Voci da mondi diversi. Cina
Zhang Jie durante l'intervista del 2008 |
Una delle prime cose che ci dice
l’interprete cinese della scrittrice Zhang Jie, quando sente che l’intervista
verrà ‘pubblicata’ nel sito di Wuz, è che questa è una strana coincidenza: il
titolo originale in cinese di “Senza parole” suona proprio come wuz, quasi non credeva alle sue orecchie
quando lo ha sentito. E ci avvisa che Zhang Jie non ama domande che esulino dal
contesto del suo romanzo…
Il titolo del romanzo è “Senza parole”: non ci sono parole per dire
tutto sulla complessa storia della Cina? O lascia senza parole l’asprezza degli
eventi della storia in Cina?
Sì, è proprio così: la spiegazione del
titolo è in entrambi questi motivi. Ho scritto milioni di parole ma ugualmente
non esprimo tutto quello che vorrei. Mi sono state fatte tante domande sul
titolo, ma le sue domande corrispondono all’interpretazione più giusta.
Certamente è capitato anche a lei, è anche una sua esperienza personale, quella
di non riuscire a trovare le parole quando le accade qualcosa di così triste
che è sopraffatta, ammutolita dal dolore. Senza parole per scriverne.
Lei ha detto che ha impiegato dodici anni per scrivere questo romanzo:
che cosa ha richiesto tanto tempo? La ricerca del modo giusto per dire la
storia? Selezionare quello che voleva dire?
Ho impiegato dodici anni per intervistare
tanti personaggi storici che sanno cose molto diverse da quelle che ci vengono
ammannite dai normali canali di informazione. E poi c’è un altro motivo ancora
per cui ho impiegato tanto tempo: volevo scrivere un romanzo capolavoro e, dal
punto di vista artistico, io sono molto severa con me stessa. Rifletto a lungo
persino sulla posizione di un carattere di scrittura, se devo metterlo prima o
dopo. Un mio giovane amico me ne ha chiesto il perché, intanto il lettore non
bada a questi dettagli. Ma a me quello non importa, io bado ai dettagli. E’ come il falegname che intaglia un mobile e
ci vuole tanto tempo per fare un lavoro così anche su un mobile piccolo. Gli si
potrebbe chiedere a che cosa serve tanta fatica, ad esempio sul lato che
appoggia al muro, nessuno lo vedrà. Ma il falegname dirà, “io però lo vedo”. Ho
scritto il romanzo con metodo, con la stessa accuratezza con cui si scrivono
poesie. E mi sono stancata tantissimo a scrivere al computer, mi sono rovinata
la vista e ho avuto altri disturbi conseguenti alla tensione.
Chi c’è dietro le tre donne protagoniste del romanzo?
Non prendo mai una sola persona come
modello per i miei personaggi; la mia opera è come il mare che raccoglie tutte
le acque del fiume. E ci sono le gocce di ogni fiume nel mare ma è impossibile
distinguere a quale fiume appartengano le singole gocce. Questa è la differenza
tra la vera letteratura e la letteratura commerciale. Il significato di questo
libro è in questo mare.
La follia di Wu Wei: è soltanto una ragione personale che porta Wu Wei
alla follia, o la sua è una metafora per la follia come risultato del passato
della Cina?
Non rispondo mai alle interpretazioni del
lettore: preferisco che il lettore interpreti come vuole. A volte
l’interpretazione del lettore è inaspettata. Non voglio vantarmi, ma ritengo
che un bel romanzo debba lasciare molto spazio ai lettori.
L’ambientazione storica del romanzo ricopre maggiormente gli anni della
guerra Cina-Giappone e poi quelli della guerra tra nazionalisti e comunisti.
Come mai non affronta gli anni della Rivoluzione Culturale? Saranno per un
altro romanzo?
Ci sono altri due romanzi dopo questo, e in
questi romanzi che sono un tutto unico c’è la storia di 100 anni di Cina, ad
iniziare dalla guerra dell’oppio del 1840. Non si svolgono in maniera
cronologica ma c’è un intreccio di tempi, come già si vede in questo libro.
Sono un’intellettuale e a
Mao non erano graditi gli intellettuali, perciò sono stata mandata in un campo
di rieducazione per tre o quattro anni: il lavoro era molto pesante, mi sono
ammalata, ho avuto problemi con la schiena…Mao non ha dato fiducia alla classe
intellettuale. E per me è stato un grande riconoscimento, aver ricevuto ora un
premio da parte del governo comunista per questo romanzo.
Nel romanzo è citato un libro, “Il sogno della camera rossa”, che ho
trovato menzionato anche in altri romanzi di autori cinesi: è un testo così
fondamentale nella cultura cinese?
Per me non è un libro molto importante, non
mi piace neppure. E’ sempre citato perché non venivano scritti romanzi nella
letteratura cinese, il romanzo è una forma letteraria occidentale. Le opere più
belle della letteratura cinese sono quelle di poesia, di un tipo di poesia in
forma libera che può avere anche un solo carattere in un verso. E’ una forma di
poesia che è l’opposto di quella rigida tradizionale che segue regole ferree.
Ci vuole preparazione per questa poesia e ci sono pochi lettori. E ci sono solo
tre o quattro romanzi classici nella storia della letteratura cinese.
Ho letto con entusiasmo il suo romanzo, rallegrandomi che sia stato
tradotto. In un libro di uno scrittore cinese che ho letto di recente, un
personaggio accusa il mondo occidentale di sapere poco della letteratura
cinese, mentre i cinesi conoscono piuttosto bene i grandi scrittori del mondo
occidentale. Di chi è la responsabilità per la nostra mancanza di cultura?
Della scarsa curiosità degli occidentali o della cortina di segretezza che ha
sempre avvolto fino a tempi recenti l’Oriente?
Per nessuno dei due motivi. E’ un problema
di lingue troppo diverse, questo è stato l’ostacolo per lo scambio culturale.
La traduzione italiana di questo romanzo, ad esempio, ha una ventina di pagine
in meno dell’originale, perché troppo difficile da tradurre.
E tuttavia la diversità delle lingue non ha frenato la traduzione dalle
altre lingue, dall’inglese ad esempio, in cinese- come mai?
Perché i cinesi sono così intelligenti e
ci sono tanti studiosi che conoscono benissimo l’inglese… Il cinese è curioso e
aperto e supera le difficoltà. Ritengo che i cinesi siano più intelligenti
degli ebrei che hanno la fama di essere intelligentissimi. Sono curiosi e
sopportano la fatica, sono più temprati. Non so quanti scrittori ci siano, come
me, che impiegano dodici anni per scrivere un romanzo. Ho fatto grande fatica
ma sono ricompensata- anche se questa ricompensa mi è costata lacrime di
fatica.
Lei ha vissuto in prima persona i più grandi e traumatizzanti
avvenimenti del secolo XX e ora assiste ad un grande cambiamento. Ma è
radicalmente cambiata la Cina
o lo è solo in superficie che è diversa?
l'intervista è stata pubblicata su www.wuz.it
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