Voci da mondi diversi. Francia
FRESCO DI LETTURA
Sorj Chalandon,
“Chiederò perdono ai sogni”
Ed. Keller, trad. Silvia Turato, pagg. 286, Euro 14,03
Titolo originale: Retour
à Killybegs
“Ora che tutto è venuto allo scoperto, saranno loro a parlare al mio
posto. L’IRA, i Britannici, la mia famiglia, persone a me vicini e giornalisti
che non mi hanno mai incontrato. Alcuni oseranno spiegarvi perché e per come
sono arrivato a tradire. Forse scriveranno su di me dei libri, e questo mi
manda in bestia. Non ascoltate nulla di quello che diranno. Non fidatevi dei
miei nemici, e ancor meno dei miei amici. Fuggite quelli che sosterranno di
avermi conosciuto. Nessuno è stato dentro la mia testa, nessuno. Se oggi parlo,
è perché sono l’unico a poter dire la verità. Perché dopo di me, spero nel
silenzio”.
Nel dicembre del 2005 Denis Donaldson, volontario nelle file dell’IRA e
membro del movimento indipendentista Sinn Féin, ammise pubblicamente di essere
stato un informatore britannico per venticinque anni. Il 4 aprile del 2006
Denis Donaldson fu trovato morto, ucciso con arma da fuoco, in un cottage fatiscente
nel Donegal. L’assassinio fu rivendicato, tre anni dopo, dalla Real IRA, una
branca dissidente dell’IRA contraria al processo di pace.
Denis Donaldson, con il nome fittizio di
Tyrone Meehan, è il protagonista del romanzo “Chiederò perdono ai sogni” di
Sorj Chalandon, una sorta di seguito, oppure un romanzo parallelo, ma con un
altro punto di vista, al precedente, “Il mio traditore”. Sorj Chalandon era
amico di Denis Donaldson e la sua ammissione di colpevolezza era arrivata come
un fulmine. Per Chalandon, l’Antoine de “Il mio traditore”, il francesino di
“Chiederò perdono ai sogni”, il tradimento era stato doppio e ancora più
doloroso: Denis aveva tradito l’amicizia oltre a tradire la causa. Nel primo
romanzo è lui, l’amico, in primo piano, nel secondo, pubblicato da poco dalla
casa editrice Keller, è Tyrone Meehan che racconta, che ci dà la sua versione
dei fatti, che narra la storia d’Irlanda invecchiandosi un poco rispetto a
Denis Donaldson in modo da portare sulla scena anche il padre, il vecchio
combattente che aveva già preso parte alla guerra in Spagna e che non si era
mai saputo rassegnare alla perdita delle sei contee del Nord rimaste sotto
l’odiato governo britannico.
Nella sua confessione Donaldson non rivelò
perché fosse diventato un informatore, disse solo che era stato reclutato
dall’MI5 in un momento della sua vita in cui era molto vulnerabile. E Chalandon
immagina un possibile ricatto nei giorni di fuoco di quelli che solo gli
inglesi, con un eufemismo di tipico understatement,
potevano chiamare “the troubles”. Quando Belfast era spaccata in due, l’area
abitata dai protestanti e quella dei cattolici, con le barricate per le strade,
gli incendi e le bombe, i carri armati e gli arresti, i morti e il tricolore
della Repubblica che sventolava sfrontatamente, un’offesa per i lealisti.
Tyrone Meehan aveva tenuto in mano una pistola a quattordici anni, a
diciassette era entrato nelle fila dei Fianna e aveva conosciuto quasi subito
la prigione. Dentro e fuori prigione, mentre diventava uno dei leader, un eroe.
Il peggio sarebbero stati gli anni nella famigerata prigione di Long Kesh, dove
i detenuti, reclamando il diritto di essere riconosciuti come prigionieri
politici, rifiutarono la divisa carceraria coprendo la nudità con una coperta
(e fu ‘la protesta delle coperte’). Sono pagine tremende, quelle in cui Tyrone
Meehan ricorda la bestialità a cui i prigionieri si erano ridotti, defecando
nelle mani e lordando le pareti delle celle (e fu ‘la protesta sozza’). Senza
che Margaret Thatcher cedesse. Altre pagine tremende quando, nel 1981, iniziò
lo sciopero della fame e, come in una litania, scorrono i nomi dei morti (Bobby
Sands è il più famoso), la loro età, i giorni di sciopero.
Tyrone alterna il racconto del passato con
quello del presente, nel 2006, quando è ritornato a Killybegs, nel cottage di
suo padre nel Donegal. E’ un uomo finito, il tradimento è stato scoperto, lui
beve aspettando la morte. Non fa nulla per nascondersi, sa che arriveranno prima
o poi, dentro di sé sa anche che è quello che si merita.
Ho pensato al libro di Amos Oz, “Giuda”,
leggendo “Chiederò perdono ai sogni”. Sia Oz sia Chalandon cercano di capire
che cosa ci sia dietro al tradimento e si chiedono se questo possa essere
interpretato come necessario per un altro fine. Giuda si è impiccato. Il
tormento di Tyrone Meehan è percepibile in ogni pagina. Se deve cedere, se deve
tradire, che almeno gli sia concesso di non dover fare nomi, perché il suo
tradimento possa salvare delle vite, possa disinnescare le bombe, possa
cambiare il corso della Storia. E, quando la realtà lo investe, ne è
annientato.
Sorj Chalandon riesce nel
difficile compito di farci empatizzare con il suo protagonista senza
giustificarlo. Non lo giustifica e neppure lo giudica. In questo libro di una
bellezza terribile (come quella di cui parla Yeats) Chalandon vuole dirci che
chi ha vissuto in tempi terribili può essere stato costretto a fare, suo
malgrado, cose terribili.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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