domenica 21 dicembre 2014

Arnaldur Indriðason, “Un doppio sospetto” ed.2011

                                                                vento del Nord
 cento sfumature di giallo
il libro ritrovato



Arnaldur Indriðason, “Un doppio sospetto”
Ed. Guanda, trad.Silvia Cosimini, pagg. 316, Euro 18,00

   Un uomo avvicina una ragazza in un bar. Lei indossa una maglietta con la scritta San Francisco. La città americana è un pretesto per iniziare a chiacchierare. I due escono insieme dal locale. Due giorni dopo arriva la denuncia alla centrale di polizia di Reykjavíc: un uomo è stato trovato morto nel suo appartamento. Indossa una maglietta insanguinata con la scritta San Francisco, ha la gola tagliata, forse con un rasoio, forse con un coltello.
    La novità del nuovo thriller dello scrittore islandese Arnaldur Indriðason, “Un doppio sospetto”, è che non c’è più Erlendur Sveinsson a guidare le indagini bensì la sua collega Elínborg. L’agente triste ossessionato dalla vicenda della sua infanzia- la tempesta che lo aveva sorpreso con il fratellino e la scomparsa di questi- è partito per quindici giorni di ferie nei fiordi orientali ed Elínborg si trova a sostituirlo insieme a Sigurður Óli.
E’ una sostituzione casuale ma, per parecchi versi, adeguata al caso. Perché Runólfur, il giovane morto, risulta essere un personaggio con dei problemi comportamentali: la causa è forse da cercarsi nella stretta educazione che gli ha dato la madre? E Elínborg- un figlio adottivo, tre figli suoi- è una madre che si interroga di continuo sulle sue responsabilità nei confronti dei figli: in che cosa ha sbagliato per far sì che il nipote di suo marito che loro avevano adottato scegliesse di andare a stare con il padre naturale che neppure conosceva? E il suo primogenito che tiene un blog che infastidisce Elínborg e che già parla di cercarsi un appartamento- perché lo fa? E come incoraggiare la figlia minore di intelligenza superiore alla media?
C’è un altro motivo ancora per cui Elínborg è adatta a questa indagine: è probabile che sia stata una donna ad uccidere Runólfur. Nella sua gola sono state trovate pasticche del farmaco chiamato ‘la droga dello stupro’, alla polizia sono arrivate parecchie denunce di donne violentate dopo una serata in cui di certo avevano bevuto ma non così tanto da far perdere loro la memoria di quanto fosse successo. E’ stato un assassinio dettato dalla vendetta?
    Conosciamo bene il passo lento dei romanzi di Arnaldur Indriðason- di una lentezza che non annoia ma che invita a riflettere, che è specchio di uno stile di vita che forse va cambiando, per quanto possibile, nell’imitazione del modello americano. Sappiamo che il pregio dei suoi libri non è nel ritmo concitato, nella scarica di adrenalina causata dal terrore. E’ nello scavare nei fatti che sono il risultato di  vecchi eventi o di traumi, nell’esplorare la psicologia dei personaggi, siano criminali o vittime, agenti di polizia o testimoni. E il tema di “Un doppio sospetto”, la violenza sulle donne con tutto quello che questa comporta, in Islanda così come in ogni altro paese,- l’umiliazione, la ferita dell’anima, la vergogna, la paura a denunciare quanto è successo per non incorrere nell’ulteriore affronto di sentirsi sospettata di ‘essersela cercata’, la diffidenza verso l’altro sesso che accompagnerà queste donne per tutta la vita- è quanto mai attuale e dolente. Fa parte di uno scenario poco confortante in cui l’emancipazione della donna va di pari passo con la sua mercificazione, mentre l’ambita uguaglianza tra i sessi si dimostra inesistente nel momento stesso in cui non c’è difesa contro la violenza del maschio.
     Il finale di “Un doppio sospetto” riunisce le fila, risolve l’indagine lasciandoci però con un interrogativo che nulla ha a che fare con questa: che ne è del cupo Erlendur? Perché l’auto da lui noleggiata è stata ritrovata parcheggiata vicino ad un cimitero? Speriamo che il prossimo romanzo ci rassicuri sulla sua sorte.
   

 la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net




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