cento sfumature di giallo
vento del Nord
INTERVISTA A Håkan Nesser, autore de
“L’uomo senza un cane”
Era intitolata “Gli assassinii del grande Nord” la serie
di eventi del Festival della Letteratura di Mantova con la presenza di quelli
che- parafrasando il titolo- potremmo chiamare “i grandi scrittori di romanzi
polizieschi del Nord”: Håkan Nesser, Anne Holt, Leif Persson, Maj Sjöwall. Ne
mancavano alcuni, ma è già stato di grande interesse poter incontrare questi.
Di Håkan Nesser avevamo già letto e recensito “L’uomo senza un cane”- ne
abbiamo parlato con lui.
In questo suo nuovo libro c’è un nuovo ispettore, Gunnar Barbarotti.
Era stanco di Van Veeteren? Aveva paura che i lettori si fossero stancati di
lui? E aveva bisogno di attribuire un padre italiano a Barbarotti per
accentuare il cambiamento?
A dire il vero, era lui che si era stancato
di me…No, il fatto è che avevo deciso che avrei scritto dieci libri con Van
Veeteren e quindi sapevo di essere arrivato all’ultimo. E poi volevo che
fossero dieci bei romanzi. Penso che sia bene sapere quando ci si deve fermare.
Ma no, non mi sono stancato di lui, in un certo senso ne sento la mancanza,
però lui è sempre lì, che lavora nel campo dell’antiquariato, mi telefona ogni
mese e mi dice, “Basta libri con me”. Non penso che i lettori ne abbiano avuto
abbastanza di lui, i lettori svedesi sapevano che ci sarebbero stati dieci
romanzi con lui. Quanto a Barbarotti, mi piaceva il nome, ma non avevo
intenzione di scrivere una nuova serie, e infatti Barbarotti appare tardi nel
romanzo. Doveva essere soltanto un libro di un dramma famigliare visto da
angoli diversi. Ma a pagina 250 avevo bisogno di un ispettore. Non volevo
scrivere un romanzo di indagine poliziesca, poi mi è apparso Barbarotti- come
se si fosse presentato sulla porta, era simpatico. Mi ha detto, “guarda, vengo
nel romanzo, ma ci starò solo per quattro o cinque libri”. Non so proprio
perché sia per metà italiano…non ne sono certo, ma forse il padre apparirà
nell’ultimo libro.
Sì, abbiamo bisogno di questa dimensione e
abbiamo bisogno di spiegazioni. C’è una ricerca esistenziale che si pone delle
domande del tipo, da dove veniamo?, e come si fa ad essere delle brave
persone?, o, perché sono qui? Nel primo libro i colloqui di Barbarotti con Dio sono
una specie di scherzo, più in là la sua ricerca di Dio diventa più seria e più
reale. Se c’è un Dio penso che sia un gentiluomo.
Oppure una gentildonna, no? se pensiamo a un Dio della pace, forse
sarebbe meglio pensare ad una gentildonna…
Certo, ha ragione, una
gentildonna, perché no?
In un certo senso “L’uomo senza un cane” è una saga famigliare; è un
romanzo su di una famiglia e sui crimini in famiglia, anche quelli silenziosi:
è questo il nocciolo del romanzo? Le ferite che si possono infliggere a chi ci
è più vicino?
Forse sì, è il nocciolo del romanzo. In un
romanzo con crimine puoi avere un centro fluttuante, di modo che non si possa
dire ‘questo’ è il centro. “L’uomo senza un cane” è un dramma silenzioso della
famiglia. Le famiglie sono tutte più o meno disfunzionali e, quando accade
qualcosa, la situazione peggiora.
Nel romanzo c’è un altro dettaglio che lo allaccia alla società
contemporanea: uno dei personaggi appare in un reality show e si comporta in
maniera che lo ricopre di vergogna e, nello stesso tempo, rivela la sua
solitudine. Al di là del desiderio di soldi, che cosa c’è dietro i reality
show?
La ricerca della fama senza aver fatto
niente. Diventare famosi solo per essere là. E’ tutto così superficiale, vuoi
essere là e poi che fai? Sorridi, ti togli i vestiti…Negli anni ‘60 si pensava
alla solidarietà, ora è tutto individualistico. Il risultato è la solitudine,
che è una malattia.
Un altro filone interessante nel romanzo: l’omosessualità. Pensavamo
che l’omosessualità fosse comunemente accettata nella Svezia liberale; il
romanzo però mostra che non è così: ci sono due Spezie con diversi
atteggiamenti morali?
Sì, ho vissuto a New York, dove
una persona su due è gay e non c’è nessun problema, nessuno stress, eppure la situazione
non è la stessa negli stati centrali dell’America.. In Svezia gli omosessuali
in genere sono accettati- il problema nel libro è che il ragazzo è omosessuale
ed è lui stesso che non vuole accettarlo, perciò per lui è uno shock quando
incontra l’altro ragazzo.
Volevo domandarle se avremo altri romanzi con Van Veeteren, ma mi ha
già detto prima di no; avremo allora altri romanzi con Gunnar Barbarotti?
Ci saranno cinque storie diverse con Gunnar
Barbarotti, e saranno diverse anche per forma e struttura. Il terzo della
serie, poi, è ancora più diverso, perché è più romanzo che romanzo di indagine
poliziesca.
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