Voci da mondi diversi. Area germanica
FRESCO DI LETTURA
Joachim Meyerhoff, “Quando tutto tornerà a essere come non è mai stato”
Ed. Marsilio, trad. Giovanna
Agabio, pagg. 320, Euro 16,15
Titolo originale: Wann wird es endlich wieder so, wie es nie war
“L’essenziale
per poter arrivare a questi ottant’anni, per darmi una possibilità realistica
di raggiungere questa benedetta età, è con tutta evidenza- e qui senz’altro
nessuno avrà qualcosa da ridire- una vita più sana. Sì, e per questo ho deciso
di smettere di fumare! Vorrei però aggiungere subito che il giorno del mio
ottantesimo compleanno, e precisamente la mattina del mio ottantesimo
compleanno- chissà, magari saremo seduti qui tutti insieme come adesso-
ricomincerò a fumare. Quindi oggi non smetto definitivamente. Faccio solo una
pausa di quarant’ani. E vorrei anche dimagrire. Quanto credete che pesi?”
L’inizio è sconcertante: “Il mio primo
morto fu un pensionato”. E’ il protagonista del libro- lo scrittore stesso,
Joachim Meyerhoff, bambino di sette anni all’epoca- a raccontarlo, a mo’ di
introduzione di un’autobiografia che è una storia di famiglia e che prosegue
con un secondo capitolo ancora più sconcertante perché ci introduce, senza
alcuno schermo, nell’ambiente dei ‘diversi’. Il padre di Joachim era psichiatra
infantile e dell’adolescenza, direttore dell’ospedale psichiatrico regionale
che si chiama tuttora “Hesterberg”, il più grande del suo genere nello
Schleswig-Holstein, e la casa dove abitava con la moglie e i tre figli era al
centro dell’enorme area dell’ospedale. Per Joachim e i suoi fratelli era del
tutto normale vivere in prossimità di millecinquecento malati psichici,
minorati mentali e fisici. Tanto da poterci scherzare su, chiamandoli
spietatamente ‘idioti’, ‘scimuniti’, ‘ebeti’, ‘rinco’- più semplicemente
‘dementini’.
Era del tutto normale incontrare, attraversando i giardini per
uscire dall’area e andare a scuola, degli internati dai comportamenti stravaganti-
il Tarzan che si arrampicava sugli alberi, il finto controllore ai cancelli, la
ragazza che si scorticava la fronte per dipingere la strada con il sangue,
l’uomo che andava in giro con due campane. Normale sentire cori di urla di
notte che non disturbavano affatto il loro sonno tanto vi erano abituati. Per
noi lettori è inquietante, ci chiediamo che tipo di famiglia possa sopportare
questa quotidianità. E il terzo capitolo, “La colazione di compleanno”, ci
spalanca la finestra in casa Meyerhoff.
E’ il quarantesimo compleanno del padre, figura dominante del romanzo,
con la personalità di un gigante che rende tutto possibile e godibile. Tutto
ruota intorno a quest’uomo che affascina anche noi. Anche noi ci chiediamo-
come se lo chiederà più tardi suo figlio- da dove emani il fascino di
quest’uomo calvo e corpulento, donnaiolo impenitente (lo scopriremo dopo,
neppure noi badiamo agli indizi, come non può badarci il bambino che era
Joachim detto Josse) nonostante abbia al suo fianco la bella donna che è la
madre dei suoi tre figli maschi, sempre chiamati il fratello maggiore il
fratello di mezzo da Joachim. Forse sono i suoi occhi a conquistare le persone,
dolci e comprensivi. Forse il suo umorismo. Forse la sua cultura. Forse la sua
curiosità intelligente rivolta a tutto (quando Joachim adulto inizierà a
viaggiare, suo padre si documenterà sui luoghi in cui il figlio si reca,
finendo per saperne più di lui). Forse la sua infinita pazienza ed empatia
verso i ‘dementini’, la capacità di risolvere le situazioni più difficili in
cui sono coinvolti. Forse l’amore per la famiglia e i figli, la tenerezza nei
confronti del più piccolo anche dopo una giornata di lavoro stressante.
Joachim racconta. Flash sulla vita
quotidiana con due fratelli maggiori che sanno essere spietati con il minore.
Divertentissimi. La mamma che amerebbe vivere in un clima caldo, in Italia per
esempio. Joachim che si finge ammalato per godersi la proiezione di un film al
mattino. La stanza con gli acquari del fratello maggiore. Il funerale
dell’uccello morto. Il gioco di domande a tavola. La visita del primo ministro
con apparizione del pazzo di turno che minaccia di sparare con una pistola
giocattolo e il ministro che si getta a terra nel fango (esilarante). L’esame
per la patente di vela (ultima passione del padre)- uno dei ricordi più
grottescamente umoristici.
Poi la vita cambia rotta. Si
spezza qualcosa. Si susseguono grandi e piccole tragedie, la famiglia felice
non vive più nel giardino dell’Eden. Il primo segnale è la scena della mamma
che urla e gratta il tappeto. Joachim assiste, senza capire, sembra uno dei
comportamenti dei pazzi dell’ospedale. Niente sarà più come prima. Eppure,
nonostante tutto, la caduta del gigante è solo apparente. Il padre continua a
dominare la scena, sempre grande, nel tradimento, nell’allontanamento, nella
malattia, nella morte.
È un libro molto bello e insolito con quel
misto di commedia leggera e dramma, nello stesso tempo un omaggio al padre, un
messaggio d’amore alla famiglia, una testimonianza di possibilità di convivenza
con i ‘diversi’, la conferma del valore della memoria.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Joachim Meyerhoff sarà presente al Salone del Libro di Torino 2015
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