domenica 31 agosto 2014

Duong Thu Huong, "Paradise of the blind"

                                                         Voci da mondi diversi. Asia
                                                          fresco di lettura
   in altre lingue

Duong Thu Huong, “Paradise of the blind”
  Ed. William Morrow, pagg.258, $ 14,99


Anni ‘80 del ‘900. Un treno che viaggia verso Mosca. Una ragazza vietnamita, Hang, una ‘lavoratrice esportata’ presso una fabbrica tessile, sta andando dallo zio, su richiesta di questi. Gli è debitrice, perché è lui, un quadro del Partito, che si è adoperato perché ottenesse quel lavoro in Russia. Durante il viaggio, avvolta in uno scialle di lana imprestato per difendersi dal freddo, Hang ricostruisce i ricordi, la storia della sua famiglia tra guerre, discordie interne, amori e separazioni forzate, miseria e orgoglio.
    L’evento storico da cui prende l’avvio il romanzo è la fine del dominio coloniale francese nel 1954, quando, in seguito agli accordi di Ginevra, il 17° Parallelo fu fissato come linea di demarcazione fra il Nord e il Sud. A Nord il leader rivoluzionario Ho Chi Minh guidava il governo Viet Minh della Repubblica Democratica del Vietnam proclamata nel 1945, mentre al Sud Ngo Dinh Diem, il leader appoggiato dagli americani, diventava presidente dell’appena istituita Repubblica del Vietnam (1955). Prima ancora di impadronirsi di Hanooi nel 1956, Ho Chi Minh e il suo governo cercarono un appoggio per la resistenza anti-francese lanciando una campagna di riforma terriera nelle campagne del nord, seguendo l’esempio cinese e russo. Sono questi gli antefatti da tenere a mente per entrare nell’atmosfera del romanzo “Paradise of the blind” di Duong Thu Huong, per capire la frattura famigliare quando la madre di Hang, appena ventenne e innamoratissima dell’insegnante Ton, è costretta a separarsi dal marito la cui famiglia è accusata di essere ‘padroni terrieri’, ‘sfruttatori dei contadini’, ‘nemici del popolo’, solo perché possedevano campi coltivati a riso che peraltro coltivavano e raccoglievano loro stessi, in particolare Tam, sorella di Ton. L’uomo incaricato di mettere in atto la riforma terriera nel villaggio è Chinh, unico fratello della madre di Hang.


     Lo zio Chinh è il principale protagonista maschile del romanzo. E’ l’uomo gretto e limitato che esegue gli ordini ciecamente, bada al proprio interesse, teme che qualunque macchia su qualcuno afferente alla sua famiglia possa rovinargli la carriera nel Partito. Al punto che ostacola il lavoro della sorella Que, misera venditrice di cibo pronto su una bancarella del mercato- anche un’occupazione come quella viene considerata non in linea con le direttive del Partito, un inizio di capitalismo. Paradossalmente saranno proprio i già scarsi guadagni di Que che aiuteranno la famiglia di Chinh dove i due bambini soffrono la fame. Eppure Que non dovrebbe proprio aiutare suo fratello- è quello che le ripete la cognata Tam: Chinh è un criminale, Chinh è responsabile della morte di suo fratello, marito di Que, padre di Hang che è cresciuta orfana. Ma qui entrano in gioco altri fattori, un intreccio fitto di sentimenti e di lealtà che sono alla base della società vietnamita, l’essenza e la ragione di vita per le tre donne del romanzo, Que, Tam e Hang. Per la famiglia si fa tutto. Nelle vene di Que scorre lo stesso sangue di Chinh e lei non può fare a meno di aiutare lui e i suoi figli, anche a costo di far patire la fame alla sua propria figlia. E’ questo quello che la zia Tam non può tollerare. Perché in Hang scorre il sangue del fratello Ton, Hang è l’ultima della loro famiglia, tutti i risparmi che Tam ha accumulato, frutto di un duro lavoro dopo che il governo ha fatto marcia indietro sulla Riforma Terriera, sono per la nipote, perché mangi, perché abbia begli abiti, perché possa andare all’università, perché possa elevarsi al di sopra della loro famiglia. E se sua cognata, la madre di Hang, devia il cibo o il denaro destinato a Hang verso la sua, di famiglia, questo è tradimento, prima di tutto nei confronti di Ton, che si è tolto la vita non sopportando l’umiliazione.

    E veniamo al cibo, su cui indugiano tanti dei ricordi di Hang. Cibo come vita, come amore, come tributo di omaggio, come rituale per celebrare i vivi e i morti. Nella nostra civiltà dell’abbondanza e dello spreco abbiamo perso di vista la qualità essenziale del cibo e il messaggio che contiene. Le pagine di “Paradise of the blind” ce lo ricordano, lo riconducono al significato primario di legame affettivo che garantisce il benessere della persona amata.

    La pubblicazione di questo libro, che descrive un paradiso che è tale solo per i ciechi con le conseguenze disastrose di alcune politiche dei regimi comunisti, è stata vietata in Vietnam, come pure quella degli altri romanzi di Duong Thu Huong.


Nessun commento:

Posta un commento