Voci da mondi diversi. Asia
INTERVISTA A KIM YOUNG-HA, autore de “L’impero delle luci”
Il modo più facile di definire il
romanzo “L’impero delle luci” dello scrittore sudcoreano Kim Young-Ha è dire
che è una ‘spy story’. Il che è vero, perché il protagonista è in effetti una
spia, ma in realtà il romanzo è tutt’altro, è più che una semplice spy story.
Kiyong è una spia infiltrata dalla Corea del Nord nella Corea del Sud. Sono
ventun anni che Kiyong vive a Seoul, si è sposato, ha una figlia. Sua moglie
non conosce la sua vera identità: Kiyong è inattivo da vent’anni, è stato
‘dimenticato’ al Sud. Poi, un giorno, riceve una mail con l’ordine di tornare
immediatamente al Nord. Che cosa vuol dire questo ordine? Che cosa gli
succederà se obbedisce? E se invece rimane lì? Questo è il romanzo di un uomo
sdoppiato, proprio come è divisa a metà la sua vita- esattamente lo stesso
numero di anni passati al Nord e al Sud-, proprio come la Corea è divisa in
due. E, mentre ricorda gli anni ‘prima’, la vita nella Corea sotto dittatura,
l’addestramento in una città creata del tutto uguale a Seoul, Kiyong non sa più
chi egli sia veramente, non sa se vuole riprendere la sua vecchia vita e la sua
vecchia identità, soprattutto non sa se crede ancora nell’ideologia socialista
e se è pronto a rinunciare a quello che ha imparato a godere nel Sud- la
libertà prima di tutto.
Il romanzo è molto bello e abbiamo avuto la
fortuna di poter incontrare lo scrittore nell’ambito del Festival della
Letteratura di Mantova dove era ospite, per parlare con lui dei temi del suo
romanzo e della problematica della Corea.
E’ un piacere restare ad ascoltare Kim Young-Ha. Perché è un entusiasta,
e non sappiamo se questo entusiasmo, questa sua generosità nel dare di sé
rispondendo alle domande, siano dovuti alla sua giovinezza o al suo carattere.
Ed è assolutamente d’obbligo ringraziare Andrea De Benedittis, il suo
bravissimo interprete che ha anche tradotto “L’impero delle luci”.
Il protagonista del suo romanzo è sdoppiato. Ci sono due Kiyong come ci
sono due Coree. Qual è la sua visione del doppio?
La Corea è un paese
eccitante, interessante dal punto di vista culturale perché vi convergono
fattori diversi. E’ un paese in cui si uniscono tradizione e modernità, in cui
sono confluite culture differenti- dal Giappone, dalla Cina- che hanno lasciato
una forte impronta. Sono fortunato ad essere uno scrittore in Corea, un paese
in cui tutto cambia velocemente e io posso assistere alla trasformazione della
cultura e trovo ispirazione per i miei romanzi nella follia collettiva che mi
circonda.
Nel romanzo c’è la descrizione di una città sotterranea costruita nella
Corea del Nord che è una replica perfetta di Seoul. C’è qualcosa di vero?
Avevo letto su Newsweek di un luogo nella Corea del
Nord dove i nordcoreani venivano educati per essere inviati al Sud come spie.
Avevano ricostruito degli ambienti di Seoul perché le spie si abituassero al
contesto del Sud. Nella Corea del Nord non si può entrare in un negozio e
scegliere liberamente che cosa acquistare. In questo luogo creato apposta i
nordcoreani si abituavano a prendere un carrello, a scegliere quello che
volevano comprare, a mettersi in coda e pagare alla cassa. La differenza tra le
due Coree è che nella Corea del Sud il cliente entra, compra e il commerciante
lo ringrazia, mentre nella Corea del Nord è il cliente che ringrazia per aver
ricevuto della merce dallo Stato. Nella Corea del Sud si portano soldi in banca
e si ricevono gli interessi, in quella del Nord si paga per depositare dei
soldi in banca.
