Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
FRESCO DI LETTURA
Jo Walton, “Le mie due vite”
Ed. Gargoyle, trad. D. Di Falco,
pagg. 314, Euro 15,30
Titolo originale: My Real Children
Pensando alle sue scelte, provò
quella strana sensazione di sdoppiamento, ricordi contrastanti, come se avesse
due storie personali che la portavano entrambe a questo punto, a questa casa di
cura. Era confusa, su questo non c’era dubbio. Aveva vissuto una lunga vita. Le
chiedevano quanti anni avesse e lei rispondeva di averne quasi novanta, ma solo
perché non riusciva a ricordare se erano ottantotto o ottantanove, e nemmeno se
era il 2014 o il 2015. E appena lo scopriva le sfuggiva di mente. Era nata nel
1926, l’anno dello sciopero generale; questo lo teneva ben saldo in mente. Qui
non c’era alcuno sdoppiamento. Doveva essere accaduto in seguito, qualunque
cosa fosse stata a causarlo.
Trish. Quattro figli, una marito da cui
aveva divorziato e che ora è morto (lei, però, se ne è presa cura fino alla
fine), un lavoro come insegnante, molto attiva nel campo sociale. Non si è
quasi mai mossa dalla piccola cittadina di Lancaster, salvo un viaggio a Boston
per rivedere il figlio.
Pat. Tre figli, single per chi non vuole
vedere, con una compagna molto amata, scrittrice di guide turistiche di città
italiane, i mesi dell’anno passati tra l’Inghilterra e Firenze, dove lei e Bee hanno
acquistato una casa.
Trish e Pat sono la stessa persona, sono
Patricia, che sua madre chiamava Patsy, suo marito Tricia (perché lo aveva
suggerito qualcun altro che lui rispettava) e questa, raccontata da Jo Walton
nel romanzo “Le mie due vite”, è una storia di scelte che non si sono fatte, di
sentieri che non si sono intrapresi, di due possibilità di vita in due mondi
paralleli in uno dei quali le circostanze storiche non sono identiche a quelle
dell’altro. Nel mondo di Tricia c’è pace disturbata da vari conflitti, nel
mondo di Pat c’è una bomba sganciata su Kiev e una diffusione di casi di tumore
causati dalle radiazioni, ci sono intrighi peggiori di quanto è veramente
successo dietro l’assassinio del presidente Kennedy, la conquista dello spazio
non si limita ad una breve passeggiata sulla luna ma c’è chi vive veramente
sulla luna, come uno dei figli di Tricia.
Le due narrazioni procedono parallelamente e hanno inizio come una serie
di ricordi confusi perché Tricia/Pat è ricoverata in una casa di cura e
l’Alzheimer ha ormai iniziato il suo progresso distruttivo: a volte Tricia
pensa ai suoi quattro figli, due femmine e due maschi, però è altrettanto
sicura di averne tre, di figli, un solo maschio e due femmine. Lo sdoppiamento delle
due storie incomincia davanti alla scelta fondamentale per una giovane donna,
quando quella che tutti chiamavano Patsy accetta la proposta di sposare Mark,
senza rendersi conto di quello a cui va incontro. Non è una generazione
fortunata, quella di Tricia/Patsy. Nata nel 1926, è ancora una di quelle donne
che non sanno nulla del sesso, che devono abbandonare il lavoro quando si
sposano, che accettano di essere succubi del marito perché questo è quello che
è stato loro insegnato. La vita di Tricia, tra assalti notturni del marito,
preceduti da una bottiglia di vino, ogni volta che lui giudichi sia il momento
di ‘dover’ procreare, parti dolorosi e aborti spontanei, umiliazioni e paura, è
quanto di più infelice e squallido si possa immaginare. Ma Tricia è una donna
in gamba, Tricia ha Pat dentro di sé, riuscirà a liberarsi di un uomo ipocrita
e moralista che aveva tenuto nascoste le sue inclinazioni sessuali, tornerà ad
insegnare e a crearsi uno spazio di felicità.
E se, invece, Tricia avesse rifiutato di
sposare Mark? Si apre un’altra strada davanti a Pat, ricca di soddisfazioni. E
di felicità quando ammette di essere attratta da Bee, la ricercatrice
scientifica con cui formerà un nuovo tipo di famiglia, affrontando tutte le difficoltà
burocratiche e sociali ed educative che questa comporta.
la recensione è stata è pubblicata su www.wuz.it
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