sabato 2 agosto 2014

Håkan Nesser, "Carambole" ed. 2006

                                                          cento sfumature di giallo                                        
                                                          vento del Nord
                                                          il libro ritrovato

Håkan Nesser, “Carambole”
Ed. Guanda, trad. Carmen Giorgetti Cima, pagg. 291, Euro 15,00
Titolo originale, “Carambole”
ISBN   88- 8246-746-5

Da qualche parte aveva letto che un uomo deve fare tre cose nel corso della sua esistenza. Crescere un figlio, scrivere un libro e piantare un albero.


    “La vita è una faccenda molto sopravvalutata. Anche se è meglio non scoprirlo troppo presto.”, dice Van Veeteren, il commissario protagonista dei romanzi polizieschi dello scrittore svedese Håkan Nesser. Una frase che rispecchia il carattere introverso e malinconico di questo personaggio che abbiamo lasciato ne “Il commissario e il silenzio” sul punto di ritirarsi in pensione. E infatti in “Carambole” Van Veeteren lavora in una libreria antiquaria di cui è comproprietario, quasi che sia meglio vivere la vita espressa a parole su pagine ingiallite dal tempo che combatterla nelle lacrime e nel sangue per le strade di Maardam, l’immaginaria cittadina in cui è stato capo della squadra omicidi per quindici anni. Eppure, anche se il commissario- come continuano a chiamarlo i colleghi con rispetto- non è il protagonista centrale, “Carambole” è forse il più bello della serie finora pubblicata. Non spetta al commissario svolgere l’inchiesta, anche se il suo contributo è importante, addirittura quasi risolutivo; questa volta Van Veeteren è coinvolto in quanto padre di una delle vittime, quel figlio Erich con esperienza di droga e di prigione per cui si addolorava nei romanzi precedenti. E per la prima volta non è solo per desiderio di giustizia che Van Veeteren vuole che il caso venga risolto- si tratta di suo figlio, impossibile non provare l’istinto di farla pagare al colpevole.
     La prima anomalia che riscontriamo in “Carambole” è nel fatto che sappiamo subito chi è l’assassino e ne conosciamo i meccanismi mentali, possiamo prevedere quali saranno le sue mosse. Inevitabili e concatenate. Tutto ha inizio ad una cena di amici, si beve di più di quello che passerebbe al test del palloncino, il futuro assassino che per ora è una normale persona rispettabilissima si mette ugualmente al volante- e neppure con incoscienza, forse più per pigrizia, perché è difficile trovare un taxi-, il tempo è brutto, pazienza, andrà piano. E però urta qualcuno, un tonfo leggero, si ferma. Il ragazzo è morto perché ha battuto la testa cadendo, non c’è niente da fare: perché mettere fine anche alla sua, di vita, costituendosi?
Ecco come il colpevole di un omicidio involontario diventa un assassino. Perché arriverà una lettera, lui metterà a tacere una persona (il figlio del commissario). Pensa sia tutto finito, e invece l’incubo continua. Il sapere chi sia l’assassino dovrebbe eliminare o quantomeno diminuire la tensione che è la molla dei romanzi polizieschi. Niente affatto, e qui sta l’abilità di Nesser, nel costruire una rete di suspense sottile intorno al doppio interrogativo sull’identità nominale dell’insospettabile assassino e del suo ricattatore, su quale posizione occupino nella scala sociale. Nello stesso tempo seguiamo il “farsi” di un assassino, siamo testimoni del dolore che non trova parole di Van Veeteren colpito in prima persona da questa morte violenta, impariamo a conoscere meglio i suoi colleghi che finora erano stati messi in ombra da lui. E concludiamo che è vero, che la nostra vita è come un tappeto verde da biliardo su cui rotoliamo come palle a cui è data velocità e direzione ma della cui traiettoria è impossibile sapere, una volta che si scontrano e girano impazzite e cambiano rotta in una carambola.

la recensione è stata pubblicata su www.alice.it



                                                                                         

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