martedì 5 agosto 2014

Håkan Nesser, "Un corpo sulla spiaggia" ed. 2012

                                                      cento sfumature di giallo
                                                      vento del Nord
                                                      il libro ritrovato

Håkan Nesser, “Un corpo sulla spiaggia”
Ed. Guanda, trad. Carmen Giorgetti Cima, pagg. 310, Euro 18,00
Titolo originale: Ewa Morenos fall

“Ripeto: c’è un pedofilo alla centrale di polizia di Maardam. Alla omicidi. Ha pagato diecimila gulden alla mia fonte perché non facesse il suo nome. Sarebbe sciocco pagare se fossimo candidi come un giglio, tu che dici?”
    Cosa dia…? Pensò Moreno. Cosa diavolo sta dicendo costui?

      C’è qualcosa, nei romanzi di Håkan Nesser, che li distingue dagli altri romanzi svedesi di indagine poliziesca. C’è un interesse umano, una comprensione per le sofferenze e le colpe dei personaggi che diventano ‘persone’, che non troviamo nelle opere di altri scrittori. Quasi come se il delitto su cui si indaga fosse di scarso interesse in confronto con la psicologia e i moventi di coloro che sono coinvolti.
   L’ispettore di polizia, protagonista di “Un corpo sulla spiaggia”, non è né il tormentato van Veeteren con i figli problematici, né Gustav Barbarotti con la sua famiglia allargata. Si chiama Ewa Moreno, ha trentadue anni e un nuovo fidanzato (o amico? o amante?- lei stessa se lo domanda spesso) con cui andrà a passare quindici giorni di vacanza a Port Hagen, sul mare. E’ luglio, fa molto caldo, Ewa non vede l’ora di partire. Ma le viene affidato un incarico spiacevole: un detenuto vuole parlare con lei e solo con lei. Le farà (naturalmente per qualcosa in cambio) il nome di un giornalista che ha incassato diecimila gulden per non denunciare un pedofilo che è…uno della polizia. Un collega di Ewa. Forse qualcuno che lei ha sempre stimato. E’ spiacevole, a dir poco, dover sospettare di chi lavora al nostro fianco.
    Questo è il filone sottotono della trama, resta sullo sfondo, il pedofilo sarà scoperto alla fine. Intanto, però, è come un leit motiv di accompagnamento alla trama principale. Sul treno che la porta a Port Hagen Ewa incontra una ragazza giovane. Piange. Ha appena compiuto diciotto anni, si chiama Mikaela Lijphart. Nel giorno del suo compleanno la madre le ha rivelato che suo padre non è l’uomo di cui porta il nome. Suo padre è Arnold Maager ed è in manicomio da sedici anni. Era stato accusato di aver ucciso una ragazza sedicenne che era incinta di lui. Un’accusa infamante per chiunque, di più ancora per lui che era l’insegnante della ragazza. Ewa simpatizza con Mikaela e quando, alcuni giorni dopo, scopre per caso che è scomparsa, non può fare a meno di partecipare alle indagini, anche se è in ferie. Scompare anche Arnold Maager…Due bambini, scavando una buca sulla spiaggia, trovano il cadavere di un uomo sepolto nella sabbia…

    Il romanzo è iniziato con le vicende della ragazza morta nel 1983 del cui assassinio Arnold Maager è stato giudicato colpevole. Va da sé che quanto accade ora, nel 1999, sia connesso con quella tragica storia che ha causato la rottura di una famiglia e la follia di Arnold. Ma come? Che cosa c’è di nuovo? Scopriremo che, tutto sommato, c’è più di una connessione, stretta o remota, con il caso dell’ignoto poliziotto pedofilo. Perché “l’essere umano è un animale dall’anima molto sporca. Ed è molto bravo a lavarla.” La conclusione del romanzo ci lascia con sentimenti ambigui- la consapevolezza del peso di qualunque nostra azione, delle ripercussioni gravi che un attimo di leggerezza, di un comportamento irresponsabile o di una mancanza di freni possono avere, non solo su chi si è macchiato di una qualsivoglia colpa ma anche su chi gli sta intorno; la convinzione che un’autocondanna può essere peggiore della pena inflitta da un giudice; e infine la riflessione che a volte può essere meglio che un crimine vada impunito, perché- dove sta la giustizia?

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it

    


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