lunedì 21 luglio 2014

Qiu Xiaolong, "Ratti rossi" ed. 2008

                                                        Voci da mondi diversi. Cina
                                                        cento sfumature di giallo
                                                         il libro ritrovato


 Qiu Xiaolong, “Ratti rossi”
Ed. Marsilio, trad. Vittorio Curtoni, pagg. 322, Euro 17,00
Titolo originale: A Case of Two Cities  


    In una recente conferenza stampa, il premier cinese aveva fatto una dichiarazione sulla corruzione che divorava il sistema come un cancro. “Per combattere quei funzionari di Partito corrotti ho preparato cento bare. Novantanove per loro, una per me.” Non era un discorso retorico per colpire il pubblico. Con funzionari di Partito connessi a “una gigantesca rete che copre cielo e terra”,non era inconcepibile che il premier potesse diventare una vittima.

   E’ proprio così: ci si affeziona ai personaggi dei romanzi, ci sorprendiamo a sorridere di gioia e soddisfazione quando vediamo, sullo scaffale di una libreria, la copertina chiaramente nuova di un libro di uno scrittore che amiamo. Ed ecco che ci accingiamo a leggere la quarta avventura di Chen Cao, ispettore di polizia di Shanghai, protagonista di “Ratti rossi” di Qiu Xiaolong.
    Una telefonata anonima segnala la necessità di andare a vedere che cosa è successo nella stanza 135 di una casa di piacere. E in effetti ci sono una ragazza addormentata e un uomo morto. Naturalmente l’uomo è nudo e, ancora più imbarazzante, era un ispettore di polizia- piuttosto importante, pure; gli erano state affidate delle indagini per cercare di mettere un freno alla dilagante corruzione della nuova Cina social-capitalista. La ragazza è in stato confusionale, non ricorda nulla; pare che Hua sia morto per una dose troppo forte di stimolante sessuale. Hua? Hua? Chi lo conosce lo reputa assolutamente impossibile. Ed è a questo punto che entra in gioco il nostro ispettore poeta Chen Cao con il suo aiutante Yu, nonché con il padre di questi, l’ex poliziotto Vecchio Cacciatore.
    Chi conosce già Qiu Xiaolong, scrittore cinese che vive negli Stati Uniti, sa che i suoi romanzi sono qualcosa di diverso da una lunga scia di morti o da una sequenza di scene cruente. Troveremo un altro paio di persone assassinate- una donna molto bella che lavorava in un’agenzia di pubblicità (è quasi così ovunque, ma in Cina i guanxi, i contatti giusti, magari un po’ oliati da qualche fascio di banconote, sono essenziali) e la guida turistica che accompagna la delegazione degli scrittori cinesi in America. E guarda caso, la donna aveva appena cenato con Chen e la guida aveva chiesto a Chen di usare la sua vasca da bagno con idromassaggio e usciva dalla sua stanza…Eppure la nostra attenzione è focalizzata su altre cose: la realtà sorprendente della Cina che è nata nell’ultimo decennio e che stupisce i personaggi più ancora, forse, di noi lettori del paese di “Gomorra” che non ci stupiamo più di niente. La Cina delle speculazioni immobiliari, dei conti bancari all’estero, della ricerca forsennata di quello che una volta era il decadente piacere borghese. La Cina in cui l’ispettore Chen scende da un autobus affollato perché il puzzo dei corpi è insopportabile, ma chi è che usa i mezzi pubblici ormai, a Shanghai (come in Italia, d’altra parte), se non i poveracci che neppure hanno un pezzo di sapone, per non dire una vasca da bagno?

   C’è una novità in “Ratti rossi”. All’improvviso Chen Cao viene messo a capo di una delegazione di scrittori cinesi in partenza per Los Angeles, dove si svolgerà un convegno letterario America-Cina, il primo dal 1989. E’ vero che il magnate ricercato per corruzione è fuggito negli Stati Uniti e Chen potrebbe portare avanti la sua indagine laggiù, ma la sensazione è che qualcuno voglia allontanarlo di proposito dalla Cina. Quello che a noi interessa, tuttavia, è che il soggiorno di Chen a Los Angeles offre a Qiu Xiaolong- lui stesso residente negli Stati Uniti dal 1989- una straordinaria opportunità per mettere a confronto da vicino due mondi e soprattutto due culture, dalle banalità di vita quotidiana e diversi stili di vita all’assenza quasi totale di traduzioni dal cinese e la conseguente ignoranza della letteratura cinese. E allora il contrasto tra l’americano, anche se colto, e il nostro Chen è ancora più forte. Perché Chen non ci ha solo deliziato, come al solito, con le citazioni degli antichi poeti cinesi ma improvvisa- alla fine, quando la tentazione d’amore per l’americana che aveva incontrato a Shanghai in “Quando il rosso è nero” e che ha rivisto ora diventa anche una tentazione di cambiare vita- un lungo poema parodistico della “Canzone d’amore di Prufrock” di T.S.Eliot. Come se Chen, che ha gli strumenti per comprendere entrambi i mondi, trasformando i commenti delle donne ciarliere che parlano alle spalle di Prufrock in osservazioni su di lui, (Penseranno: “Com’è gialla la sua pelle!”, Diranno: “Ma quant’è marcato il suo accento!”), desse voce ai suoi dubbi che i tempi possano essere maturi per un’integrazione.

     Qiu Xiaolong non ci delude mai. Nonostante un calo di tensione dopo un inizio coinvolgente che ci ha trascinato in una Cina paragonata ad un granaio in cui scorazzano a piacere grossi ratti, riconosciamo a Xiaolong  la capacità unica di mettere a confronto, attraverso i suoi personaggi, presente e passato, la Cina e il mondo fuori della Cina. E se c’è un abisso tra quelli, quasi non c’è più differenza tra questi.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it

          

Nessun commento:

Posta un commento