domenica 22 febbraio 2015

Tan Twan Eng, “Il giardino delle nebbie notturne” Ed. 2013

                                                             Voci da mondi diversi. Asia
                                                             il libro ritrovato


Tan Twan Eng, “Il giardino delle nebbie notturne”
Ed. Elliot, trad. Manuela Francescon, pagg. 368, Euro 18,50
Titolo originale: The Garden of Evening Mists

Una volta che avrò perduto la facoltà di comunicare con il mondo esterno, mi resterà solo la memoria. I ricordi saranno il banco di sabbia che si staccherà dalla riva sotto la spinta della marea. Col passare del tempo anch’essi saranno sommersi, diventeranno inaccessibili. L’idea mi terrorizza. Perché cosa resta di una persona quando non ha più i ricordi? Un fantasma intrappolato fra i mondi, senza identità, senza futuro, senza passato.

    Malesia. Sul finire degli anni ‘80. Il giudice Yun Ling Teoh ritorna a Yugiri, un tempo splendida casa con un rinomato giardino giapponese- ora sia la casa sia il giardino hanno bisogno di parecchio lavoro per essere di nuovo come erano in passato.
Sempre Yugiri, ma nel 1951: la ventottenne Yun Ling, assistente avvocato nel tribunale che persegue i crimini di guerra, si è presa una pausa da un lavoro che le annienta l’anima ed arriva sull’altopiano del Cameron dove sarà ospite di un amico di famiglia, proprietario di piantagioni di tè. Yun Ling ha uno scopo: incontrare lo schivo Aritomo, il giapponese che è stato il giardiniere dell’imperatore e che ora ha creato per sé il giardino di Yugiri, per chiedergli di realizzare per lei un giardino in memoria di sua sorella. Aritomo rifiuterà ma le proporrà, invece, di diventare sua apprendista per offrire lei stessa un giardino giapponese alla sorella che si era innamorata dei giardini durante un viaggio con la famiglia in Giappone e che era morta in un campo di prigionia giapponese.

    Yugiri: Nebbie notturne è la traduzione del nome del giardino, protagonista straordinario del bellissimo romanzo di Tan Twan Eng, vincitore del Man Asian Literary Prize. E una leggera nebbia di mistero avvolge sempre il giardino e i personaggi- a tratti si dirada, mentre ognuno di loro confida una parte della sua storia, mai tutta interamente, perché restano zone buie, angoli inesplorati di un giardino dell’anima che ha bisogno di un raggio di sole, di un soffio che spazzi il dolore del ricordo. Proprio come avviene per l’area del giardino in cui Aritomo ha ‘dipinto’ le due gocce del Tao, il bene e il male, positivo e negativo, tagliando l’erba ad altezza diversa in un disegno che si rivela solo con il vento e una certa luce.
Quando il Giappone invase la colonia britannica di Malesia l’8 dicembre 1941, lo stesso giorno dell’attacco di Pearl Harbor, le forze inglesi non fecero nulla per difendere la popolazione e Yun Ling e sua sorella, appartenenti ad una famiglia cinese, erano state deportate in un campo di prigionia. Dopo- a guerra finita- Yun Ling aveva fatto indagini per ritrovare quel campo, per dare sepoltura alla sorella. Non era riuscita a sapere nulla- sembrava che nessuno avesse mai sentito parlare di quel campo di cui Yun Ling era l’unica sopravvissuta. Perché era un segreto che doveva essere difeso così strenuamente? Che cosa c’era nelle casse che i prigionieri trasportavano nella miniera che era stata fatta saltare in aria?
Le ferite che Yun Ling ha riportato dalla prigionia non sono solo le dita che le mancano sulla mano sinistra (e lei è mancina). Sono il ricordo del viso della sorella obbligata a compiacere le voglie dei giapponesi, dei mezzi che Yun Ling ha usato per vivere, per sopravvivere, ad ogni costo, ad onta di tutto. Sono l’odio e la rabbia che si porta dentro: come può creare un giardino giapponese, l’essenza della calma e del vuoto, se si porta dentro questo furore? Come può lavorare fianco a fianco con un giapponese, anzi con il giardiniere giapponese dell’imperatore, con un uomo che ogni mattina si inchina tuttora davanti all’immagine di Hirohito, come lei è stata obbligata a fare nel campo?
truppe giapponesi entrano a Kualu Lumpur
    Il romanzo di Tan Twan Eng procede con la stessa accurata pazienza che un giardiniere impiega nel suo lavoro. Aritomo diceva: “Prenditi buona cura del giardino e il giardino conserverà i ricordi al posto tuo”. Diceva anche: “Una vecchia casa possiede un suo gruzzolo di ricordi”. Ecco, è il tesoro della memoria che la non più giovane Yun Ling è tornata a cercare a Yugiri. Ha una malattia, che non è demenza, che non è Alzheimer, che le farà perdere i ricordi, che la renderà incapace di capire il mondo che la circonda. Tra il presente degli anni ‘80, in cui forse- ma solo forse- si arriva a capire perché Aritomo sia scomparso all’improvviso trentaquattro anni prima, e il passato del 1951 e 1952 ancora traboccante della sofferenza della guerra, il romanzo si snoda lungo i sentieri del giardino, spiegandoci le tecniche del giardinaggio e il significato di ogni sasso e della sua collocazione, raccontandoci più di una storia d’amore, illustrandoci le xilografie di Aritomo e mostrandoci, da ultimo, un inaspettato e fantastico horimomo, il tatuaggio a corpo intero, quasi un colorato batik sulla pelle.
    Un libro indimenticabile, di quelli che vorremmo non finissero mai.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it




                                                                                   


Nessun commento:

Posta un commento