il libro ritrovato
Tan Twan Eng, “Il giardino delle nebbie notturne”
Ed. Elliot, trad. Manuela
Francescon, pagg. 368, Euro 18,50
Titolo originale: The Garden of Evening Mists
Una volta che avrò perduto la
facoltà di comunicare con il mondo esterno, mi resterà solo la memoria. I
ricordi saranno il banco di sabbia che si staccherà dalla riva sotto la spinta
della marea. Col passare del tempo anch’essi saranno sommersi, diventeranno
inaccessibili. L’idea mi terrorizza. Perché cosa resta di una persona quando
non ha più i ricordi? Un fantasma intrappolato fra i mondi, senza identità,
senza futuro, senza passato.
Malesia. Sul finire degli anni ‘80. Il
giudice Yun Ling Teoh ritorna a Yugiri, un tempo splendida casa con un rinomato
giardino giapponese- ora sia la casa sia il giardino hanno bisogno di parecchio
lavoro per essere di nuovo come erano in passato.
Sempre Yugiri, ma nel 1951: la
ventottenne Yun Ling, assistente avvocato nel tribunale che persegue i crimini
di guerra, si è presa una pausa da un lavoro che le annienta l’anima ed arriva
sull’altopiano del Cameron dove sarà ospite di un amico di famiglia,
proprietario di piantagioni di tè. Yun Ling ha uno scopo: incontrare lo schivo
Aritomo, il giapponese che è stato il giardiniere dell’imperatore e che ora ha
creato per sé il giardino di Yugiri, per chiedergli di realizzare per lei un
giardino in memoria di sua sorella. Aritomo rifiuterà ma le proporrà, invece,
di diventare sua apprendista per offrire lei stessa un giardino giapponese alla
sorella che si era innamorata dei giardini durante un viaggio con la famiglia
in Giappone e che era morta in un campo di prigionia giapponese.
Yugiri: Nebbie
notturne è la traduzione del nome del giardino, protagonista straordinario
del bellissimo romanzo di Tan Twan Eng, vincitore del Man Asian Literary Prize.
E una leggera nebbia di mistero avvolge sempre il giardino e i personaggi- a
tratti si dirada, mentre ognuno di loro confida una parte della sua storia, mai
tutta interamente, perché restano zone buie, angoli inesplorati di un giardino
dell’anima che ha bisogno di un raggio di sole, di un soffio che spazzi il
dolore del ricordo. Proprio come avviene per l’area del giardino in cui Aritomo
ha ‘dipinto’ le due gocce del Tao, il bene e il male, positivo e negativo,
tagliando l’erba ad altezza diversa in un disegno che si rivela solo con il
vento e una certa luce.
Quando il Giappone invase la
colonia britannica di Malesia l’8 dicembre 1941, lo stesso giorno dell’attacco
di Pearl Harbor, le forze inglesi non fecero nulla per difendere la popolazione
e Yun Ling e sua sorella, appartenenti ad una famiglia cinese, erano state
deportate in un campo di prigionia. Dopo- a guerra finita- Yun Ling aveva fatto
indagini per ritrovare quel campo, per dare sepoltura alla sorella. Non era
riuscita a sapere nulla- sembrava che nessuno avesse mai sentito parlare di
quel campo di cui Yun Ling era l’unica sopravvissuta. Perché era un segreto che
doveva essere difeso così strenuamente? Che cosa c’era nelle casse che i
prigionieri trasportavano nella miniera che era stata fatta saltare in aria?
Le ferite che Yun Ling ha
riportato dalla prigionia non sono solo le dita che le mancano sulla mano
sinistra (e lei è mancina). Sono il ricordo del viso della sorella obbligata a
compiacere le voglie dei giapponesi, dei mezzi che Yun Ling ha usato per
vivere, per sopravvivere, ad ogni costo, ad onta di tutto. Sono l’odio e la
rabbia che si porta dentro: come può creare un giardino giapponese, l’essenza
della calma e del vuoto, se si porta dentro questo furore? Come può lavorare
fianco a fianco con un giapponese,
anzi con il giardiniere giapponese dell’imperatore,
con un uomo che ogni mattina si inchina tuttora davanti all’immagine di
Hirohito, come lei è stata obbligata a fare nel campo?
truppe giapponesi entrano a Kualu Lumpur |
Il romanzo di Tan Twan Eng procede con la
stessa accurata pazienza che un giardiniere impiega nel suo lavoro. Aritomo
diceva: “Prenditi buona cura del giardino e il giardino conserverà i ricordi al
posto tuo”. Diceva anche: “Una vecchia casa possiede un suo gruzzolo di ricordi”.
Ecco, è il tesoro della memoria che la non più giovane Yun Ling è tornata a
cercare a Yugiri. Ha una malattia, che non è demenza, che non è Alzheimer, che
le farà perdere i ricordi, che la renderà incapace di capire il mondo che la
circonda. Tra il presente degli anni ‘80, in cui forse- ma solo forse- si
arriva a capire perché Aritomo sia scomparso all’improvviso trentaquattro anni
prima, e il passato del 1951 e 1952 ancora traboccante della sofferenza della
guerra, il romanzo si snoda lungo i sentieri del giardino, spiegandoci le
tecniche del giardinaggio e il significato di ogni sasso e della sua
collocazione, raccontandoci più di una storia d’amore, illustrandoci le
xilografie di Aritomo e mostrandoci, da ultimo, un inaspettato e fantastico horimomo, il tatuaggio a corpo intero,
quasi un colorato batik sulla pelle.
Un libro indimenticabile, di quelli che
vorremmo non finissero mai.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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