Diaspora ebraica
FRESCO DI LETTURA
Miranda
Richmond Mouillot, “Qualunque cosa accada”
Ed. Rizzoli, trad. Chicca Galli,
pagg. 332, Euro 19,00
Titolo originale: A Fifty-Year Silence
Nella prima foto, il nonno era in
posa dietro la nonna, con la mano appoggiata sulla sua spalla. Lei aveva i
capelli corvini pettinati all’indietro e raccolti in un ordinato chignon e
indossava una camicetta aderente e una gonna nera. Fissava sorridendo
l’obiettivo. Lui, in camicia e cravatta, guardava serio in alto. La foto mi
sorprese, non perché li ritraeva insieme ma piuttosto perché non avevo mai
visto i miei nonni così normali.
“A fifty-year silence”. Il titolo originale del libro di Miranda
Richmond Mouillot dice già tanto: non si parlavano da cinquant’anni, i suoi
nonni. Lui, Armand Jacoubovitch, viveva in Svizzera, dove aveva trovato rifugio
durante la seconda guerra mondiale, scappando da Strasburgo. Lei, Anna, aveva
scelto gli Stati Uniti. Lui aveva lavorato come interprete al processo di
Norimberga contro i crimini nazisti. Lei era medico specializzato in malattie
polmonari. Parlare della nonna, anche solo menzionarla di sfuggita in presenza
del nonno, significava suscitare la sua ira. Armand aveva parole durissime nei
confronti della donna che aveva sposato nel 1942. Perché? Che cosa era
successo?
“Qualunque cosa accada” è un libro
dedicato a loro e alla loro storia. Una storia di guerra e di fuga, di pericoli
e di paura, di generosità e di gelosie, di amore e di un sentimento che non è
l’opposto dell’amore- che è indifferenza- ma di odio. Per Miranda, che vuol
molto bene alla nonna ed impara a voler molto bene a quel nonno burbero e
scontroso, maniaco e irascibile, diventa importantissimo ricostruire il loro
passato perché quel passato appartiene anche a lei e forse appartiene a tutti,
intrecciato com’è con la storia d’Europa. Miranda inizia la sua ricerca, fissa
una cronologia di date collegate ai luoghi dove Armand ed Anna si trovavano
nello scorrere degli anni, prima di tutto risale a dove e come si siano
conosciuti- deve essere stato un incontro di quelli che lasciano il segno, se
Armand si era portato via un piattino del caffè e lo aveva regalato come pegno
alla nonna che lo teneva sempre con sé. A guardare quelle date, sembrava che le
loro strade si fossero incrociate solo per brevi periodi. Ma allora? Che tipo
di amore era?
Quello di Miranda è un lungo e paziente
lavoro di ricerca. Parla con la nonna, ancora molto vivace anche se parecchio
sorda, le scrive, ne riceve delle lettere. Parla con il nonno- era una
ragazzina quando la nonna le aveva suggerito di andare a stare da lui a
Ginevra, e da allora Miranda vi era tornata spesso, aveva finito per diventare
il suo angelo custode quando i segni del morbo di Alzheimer si erano
evidenziati e lui, ormai ricoverato, gridava e insultava le infermiere che
chiedevano a Miranda se fosse un sopravvissuto dell’Olocausto. Ci vuole una
pazienza da certosino per mettere insieme i pezzi delle due vite- saltano fuori
fotografie in cui Miranda ‘legge’ gli sguardi e l’atteggiamento, domandandosi
che cosa provassero i nonni nell’attimo dello scatto, si fanno dei nomi di
amici, di persone che li hanno aiutati mentre fuggivano, per lo più ognuno per
proprio conto, verso il sud della Francia, poi, con l’aiuto di un passeur, in Svizzera, l’esperienza
dei campi di rifugiati, la fame (sono entrambi magrissimi nelle fotografie), la
fine della guerra e la consapevolezza dell’enormità di quanto era successo, il
lavoro costante della nonna e, infine, quello di traduttore del nonno a
Norimberga, qualcosa di cui lui non aveva mai voluto parlare. La nonna si era
inoltrata nella guerra con la sua baldanza e il suo inguaribile ottimismo, la
sua certezza che tutto accade per un motivo. Il nonno aveva reagito in maniera
opposta, il tarlo delle parole udite a Norimberga- solo parole finché la sua
attenzione era impegnata a tradurre- aveva lavorato in profondità nel suo
animo, corrodendolo. La ‘sua’ guerra non era la guerra di Anna. Non potevano
più capirsi.
Miranda Richmond Mouillot deve aver
ereditato il carattere della nonna eccezionale, perché fa di questo libro di
ricordi una straordinaria storia di quattro amori: quello difficile e
tormentato di Anna e Armand, il suo, di Miranda, verso entrambi i nonni, verso
il ragazzo francese che diventerà suo marito e verso una casa nei pressi di
Alba, nel sud della Francia, che aveva visto la fine del matrimonio dei nonni. La
casa di La Roche è quasi diroccata adesso, Miranda e Julien cercano di renderla
di nuovo abitabile: c’è una storia segreta nascosta fra quelle mura e l’istinto
di Miranda le dice che lei ne fa parte, che lei appartiene a quel luogo. La
vita prevale sulla morte in questo bel libro che ci fa conoscere l’Olocausto da
un’angolazione diversa.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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