo è nel disegno del giardino giapponese. Ma tutta quella
immobilità sta per essere disturbata. Niente può proteggerla dalla vulnerabilità
che inizia a sentire. La fiducia di Lynda nella sua vita borghese è
un’illusione. Capire tutta quella fragilità, tutta l’imprevedibilità della
vita: quello è il viaggio di Lynda.
recensione e intervista sono state pubblicate sulla rivista Stilos
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