cento sfumature di giallo
vento del Nord
INTERVISTA A LEIF PERSSON, autore di “In caduta libera come in un sogno”
Fa caldo nella Mantova dei primi
di settembre dove incontriamo Leif Persson che è stato invitato al Festival
della Letteratura, insieme ad altri grandi ‘giallisti’ del Nord. Lui sbuffa,
soffre il caldo- gli facciamo notare che, di recente, proprio in alcuni romanzi
polizieschi svedesi e norvegesi, abbiamo letto di crimini che venivano commessi
in un clima molto caldo e quindi non deve essere una novità per lui. Non
risponde, ma lascia intendere che il caldo di Svezia e Norvegia è un’altra
cosa. Iniziamo allora a parlare con lui del suo ultimo romanzo sul caso del
Primo Ministro assassinato nel 1986.
Quando ho letto il suo primo romanzo, “Tra la nostalgia dell’estate e
il gelo dell’inverno”, non avevo la minima idea che sarebbe stato il primo di
una trilogia, “La caduta dello Stato Sociale”: aveva in mente l’intero schema,
quando ha scritto il primo romanzo? Sapeva che avrebbe terminato con il caso
Olof Palme?
Sì, avevo un’idea dettagliata del piano
dell’opera, perché avevo fatto una sinossi, avevo abbozzato le tre parti.
Doveva venirne fuori una trilogia che potesse essere letta anche separatamente,
avrei costruito delle storie diverse ma con lo stesso tema: il culmine sarebbe
stato l’assassinio di Olof Palme e il periodo in cui visse- gli anni ‘60 e ‘70
erano fondamentali nella storia svedese. Quando, nel 1986, Palme fu
assassinato, fu la crisi dello Stato Sociale- dopo ci furono dei governi
conservatori-liberali. Se sei dell’idea che la solidarietà sia importante, ti
mette tristezza vedere oggi la gente che dorme per strada. La Svezia ha imboccato la
strada materialista, quella della soddisfazione individuale, del raggiungimento
di obiettivi individuali. Oggi la
Svezia è simile agli stati sulla costa orientale d’America.
Più ancora che romanzi polizieschi, i suoi libri sono dei ‘noir’ che
ritraggono un’intera società senza dare una soluzione ai suoi mali. Siamo
soliti pensare che nell’Europa del Nord si viva in Stati ideali. I suoi romanzi
sembrano negare ciò: è questo il motivo per cui ha messo il caso Palme al
centro della trama?
Avevo delle ragioni personali: avevo passato migliaia di ore a
investigare l’assassinio di Palme, che è il caso più complesso e ancora
irrisolto che mai si sia presentato. Ed è raro che non si trovi la soluzione
quando la vittima è una persona di quel livello. Ero curioso del caso, volevo
scriverne per scrollarmelo dalla mente. Fu un crimine estremamente semplice ma
talmente perfetto che la verità non è stata ancora scoperta. Il fatto che
proprio quella sera Palme avesse ‘licenziato’ le guardie del corpo è quello che
mi fa pensare ad una cospirazione. Palme fu ucciso per motivi politici da
persone che avevano buone informazioni sui suoi giri e sapevano come prenderlo.
In apparenza la trama di questo romanzo è semplice, è un’inchiesta su
un assassinio su cui c’è un’enorme collezione di materiale: come le è stato
possibile consultare i documenti? Sono aperti al pubblico per la consultazione?
Ho potuto consultare il materiale del caso Palme perché ho lavorato per
più di trent’anni con la polizia di Stato- è un materiale che non sarà mai
accessibile al pubblico. E sì, una parte del libro è verità documentata, una
parte è invenzione- volevo esprimere la mia opinione su quanto accaduto. Una
terza parte, infine, non so se sia vera o falsa, è una possibilità. E’ così che
funziona un romanzo: prendi la verità e la mescoli con le invenzioni.
Leggendo, abbiamo l’impressione che non siano solo Johansson e Lisa e Anna
a studiare i documenti per scoprire qualcosa di nuovo, ma anche Lei: quanto è
stato coinvolto personalmente nell’analisi di questo caso?
Ero affascinato da questa indagine. Mi interessavano i documenti: ho
passato mesi a studiarli. C’erano così tante domande e nessuna risposta. E
questa montagna di carta- è tutto un pasticcio.
Quanto è plausibile la traccia della polizia, cioè di un colpevole che
appartenga al corpo di polizia?
Io sostengo una teoria della cospirazione
non estrema, diciamo che c’è stata un certo grado di cospirazione. In casi così
eclatanti, molto spesso i colpevoli sono persone vicino alla vittima, persone
che dovrebbero difenderla e che sono quindi molto informate, che possono
osservarla da vicino. Questa è la mia opinione, perché il mio rovello è- perché
mai non c’erano le guardie del corpo? Ci sono buoni motivi empirici per
giustificare la mia teoria.
Lei insegna criminologia: quanto pesa la comprensione della mente di un
criminale nella risoluzione di un caso?
Ho un orientamento più forense- mi pongo le
domande: dove? quando? come? osservo il modo di operare di una persona: uno che
si comporta così, che tipo di persona è? La personalità dell’assassino viene
fuori dall’analisi di un delitto. Mi appoggio alle statistiche, mi chiedo: come
si procede in delitti del genere? E per quello che riguarda questo delitto? In genere ho ragione
l’85 % delle volte. Se sbaglio, molto spesso ho sbagliato perché c’è qualcosa
di nuovo e allora mi serve per imparare.
Nella mia
esperienza di lettrice non ricordo molti personaggi principali che siano così
sgradevoli, odiosi, corrotti, e si potrebbero aggiungere chissà quanti altri
aggettivi negativi, come Backström: perché ha messo un personaggio così a
fianco di Johansson?
Backström nella serie televisiva |
La faccenda è che ho
incontrato persone così nella polizia…La maggior parte dei romanzi polizieschi
tende a idealizzare i personaggi. Spesso, invece, i poliziotti non sono così
bravi: ci sono dei bravi poliziotti e dei poliziotti molto, molto meschini.
Johansson annuncia il suo ritiro in pensione, alla fine: leggeremo dei
romanzi con un altro ispettore come protagonista?
Ho in mente ancora una storia con lui- sarà
“Il poliziotto che muore”: Johansson è già in pensione ma, per coincidenza,
salta fuori qualcosa su un vecchio caso e allora lui ritorna in pista…
l'intervista è stata pubblicata su www.wuz.it
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