Kim Jong-Il |
Quando Kim Jong-Il era il capo
del governo nella Corea del Nord, siccome era appassionato di cinema, tutti i
registi dovevano mostrare a lui i film prima di avere il permesso di proiettarli
al pubblico. Era così appassionato di cinema che negli anni ‘80 rapì un famoso
regista sudcoreano con la moglie, un’attrice nota da noi come, ad esempio,
Angelina Jolie. Rimasero prigionieri nel Nord finché riuscirono a scappare
durante una trasferta a Vienna. Kim Jong-Il aveva tentato di trasformare la
capitale nordcoreana in un set cinematografico in cui tutti dovevano recitare.
Se si fosse innamorato di un regista italiano, lo avrebbe di certo fatto
rapire. Il suo film preferito era “Braveheart”. D’altra parte Pyongyang è
proprio come un gran set cinematografico dove centinaia di migliaia di persone
recitano una parte: ci sono manifestazioni di massa in cui tutti si muovono in
sincronia. Tutto questo mi ha dato l’idea per la mia copia della capitale sudcoreana
nel Nord.
Ha avuto modo di conoscere dei nordcoreani infiltrati al Sud?
Quando ho deciso di
scrivere, ho programmato di incontrare dei nordcoreani, ma è molto difficile
per noi. Non possiamo andare al Nord perché è illegale, ma anche se incontrassi
un nordcoreano in Italia dovrei avere l’autorizzazione prima di parlargli.
Negli anni ‘90, quando ero all’università, sono andato a Pechino. Prima, però,
ho dovuto seguire un corso in cui le autorità ci davano istruzioni su come
comportarci se incontravamo dei nordcoreani: sono cresciuto in un periodo di
diffidenza e paura verso la Corea del Nord. Adesso c’è la possibilità di
incontrare i profughi scappati dal Nord passando dalla Cina e chiedendo poi
asilo politico. Decine di migliaia di “coloro che sono scappati dal Nord”- come
vengono chiamati- vivono nella Corea del Sud. Ho cercato di incontrarne alcuni,
ho chiesto ad amici e alle autorità- invano. Ho cercato su internet alla voce
‘profugo-Nord-Corea’ e ho scoperto che ci sono comunità online. Ho scritto alla
loro bacheca per combinare un incontro con una persona della mia età,
universitario. Dopo tre ore ho ricevuto una telefonata e mi sono ritrovato a
parlare con un nordcoreano davanti ad un piatto di sushi. Ho subito notato che
tutti i nordcoreani sono relegati in una sorta di ghetto: le autorità offrono
loro asilo e un appartamento, ma tutti nella stessa zona. Questo ragazzo aveva
la mia età e veniva dalla scuola del cinema: voleva dire che apparteneva alla
più alta élite della società coreana- a quella scuola vengono ammessi una
quarantina di studenti all’anno-, era andato a Mosca a studiare e aveva fatto
delle critiche al governo. Era dovuto scappare in Europa e poi aveva chiesto
asilo politico. Mi ha confermato che ci sono molte spie infiltrate al Sud e che
accade- magari per il licenziamento di un capo- che alcune vengano dimenticate
senza più ricevere ordini. Come succede al mio protagonista.
Ci sono anche dei coreani del Sud che vanno al Nord volontariamente per
motivi ideologici?
Pochissimi. Durante gli
anni della guerra in Corea molti erano andati al Nord perché credevano nel
Comunismo, erano gli anni ‘50. Sono pochi ad andare, perché in realtà nessuno
vuole vivere nella Corea del Nord dove non c’è neppure a sufficienza da
mangiare. I pochi che vanno, poi ritornano.
Corea del Nord |
E riescono ad ambientarsi al Sud, i profughi del Nord?
Non bene. Arrivano al Sud,
hanno le stesse fattezze dei sudcoreani, riescono anche ad adattarsi alla
lingua, che è leggermente diversa, ma non sono più né del Nord né del Sud. Sono
cresciuti in una società comunista in cui, tutto sommato, non si è costretti a
lavorare molto per vivere, si trovano sbalzati in una società estremamente
competitiva- basti pensare che gli studenti nel Sud escono di casa al mattino
alle 7 e rientrano alle 11 di sera. I coreani del Nord non sono abituati a
questi ritmi, quando erano al Nord non avevano alcuna informazione sulla realtà
del Sud, non sapevano che cosa avrebbero trovato. Non tutti si ambientano e c’è
chi decide di emigrare in America o in Europa, o addirittura di tornare al
Nord.
