vento del Nord
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Arnaldur Indriđason,
“La voce”
Ed. Guanda, trad. Silvia Cosimini, pagg. 316, Euro 16,00
Titolo
originale, Röddin
“Non è successo niente” tagliò corto il vecchio. “Perse la voce. Si
sviluppò precocemente e cambiò voce a dodici anni, ecco perché finì tutto.”
“Non ha più potuto cantare, dopo?” domandò Elinborg.
“Gli
venne una voce sgraziata” si rammaricò il vecchio. “Era impossibile insegnargli
alcunché. Ed era impossibile da gestire. Si rifiutò di cantare. La rabbia e la
ribellione si impadronirono di lui e si mise contro tutti. Contro di me. Contro
sua sorella, che cercava di fare quello che poteva per lui. Si infuriò con me,
incolpandomi di ogni cosa.”
Uccidere Babbo Natale: si può immaginare
qualcosa che, al pari di questa, significhi in maniera così brutale e violenta
l’uccisione dell’infanzia? Perché Babbo Natale, con il suo vestito rosso, la
grande barba bianca e gli occhi che non possono essere altro che azzurro cielo
sopra i baffoni, è la ricompensa per la bontà, è il personaggio magico che i
bambini attendono tutto l’anno con la gerla di regali per chi è stato buono. Se
Babbo Natale muore, muore anche la candida innocenza infantile. E allora non è
un caso che un uomo vestito da Babbo Natale sia la vittima al centro delle
indagini affidate al commissario Erlendur, nel romanzo “La voce” dello scrittore
islandese Arnaldur Indriđason. Non ci sembra neppure di grande importanza il
dettaglio che l’uomo- lo chiamavano Gulli, il suo nome era Guđlaugur Egilsson -
venga ritrovato con i pantaloni abbassati. Colto dalla morte durante il
piacere, seduto sul letto nel misero stanzino in cui viveva, nello scantinato
dell’albergo in cui faceva il portiere. Vestendosi da Babbo Natale sotto le
feste, per la gioia dei bambini. Perché tutti concordano nel dire che era un
uomo dolce e gentile, quasi un bambino cresciuto. Anzi, diventato grande
all’improvviso e davanti ad un microfono, quando gli era cambiata la voce: una
catastrofe per lui che era una delle voci bianche più belle che si fossero mai
sentite, sogni infranti per suo padre che si aspettava la gloria per il figlio,
una sottile soddisfazione per la sorellina che era sempre vissuta alla sua
ombra. La violenza finale subita da Gulli ormai oltre la mezza età arriva come
un drammatico completamento dell’altra violenza più subdola e camuffata da
amore paterno che lui aveva subito tanto tempo prima. Costringendolo ad
esercitarsi, privandolo dei giochi con i compagni di scuola, facendogli subire
le umiliazioni di soprannomi oltraggiosi. Come si esercita il ruolo di
genitore? Mettere al mondo un figlio significa essere padrone della sua vita?
La risposta sembra essere ovviamente no, eppure…
Il caso del
Babbo Natale ucciso su cui indaga il commissario Erlendur, che già conosciamo
dai due romanzi precedenti, è la trama principale, sorretta e ampliata da
almeno un paio di trame secondarie, secondo lo stile tipico di Indriđason. La
rivista tedesca “Die Welt” accosta il nome di Indriđason a quello di un altro
scrittore nordico, lo svedese Mankell, paragone più che giustificato se ci si
riferisce alla grandezza di entrambi, o all’essere ognuno dei due la penna
espressiva del loro paese. Ma se dovessimo fare un riferimento, accosteremmo di
più i romanzi di Indriđason a quelli della coppia Maj Sjöwall e Per Wahlöö (pubblicati
in Italia da Sellerio) che lo scrittore stesso cita come i suoi maestri. Perché
i romanzi di Indriđason sono thriller dell’anima, indagini psicologiche oltre
ad essere indagini poliziesche. E allora per il personaggio tormentato e triste
Erlendur ogni caso diventa occasione per indagare anche in se stesso- sarebbe
diverso il comportamento dei suoi due figli se lui avesse continuato ad
occuparsi di loro dopo la separazione dalla loro madre? E lui, Erlendur, come
sarebbe stata la sua vita se non si fosse sempre arrovellato sulla scomparsa
del fratellino nella tormenta di neve? Se almeno fosse riuscito a parlare con
qualcuno del suo senso di colpa?
Indriđason
intreccia le storie, collega le riflessioni- da un senso di colpa all’altro, da
una violenza all’altra, da un padre all’altro: quello di Gulli finito su una
sedia a rotelle (era stato proprio un incidente?), quello del bambino che è in
ospedale con lividi e fratture, il padre dello stesso Erlendur che si era
portato fuori i figli nel maltempo, contro la volontà della mamma.
Erlendur scoprirà chi ha ucciso Babbo Natale- e altro ancora- mentre il
direttore dell’albergo si preoccupa che i turisti non sappiano nulla, che nulla
turbi le loro vacanze nel paese dalle notti lunghe e dall’aria gelida, esotico
per loro quanto un’isola dei Caraibi.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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