Casa Nostra. Qui Italia
il libro ritrovato
Simone Sarasso, “Il paese che amo”
Ed. Marsilio, pagg. 578, Euro
19,50
Il giudice Ciaccia risponde senza peli sulla lingua: “Mimmé, al Nord
funziona diversamente, che te ne accorgi ora? Su da vvoi son gl’imprenditori
che pagano i politici per aggiudicarsi l’impiego. Qua al Sud- in Sicilia in
particolare- vige una legge diversa. Cosa Nostra non paga nessuno, né concorre
alle gare d’appalto, ma che scherzi? Arriva a giochi fatti e pretende una quota
del lavoro acquisito dall’imprenditore in cambio di protezione, capisci?”
Il titolo, “Il paese che amo”, sono le
parole con cui termina il libro- le parole con cui inizia il suo discorso
l’uomo che ha fondato da poco un nuovo partito e che mira a diventare
Presidente del Consiglio. Quello che porta scarpe con il rialzo, il signore
delle televisioni private che è sceso in campo perché “L’Italia me lo chiede”. E
non si sa se ridere o piangere davanti a queste dichiarazioni, perché noi
lettori sappiamo il ‘dopo’.
Nel romanzo di Sarasso il nome del
personaggio che, nel 1994, chiude un’epoca aprendone un’altra, è Mauro Fedele-
nessuno dei personaggi di Sarasso ha un nome riconducibile alla realtà, ma ci
vuole poco per individuare chi siano anche se, nella postfazione, l’autore
ribadisce quanto aveva precisato nei due precedenti libri della sua trilogia:
“Il paese che amo” è prima di tutto fiction,
è “un’inestricabile mescolanza di Storia e finzione”. Accettiamo quello che
dice Simone Sarasso, perché la grandiosità del suo romanzo sta proprio in
questo- nell’aver studiato (e con impegno non da poco), raccolto materiale,
tirato le fila di avvenimenti in apparenza scollegati che hanno avuto luogo in
Italia tra il 1981 (dopo la strage di Bologna con cui finiva “Settanta”) e il
1994, e averli rimaneggiati, ricuciti, reinterpretati in una maniera niente
affatto pedissequa ma brillante, scoppiettante, viva. Viva nelle parole dei
personaggi a ognuno dei quali Simone Sarasso attribuisce quei tocchi
caratterizzanti che li rendono unici e indimenticabili. Perché sono tanti i
personaggi che si muovono sulla scena e, come d’abitudine, Sarasso li introduce
tutti, uno dopo l’altro nei capitoli iniziali. Ci troviamo attorniati da loro-
Andrea Sterling, l’Uomo Nero dei Servizi Segreti che fa il lavoro sporco per lo
Stato, Mimmo Incatenato, l’integerrimo giudice calabrese che ora è sposato con
il giudice Rita Brigante, Ljuba Marekova, la biondina polacca che finirà per
diventare pornostar in Italia, Tito Cobra e i suoi garofani rossi, il mafioso
Salvo Riccadonna detto Dracula- e ci sentiamo un poco frastornati, come ci
succede quando leggiamo un romanzo russo, ci pare impossibile riuscire a
differenziarli, a ricordare tutti loro e quelli che hanno a che fare con loro,
e invece…, oplà, ecco il colpo della bacchetta magica di Sarasso. Un accenno al
passato, una parola in dialetto, uno sguardo all’incredibile azzurro degli occhi
di una, agli occhiali a specchio di un altro- lascia cadere dettagli come
sassolini, Sarasso, e intanto, senza neppure accorgercene, insieme a questi
personaggi siamo trascinati in un vortice di trame oscure grondanti sangue.
Pizza Connection e la raffineria di droga in Sicilia, il mistero delle imprese
che falliscono, chiudono e lasciano spazio ad altre nuove che poi falliscono e
chiudono a loro volta, il fiume dei soldi che scorre verso la Svizzera,
l’attentato al Papa,
il sequestro dell’Achille
Lauro (che non si chiama così nel libro, naturalmente) e la crisi di
Sigonella, l’incredibile vicenda della pornostar che diventa Onorevole,
l’esplosione dello shuttle e Chernobyl, la scoperta dell’esercito segreto
Gladio e le rapine-carneficine della Uno Bianca, Tangentopoli, i pentiti e il
Maxiprocesso degli uomini della Mafia, Falcone e Borsellino- altro ancora?
Non mi era mai capitato, leggendo un libro, di interrompermi così spesso
per fare ricerche su internet, per arpionare brandelli della mia memoria, per
agganciare ombre di ricordi. Perché una cosa è leggere gli articoli dei
quotidiani, giorno dopo giorno, per anni, con un fattaccio che viene spazzato
via e sostituito da un altro successivo, e una cosa del tutto diversa è leggere
una sequenza unica in cui è il mago scrittore che tira le fila, ammicca,
suggerisce, esplicita, mentre un gigantesco riflettore illumina la scena in
tutti i suoi angoli.
Quando terminiamo la lettura (e grazie al cielo ci sono
dei ‘buoni’ per cui tifare) ci sembra di soffocare sotto le macerie del paese
che amiamo. Ma no, non sono macerie, non sono neppure immondizie, è un’intera
montagna di escrementi (Sarasso userebbe una parola più cruda e più adatta al mondo
che descrive) che ci è precipitata addosso.
Simone Sarasso è un grande scrittore ed è
anche uno scrittore che ha coraggio- coraggio di affrontare la nostra Storia,
di scavare, di impegnarsi in ricerche e in prese di posizione, di non tacere.
Anche “Il paese che amo”, come i due romanzi precedenti, è un libro importante,
assolutamente da leggere. Con la speranza che venga il momento, per l’autore,
di affrontare il decennio successivo e restituircelo in un nuovo romanzo.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Simone Sarasso sarà presente al Festival della Letteratura di Mantova 2014
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