Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
il libro ritrovato
Stefan Merrill Block, “La tempesta alla porta”
Ed. Neri Pozza, trad. Stefano
Bortolussi, pagg. 376, Euro 17,50
Titolo originale: The Storm at the Door
“Sapete che papà ha avuto un anno molto difficile. Sono sicura che vi
siete rese conto che non era più lui. Tutte quelle sfuriate, tutte quelle notti
fuori. Saremmo dovuti intervenire prima. La verità è che è semplicemente molto
stanco, e così abbiamo deciso che la cosa migliore per lui sia il riposo. C’è
un posto che ha suggerito lo zio George, si chiama Mayflower ed è vicino a
Boston. Non sarà per molto, ma lì potrà riposare…”
Una serata con gli amici. Un uomo ha
bevuto troppo (gli succede spesso). Pensa di fare qualcosa di spiritoso, dopo
tutto si erano divertiti quando aveva fatto una cosa simile ai tempi (lontani)
dell’università. Si spoglia, indossa l’impermeabile di uno degli amici ed esce.
Quando raggiunge una strada (non molto trafficata, a dire il vero) spalanca le
falde dell’impermeabile ogni volta che vede sopraggiungere un’automobile.
Arriva la polizia. I famigliari decidono che per lui sia meglio essere
ricoverato in una casa di cura per malati mentali piuttosto che finire in
prigione. Questo libro, “La tempesta alla porta”, è la sua storia. Storia, in
parte vera e in parte ricreata con l’immaginazione, di Frederick Merrill, nonno
del giovane scrittore che ci aveva anticipato qualcosa del romanzo, quando lo
avevamo incontrato in occasione della pubblicazione di “Io non ricordo”.
In un certo senso “La tempesta alla porta”
completa la narrazione del libro precedente, pur non avendo nessun personaggio
in comune. Tuttavia Stefan Merrill Block ci aveva detto come quel romanzo fosse
nato dai ricordi della sua infanzia, dal trauma della morte della nonna
ammalata d’Alzheimer. Anche ne “La tempesta alla porta” la nonna- qui chiamata
con il suo vero nome, Katharine- muore cadendo dalle scale, di notte. E la
storia raccontata è sia quella del nonno Frederick sia quella della donna al
suo fianco, la nonna Katharine che, rimasta sola con quattro figlie, si era
trovata ad affrontare prima la decisione difficile di far internare il marito,
poi il senso di colpa, i dubbi sull’efficacia delle cure, i problemi economici
e quelli famigliari. Non da ultimo, i sussurri di biasimo e i pettegolezzi dei
benpensanti. Ma “La tempesta alla porta” è qualcos’altro ancora- e ci viene in
mente “Qualcuno volò sul nido del cuculo”, il romanzo di Ken Kesey del 1962 da
cui è stato tratto il film con la strepitosa recitazione di Jack Nicholson nel
1975: è il racconto della vita all’interno di un manicomio o, se vogliamo
essere politicamente corretti, di una casa di cura per malati mentali. Nel
McLean Hospital, che è tuttora uno degli ospedali psichiatrici più importanti
d’America e che nel libro viene chiamato Mayflower Home, fu ricoverato
Frederick Merrill, afflitto da un disturbo bipolare, e la vita quotidiana dei
pazienti- alla mercé delle teorie del direttore dell’istituto, istupiditi dalle
medicine, sottoposti a terapie di elettroshock non sempre giustificati- è una
discesa negli abissi di una doppia follia, tanto più vertiginosa e sofferta
quanto più il paziente era ai margini, in bilico tra sanità e pazzia.
Dall’”Elogio della follia” di Erasmo da
Rotterdam a “Amleto” e “Re Lear”, dal bellissimo “Pazzia” del cinese Ha Jin a
“Follia” di Patrick McGrath o, per restare in ‘casa nostra’, a “Le libere donne
di Magliano” di Mario Tobino, il tema della follia ha sempre esercitato il suo
fascino, ponendo il quesito se la pazzia sia una malattia o la manifestazione
di un’altra realtà in cui le emozioni si esplicitano in una maniera diversa. I
casi dei pazienti ricoverati alla Mayflower Home sono quanto mai varii: il famoso
poeta Lowell che non sembra affatto ammalato e il veterano di guerra a cui è
rimasto uno solo dei quattro arti (come si possono non capire certi suoi
comportamenti?), l’ebreo che ha perso la moglie nell’Olocausto e che studia
linguaggi che esistono solo per i suoi orecchi e il pazzo più famoso che può
assumere quindici personalità diverse. Ma naturalmente è il nonno Frederick che
interessa lo scrittore più di ogni altro e si avverte un’angoscia profonda
nella ricostruzione della sua storia, nel cercare di capire. Questa è la storia
del padre di sua madre ed è inevitabile che il giovane Stefan Merrill Block,
guardandosi allo specchio e notando la sua somiglianza con il nonno che conosce
dalle foto, si ponga domande sull’ereditarietà, sulla possibilità che le crisi
di insonnia che ha avuto siano avvisaglie di una malattia bipolare che è nei
geni famigliari. E allora il sorriso che può strappare, a tratti, questo
romanzo, si spegne e la tempesta che rese più facile il suicidio del veterano
di guerra sembra bussare alla porta anche adesso. Almeno negli incubi.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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