vento del Nord
cento sfumature di giallo
FRESCO DI LETTURA
Leif Persson, “La vera storia del naso di Pinocchio”
Ed. Marsilio, trad. Katia De
Marco, pagg. 617, Euro 16,58
Titolo originale: Den sanna historien om Pinocchios näsa
Nell’estate del 1907, la famiglia di Biondi
riceve nella grande casa di Firenze la visita di un lontano parente della nonna
di Anna Maria. Ed è proprio per lei che l’ospite passa da Firenze, almeno
secondo le lettere inviate al marchese e padre di famiglia prima del suo
arrivo. Si chiama principe Sergej, appartiene alla grande casa dei Romanov,
lontano parente dello zar, e come tutti i membri di quella famiglia è
immensamente ricco. Inoltre è un pessimo russo, nel senso che preferisce vivere
gran parte della sua vita in Europa, lasciando che siano gli amministratori a
occuparsi delle sue enormi proprietà terriere in Russia, dalla Carelia al Nord
fino a Baku sul mar Caspio al Sud.
Ingredienti per un giallo: mettete insieme un coniglio vittima di
maltrattamenti, un barone amico del re di Svezia aggredito con un catalogo
d’arte arrotolato, un avvocato noto per essere il difensore della malavita
trovato morto nella sua casa (insieme al suo cane), il commissario più
antipatico, odioso, spregevole, disgustoso della scena letteraria di genere- il
nuovo romanzo del criminologo svedese Leif Persson si annuncia fin dalle prime
pagine come divertente. Anzi, più che semplicemente divertente, il divertimento
sfocia nel grottesco, a ben osservare. Che cosa ci può essere di più assurdo di
darsi tanto da fare per un coniglio? E poi- ma che arma è un catalogo d’arte
(la vittima nega che ci sia stata l’aggressione)? Quanto al commissario Evert
Bäckström, è una vecchia conoscenza, il personaggio su cui Leif Persson sfoga
il suo malcontento, la sua insoddisfazione, la sua rabbia impotente verso i
peggiori membri del corpo di polizia che ha avuto occasione di conoscere. E Evert
Bäckström è talmente grandiosamente negativo, talmente traboccante di vizi e
comportamenti disonesti da essere un gigante grottesco di cui si può parlare
solo con selvaggia ironia.
Il nocciolo della trama de “La vera storia
del naso di Pinocchio” è un traffico di opere d’arte russe un tempo appartenute
ad un re svedese che aveva sposato una principessa russa (matrimonio finito
male). Le icone non sono di particolar pregio ma nella collezione c’è anche un
pezzo straordinario, sia per la manifattura sia per la storia che c’è dietro.
Si tratta di un carillon raffigurante Pinocchio, con tanto di naso che si
allunga mentre suona la musica e Pinocchio sta dicendo bugie e si ritrae appena
il carillon si ferma.
E’ opera del famoso Fabergé, l’artista delle splendide uova
che lo zar regalava alla moglie e alla madre per Pasqua. Il carillon con
Pinocchio era stato fatto per lo zarević Aleksej. Tra
quante mani è passato il carillon di Fabergé? Di certo ha un valore enorme. Se
l’avvocato ucciso era un tipo ambiguo, un trafficante imbroglione, il nostro Evert
Bäckström non è da meno ed è questo che, come al solito, rende così
interessante il romanzo di Persson, l’inestricabile intrecciarsi del male con
il bene apparente, l’insinuarsi del male e della corruzione ad ogni livello della
società, lo smascheramento di istituzioni in cui un tempo si riponeva fiducia.
Leif Persson è uno scrittore coraggioso,
non teme gettare il sospetto sulla casa reale- sospetto infondato nel caso del
bottino d’arte, ma sappiamo che il re di Svezia è stato molto ‘chiacchierato’
per altro e non è al di sopra di ogni illazione-, inizia il romanzo con grande
slancio facendoci pensare che stia godendo pure lui a scrivere questa nuova
storia che sembra paradossale, poi, però, si dilunga un po’ troppo e finiamo
anche per stancarci e ridere amaro della stupidità vanagloriosa di Bäckström,
dei colpi di scena e dell’apparizione di nuovi personaggi su una scena già
affollata. Peccato, perché all’interno di un romanzo già intrigante ci sono due
piccoli romanzi gioiello collegati alla trama ma anche vere e proprie ‘storie a
sé’, lunghe digressioni sulla ‘vera storia del naso di Pinocchio’ che sono un
affascinante tuffo nel passato della Russia zarista, dell’Inghilterra durante
la seconda guerra mondiale con un aggancio perfino all’Italia. Ed è anche una
splendida trovata, quella di raccontare del famoso burattino bugiardo di
Collodi per parlare della menzogna diffusa ovunque, della maschera che nasconde
le vere fattezze dei più.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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