martedì 12 agosto 2014

Meir Shalev- Intervista all'autore de "Il ragazzo e la colomba" 2008

                                                        Voci da mondi diversi. Medio Oriente

                       
INTERVISTA A MEIR SHALEV


Se ci chiedessero quale sia la letteratura più viva e più ricca e più profonda dei nostri tempi, non avremmo esitazioni, e diremmo che è quella israeliana. Ne è un’ennesima conferma “Il ragazzo e la colomba”, il nuovo romanzo di Meir Shalev, scrittore nato nel 1948 in Israele di cui abbiamo già apprezzato “Per amore di una donna”, “Il pane di Sarah”, “La montagna blu”, “Fontanella”, tutti editi da Frassinelli. Abbiamo parlato del suo libro con l’autore.

“Il ragazzo e la colomba” è una splendida storia d’amore- e soltanto alla fine sappiamo fino a che punto sia veramente splendida- e tuttavia, un po’ per il fatto che la colomba è un personaggio vero e proprio, a sé stante, del libro, non possiamo fare a meno di pensare che il romanzo sia anche qualcosa d’altro. Un romanzo sull’amore fra gli esseri umani, sulla pace e la fratellanza: è tutto questo il suo romanzo?
     Sapevo fin dall’inizio che la colomba è un uccello altamente simbolico, un simbolo della pace, prima di tutto. Dello spirito santo per i cristiani, nel diluvio biblico. E però nel mio romanzo la colomba, o meglio il piccione viaggiatore, è una metafora della casa e dell’amore per la casa, e naturalmente è un postino. Un mezzo per consegnare lettere.

Mi sembra di avere osservato un cambiamento in questo romanzo, come se Lei avesse ristretto il campo di osservazione. Mi sbaglio? Oppure c’è stato un cambiamento in Lei?
    E’ vero, c’è un cambiamento: il romanzo ha meno personaggi degli altri miei precedenti romanzi. E forse la storia è più semplice, più lineare. Ma non c’è stato nessun cambiamento in me, tranne il fatto che invecchio tra un romanzo e l’altro.

Entrambi i due filoni di storie sono molto belli: è stato difficile per Lei trovare un equilibrio, non dare un peso maggiore all’uno o all’altro? Perché per il lettore è sempre un grande godimento seguire la storia che sta leggendo, senza avere il desiderio di finire quella per iniziare a leggere l’altra, e questo è un risultato fantastico.
    Grazie per il complimento. Il problema è stato decidere il tempo e il luogo esatto in cui far convergere le storie per farle diventare una sola.

Come avviene spesso nei suoi romanzi, la madre è il personaggio di maggior rilievo: c’è una persona vera dietro Raya?
   Raya ha molto di mia madre, sia dal punto di vista intellettuale che emozionale. Ma la storia della sua vita è completamente diversa, e pure il suo aspetto fisico è quello di un’altra donna.

L’altro personaggio dominante è quello di Meshullam, che io ho amato più di qualunque altro: che cosa, o chi, ha contribuito alla ‘creazione’ di Meshullam?
    Niente e nessuno in particolare. Assomiglia un poco al mercante di bestiame di “Per amore di una donna”, ma è più simpatico.

In entrambe le storie si parla molto di uccelli ed è tutto molto interessante, anzi è tutto affascinante. Sapeva già così tanto sui piccioni viaggiatori e su come addestrarli, prima di scrivere il libro? E’ anche Lei appassionato di bird-watching?  

    No, non faccio bird-watching ma conosco molto bene la natura in Israele. Quanto ai piccioni- ho dovuto fare un grosso lavoro di ricerca. Tutto quello che sapevo dei piccioni era che servivano per lo stufato che cucinava mia nonna nel villaggio, quando ero bambino.

C’è una parola non tradotta nel romanzo, yayl, e da appassionata linguista mi domandavo quale fosse il suo significato esatto. Si capisce che non può essere tradotta con una sola parola…
    Yayla in turco è la dimora estiva dei pastori sulle montagne.

Yayl ha molto a che fare con l’altro profondo significato del romanzo, il bisogno di una ‘casa’. ‘Casa’ è soltanto la casa o è anche il paese a cui si appartiene?
    In questo libro è solo la casa, ma naturalmente ha a che fare con il paese, la lingua, la cultura…

Lei vive in un luogo in cui è difficile vivere mantenendo la pace interiore: le è di aiuto lo scrivere?
     Non scrivo per sfuggire alla realtà israeliana: fa parte della mia vita e non disturba la mia scrittura. Mi hanno offerto spesso di soggiornare in altri paesi per scrivere, ma non ho mai accettato. Ho bisogno della mia atmosfera e del mio posto qui, dove vivo.

l'intervista è stata pubblicata su www.stradanove.net


    

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