sabato 2 agosto 2014

Håkan Nesser, "L'uomo senza un cane" ed. 2008

                                                         cento sfumature di giallo
                                                         vento del Nord
                                                          il libro ritrovato

Håkan Nesser, “L’uomo senza un cane”
Ed. Guanda, trad. Carmen Giorgetti Cima, pagg. 443, Euro 18,00

Titolo originale: Människa utan kund


Era stato quando sua moglie Helena lo aveva abbandonato- quattro anniprima, all’età di quarantun anni- che Gunnar Barbarotti aveva fatto un patto con Dio.
   Il patto riguardava l’esistenza o meno di Dio. Della propria, Gunnar Barbarotti era anche fin troppo dolorosamente consapevole. Lui ed Helena erano stati sposati quindici anni, avevano tre figli e scoprire all’improvviso, praticamente da un giorno all’altro, di appartenere al Club degli Scaricati, o CDS, l’aveva portato a dubitare di tutto.

    Simpatico Gunnar Barbarotti. Simpaticissimo Gunnar Barbarotti, l’ispettore che è il nuovo protagonista dell’ultimo romanzo dello scrittore svedese Håkan Nesser, sostituendo il commissario Van Veeteren che in “Carambole” partecipava all’indagine non a pieno titolo, perché già in pensione. Lungi da noi essere nazionalisti, perché non abbiamo molto di cui vantarci oggigiorno, ma forse sono i geni ereditati dal padre italiano che aggiungono vivacità al personaggio, una brillantezza, un fondo di allegria nonostante le vicissitudini private, che il cupo Van Veeteren non possedeva. Ci ritroviamo spesso a sorridere, leggendo “L’uomo senza un cane”, - cosa che non ci capitava con i pur molto belli romanzi precedenti di Nesser-, perché Gunnar Barbarotti (che aveva corso il rischio di chiamarsi Giuseppe Larsson, se non fosse stato per la madre che voleva assolutamente un nome ‘sano e nordico’ e non ‘meridionale o da ballerino di tango’) ha un umorismo da freddure nella gelida Svezia di dicembre in cui la temperatura si aggira sui dodici gradi sotto zero a Kymlinge, dove si svolge il romanzo.
    Le indagini poliziesche di Håkan Nesser hanno raramente un inizio cruento; lo scrittore preferisce irretire il lettore in un’atmosfera colma di presagi, ammassando nere nubi foriere di tempesta. Che attendiamo, caricandoci di elettricità come i personaggi del libro, senza sapere con quale violenza scoppierà. C’è una famiglia al centro del romanzo, in apparenza una famiglia modello ma, come spesso avviene, anche gli Hermansson hanno una doppia faccia- una per gli altri e una che ognuno di loro singolarmente vede, guardandosi allo specchio. Sia Rosemarie sia il marito Karl-Erik sono insegnanti appena andati in pensione; la primogenita Ebba è primario chirurgo, più o meno felicemente o infelicemente sposata e ha due figli adolescenti; il figlio Robert è separato dalla moglie ed è da dieci anni che cerca di scrivere un romanzo; Kristina, infine, può permettersi di non lavorare grazie ai soldi del marito.

Il 18 dicembre, due giorni prima dei festeggiamenti per i ‘105 anni’- i 65 del marito e i 40 della figlia Ebba- Rosemarie si sveglia soppesando due possibilità: uccidere il marito oppure se stessa. Perché non ne può più di quel marito che, in un discorso elogiativo, è stato definito ‘una quercia pedagogica’. Per l’appunto, è una quercia, che nessuno riesce a smuovere da qualunque cosa decida. Ed è sempre stato lui a decidere nella loro vita. Questa è l’unica anticipazione che facciamo al lettore sui retroscena famigliari- gustosi, divertenti, drammatici- che porteranno al caso di cui si occuperà Barbarotti: il 20 dicembre scompaiono sia Robert sia il figlio maggiore di Ebba. Non insieme, ma entrambi senza lasciare traccia.
     “L’uomo senza un cane” non è soltanto un’indagine alla ricerca di un assassino, ma anche un’indagine dentro l’anima, un’esplorazione delle conseguenze del continuo attrito tra personalità diverse, dei piccoli crimini coniugali che passano sotto silenzio perché non c’è un cadavere che renda necessario l’intervento della polizia. Perché –nei versi di OscarWilde- ogni uomo uccide la cosa che ama/ eppure non ogni uomo muore per questo. Parlando della coppia si finisce per forza a parlare anche dei figli e dei rapporti tra genitori e figli- fino a che punto l’intelligentissima Ebba conosce i suoi figli? Non c’entra proprio nulla la quercia-Karl Erik nell’esibizione di Robert al reality show? Riuscirà Gunnar Barbarotti a creare un buon rapporto con i due figli rimasti con la moglie, così come quello che ha con la figlia che ha scelto di vivere con lui?

Alla fin fine, quello che ci colpisce in questa detective story che coinvolge una famiglia, è il non detto contenuto nel titolo del romanzo mai finito di Robert: la solitudine di ogni personaggio. Come quella dell’uomo di cui sappiamo soltanto che non ha neppure un cane. 

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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