premio Nobel
Voci da mondi diversi. Africa
il libro ritrovato
Nadine Gordimer, “Beethoven era per un sedicesimo nero”
Ed. Feltrinelli, trad. Grazia Gatti, pagg. 180, Euro 16,00
Titolo originale: Beethoven was one-sixteenth black and other stories
La
volta seguente un uomo rispose sì, sono Hayford Leiden. Lei diede il proprio
nome, moglie del tal dei tali, in tono calmo e cordiale, avrebbe potuto essere
una telefonata per cercare di vendergli qualcosa. Poteva passare a trovarlo,
per una breve visita? La sorpresa (o la mancanza di comprensione: cosa vuole
questa donna) fu ben celata; di sicuro era abituato, nel suo lavoro, a strani
incontri. Per tutta la settimana seguente era impegnato, ma se poteva venire a
Londra, diciamo, venerdì prossimo…sì, si ricordava il suo uomo, l’aveva incontrato
anni prima.
Se veramente il genere
letterario del racconto è il più difficile, non ci stupisce che sia una
scrittrice nata nel 1923 e con una gloriosa carriera alle spalle ad averci
regalato uno straordinario libro di racconti, quasi volesse raggiungere con
questo il culmine della sua scrittura.
Se il rischio della brevità di un
racconto è quello di lasciare insoddisfatto il lettore, forse un paio di queste
tredici storie non ci appagano del tutto- le altre sono dei capolavori di
condensazione, con personaggi che balzano fuori dalle pagine e si impongono
alla memoria. Così il Frederick Morris del racconto che dà il titolo alla
raccolta, in cerca di figli illegittimi del bisnonno: dopo tutto era
impossibile che, durante i lunghi soggiorni a Kimberley in cerca di diamanti,
non avesse avuto compagnia femminile. E “un tempo c’erano neri che volevano
essere bianchi. Ora ci sono bianchi che vogliono essere neri.”. Oppure la
protagonista di “Una donna frivola”: ma era veramente così superficiale la nonna
che teneva in un baule degli abiti con lustrini e delle maschere, lei che era
fuggita dalla Germania nazista? Oppure era la maniera per sopravvivere, per
mantenere la voglia di vivere?
E’ un tema che ricorre sovente, questo
del confronto con la morte, nei racconti della Gordimer. E ci pare importante, ci
sembra una prova ulteriore della maturità della scrittrice, sia la voglia di
parlare di morte perché la morte fa parte della vita, sia la serenità con cui
il tema viene trattato. In una delle storie l’aereo su cui si trova un uomo che
viaggia spesso per lavoro deve fare un atterraggio di emergenza. L’uomo è
seduto vicino ad una donna che, nel momento di peggiore turbolenza, gli dice
che è certa che l’aereo non precipiterà. Perché c’è lei a bordo e lei ha
cercato di uccidersi parecchie volte, senza mai riuscirci.
In “Allesverloren” non è tanto la
paura della morte che viene esplorata, quanto quella del lutto, la solitudine
di chi si sente abbandonato. Per vincere questa solitudine una moglie cerca di
recuperare i frammenti che non conosce della vita del marito defunto e incontra
l’uomo con cui il marito aveva avuto una relazione in un periodo di crisi. Non
vuole chiedergli niente di personale- ma è soddisfatta della visita, quando se
ne va? Tutto è racchiuso nel nome in afrikaan del vino che aveva comperato, Allesverloren, tutto perduto: “si conosce chi si conosceva. Non si può conoscere
l’altro, nessun altro.”
Non potendo parlare di tutti i racconti, qualcosa deve essere detto
delle ultime tre storie, tre analisi di rapporti di coppia sulla traccia di tre
sensi- la vista, l’udito e l’olfatto. In tutte e tre l’uomo e la donna
attraversano un momento di crisi: nella prima lui e lei sono esuli ungheresi,
lei impara presto la lingua e fa carriera, lui resta chiuso nel suo mondo
magiaro, lei finisce per chiedere il divorzio; nella seconda i protagonisti
sono due musicisti, ma solo l’uomo è un grande artista. La donna vive nella sua
ombra e capisce il variare del suo amore dal suono che l’archetto trae dal violoncello.
Nell’ultima, infine, è l’odore dell’uomo che rivela alla moglie (e al cane,
prima ancora che a lei) il tradimento di lui.
Non c’è niente di nuovo, a ben guardare,
nelle trame dei racconti di Nadine Gordimer. Ma c’è una conoscenza dell’anima,
una capacità di dire nel non dire, una essenzialità in quelle frasi che a volte
sono spezzate e a volte suggeriscono un monologo interiore, una sobrietà di
scrittura, che rendono uniche le sue storie.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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