Prima ha detto che la lingua, al Sud, è leggermente diversa da quella
del Nord. Come mai?
La lingua del Sud è
cambiata rispetto a quella del Nord perché ha subito l’influenza di altre
lingue, soprattutto dell’inglese, ha accettato molti prestiti. Parole come pasta, spaghetti, linguine, o
altri vocaboli per lo sport e la musica derivanti da altre lingue, sono di uso
comune nel Sud, ma il Nord, naturalmente, è refrattario a questi prestiti.
La Corea del Sud aspira ad una riunificazione? C’è un movimento
nazionalista?
Premetto che la Corea è
sempre stata unita ed è solo nel ‘45 che la divisione è stata forzata sui
coreani. Ora, dopo più di 60 anni, si sono abituati e una riunificazione
sarebbe ancora più sconvolgente. Anzi, hanno paura di una riunificazione per le
complicazioni economiche. E sì, c’è un movimento nazionalista ma si sta
indebolendo. E’ normale: tutti diffidano, sarebbe un’impresa importare in
un’unica soluzione 20 milioni di coreani. Il Sud dovrebbe sopportare tutto il
fardello.
Però la Germania lo ha fatto.
La Germania Ovest era più
competitiva internazionalmente di quanto lo sia la Corea del Sud e la
differenza tra le due Germanie era minore che fra le due Coree. Non si possono
paragonare, perché la Corea ha avuto una guerra intestina. Forse la Corea è più
simile al caso del Vietnam, ma la divisione del Vietnam è stata più breve.
Ha conosciuto qualche scrittore del Nord? Ci sono talenti letterari al
Nord?
Mi è capitato di
conoscere una poetessa tra i profughi. Quasi tutta la letteratura del Nord è di
propaganda perché c’è una forte censura. C’è però un genere molto bello che
recupera episodi di storia della Corea del Nord e qui gli scrittori hanno
libertà di espressione perché sono storie del passato. C’è quindi una nicchia
di bella letteratura.
Avete esportato ovunque beni di consumo, ma siete stati meno bravi
nell’esportare cultura. Come mai?
In realtà, oltre ai
prodotti elettronici, siamo riusciti ad esportare anche musica e film. La
letteratura seguirà questo trend e verrà conosciuta in futuro. La risposta,
però, deve essere più lunga. Il governo del Sud spesso si comporta come quello
del Nord: viene deciso che si devono fare certi tipi di investimento, che si
deve dare denaro alla Samsung e ai grandi conglomerati per fare decollare
l’industria sudcoreana. Una volta emerso questo settore, dagli anni ‘90 gli
investimenti si sono riversati nell’industria cinematografica. Rimane la
letteratura: però, se il governo decidesse di dare soldi agli scrittori, questi
li userebbero per andare in vacanza. Ma il governo non ci darà nulla. Forse è
vero che meno dai denaro e più fiorisce la letteratura.
Il mercato editoriale è
uno dei più grandi al mondo. E il 40% dei libri pubblicati sono traduzioni,
pensiamo al paragone con l’America dove solo il 3% di quanto è stampato sono traduzioni.
Quasi tutte le opere importanti sono tradotte. Ad esempio, Primo Levi, giusto
per fare un nome, è tradotto in coreano.
Un’ultima domanda per soddisfare una curiosità che mi assilla: perché
sembra che tutti i coreani si chiamino Kim?
E’ un cognome molto
diffuso, ma non sono tutti gli stessi- ci sono diverse tipologie di famiglie
Kim legate a diverse città. Per esteso il cognome dovrebbe essere ‘Kim della
città X o Y’. E’ uno dei cognomi più antichi, in uso dalla dinastia Silla dal
57 a.C. al 668 d.C., ha oltre 2000 anni. Molti altri cognomi sono venuti più
tardi. C’è un modo di dire in Corea che suona come, “Se lanci un sasso contro
un palazzo, colpisci Kim”, per dire che c’è sempre un Kim nelle vicinanze.
Young-ha è il mio nome, uno dei caratteri si scrive come ‘estate’ e l’altro
come ‘le radici di un fiore’.
bandiera della Corea del Sud |
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