Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
FRESCO DI LETTURA
Lisa Genova, “Still
Alice”
Ed. Piemme, trad. Laura Prandino, pagg. 293, Euro 16,90, e-book Euro 6,99
Titolo originale: Still
Alice
Avrebbe
voluto proseguire e invece si bloccò. Si guardò indietro, dall’altra parte
dell’incrocio. La donna dai capelli a paglietta perseguitava un altro peccatore
lungo il passaggio. Il passaggio, l’hotel, i negozi, le strade si snodavano
senza logica. Sapeva di essere in Harvard Square, ma non sapeva da che parte
fosse casa sua.
“Questa è la storia più triste che abbia mai raccontato”: ho
pensato alla frase iniziale del romanzo “Il buon soldato” di Ford Madox Ford,
leggendo “Still Alice” di Lisa Genova. Ho pensato- anche se non è affatto una
tragedia di amore e morte come “Romeo e Giulietta”- al verso di Shakespeare “For never was a story of more woe”, “mai
ci fu una storia di più grande dolore”, per quella parola, ‘woe’, che è quasi
un gemito: la storia di Alice Howland, a cui è stata diagnosticata una forma
presenile di Alzheimer, è la storia più triste e dolorosa che abbia mai letto. Nel
giro di due anni Alice, un dottorato in psicologia, insegnante di psicologia
cognitiva alla Harvard University, ricercatrice nel campo della linguistica che
ha tenuto conferenze in tutto il mondo, non è più indipendente, non è più in
grado di leggere, non è capace di vestirsi, non sa riconoscere la propria casa
e, quello che è infinitamente peggio, non sempre riconosce il marito e i tre
figli. Forse neppure una malattia terminale può essere una sorte peggiore.
Proprio perché questa ha davanti un termine, mentre il futuro di Alice si
allunga informe davanti a lei, infinitamente diversa da quella che era e
tuttavia sempre la stessa persona, still
Alice nonostante tutto.
Inizia con una parola che non le viene in mente, mentre sta parlando ad
un seminario dell’Università di Stanford. Forse è colpa del bicchiere di
champagne. O del jet lag. Poi dimentica sbadatamente il BlackBerry al
ristorante. Capita a tutti, no? Poi, durante la sua corsa giornaliera per
mantenersi in forma, non sa dove si trova, quando si ferma. Sa di essere in
Harvard Square, quante volte è passata di lì?, eppure non ha la minima idea di
dove debba dirigersi per andare a casa.
Il seguito è un passo dopo l’altro, una caduta vertiginosa alla fine,
verso l’abisso della perdita di sé. Ogni passo è un frammento di memoria o di
capacità connettiva che si smarrisce e noi assistiamo allo sconcerto,
l’incredulità, poi la certezza, la speranza nelle cure per arrestare o
rallentare il deterioramento, il senso di colpa per aver tramandato ai figli e
forse anche ai nipoti un patrimonio genetico imperfetto. Proviamo la stessa
fitta al cuore del marito quando Alice lotta per mettersi un reggiseno,
scoprendo che non ce la fa perché ha in mano un paio di mutandine, e lo
comprendiamo quando, nonostante l’amore che la lega a lei, non rinuncia
all’offerta di lavoro a New York: non è per mancanza di amore, il contrario
anzi, se rifiuta di prendersi l’ultimo anno sabbatico insieme ad Alice. Come
potrebbe resistere tutto il giorno, tutti i giorni di tutto un anno a vedere
come si sta riducendo la moglie, avendo in mente quello che era?
Lisa Genova, laureata in neuropsichiatria
a Harvard e studiosa del cervello e delle sue malattie, ha scritto un libro
bellissimo sul dramma di una donna che a poco a poco non riconosce più se
stessa, sullo strazio di chi le vuol bene che assiste impotente al
disintegrarsi delle sue capacità, sulle difficoltà di organizzare la vita
quotidiana di un ammalato di Alzheimer che deve essere sorvegliato in ogni attimo
della giornata. Stupisce, nel libro di Lisa Genova, la capacità della
scrittrice di essere nello stesso tempo scienziata e romanziera, di essere
esauriente, senza mai essere pedante, nell’analisi clinica della malattia e di
immedesimarsi nella mente di Alice e dei famigliari che la circondano, di
creare su carta dei personaggi vivi impossibili da dimenticare e di raccontarci
l’incalzare dei giorni di due lunghissimi anni in discesa con un linguaggio
preciso, curato, bello da leggere. Stupisce ancora di più che abbia dovuto
pubblicare a sue spese la prima edizione del libro. Il successo che è seguito e
il film che ne è stato tratto, con l’interpretazione di Julianne Moore, sono il
più che giusto riconoscimento.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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