cento sfumature di giallo
Cosa Nostra. Qui Italia.
INTERVISTA A CRISTINA RAVA, autrice
di “Dopo il nero della notte”
Incontro Cristina Rava ad Albenga, la città
in cui si muove Ardelia Spinola, la protagonista dei suoi romanzi. E Cristina
Rava è un po’ come io ho immaginato Ardelia, mi piace pensare che assomigli ad
Ardelia. Tanto che non le faccio neppure la domanda banale se ci sia qualcosa
di lei nel suo personaggio. Cristina Rava è gentile, curiosa, ironica, vivace,
frizzante, profonda. Come Ardelia, insomma.
Volevo iniziare questa
chiacchierata da quello che pensavo fosse l’inizio, parlando di Ardelia
Spinola, e invece inizio da ‘prima’ dei due romanzi che ho letto in cui Ardelia
è la protagonista, “Un mare di silenzio” e “Dopo il nero della notte”.
Incomincio dal suo romanzo pubblicato dalla casa editrice Frilli, “Commissario
Rebaudengo. Un’indagine al nero di seppia”, dove Ardelia compare per la prima
volta come medico legale accanto al protagonista, il commissario Rebaudengo.
E
mi sono resa conto che- primo, Rebaudengo è il misterioso fidanzato-ombra di
Ardelia che in “Un mare di silenzio” era relegato in America; secondo, che
Rebaudengo è molto simpatico e allora mi spiace proprio che in “Dopo il nero
della notte” appaia un altro uomo a fianco di Ardelia. La mia domanda è
parecchie domande per soddisfare tutte le mie curiosità: perché abbandonare
Rebaudengo per Ardelia? Come è nato il personaggio di Ardelia? Perché
interrompere la sua storia d’amore?
La risposta è semplice:
ho dovuto abbandonare Rebaudengo perché il personaggio era opzionato dalla casa
editrice Frilli fino al 2017. Inoltre la casa editrice Garzanti non voleva un
protagonista maschile, questa voce femminile piaceva di più: ho creato una
serie che si stacca dal corpo principale, portando con sé dei personaggi, ed è
andata bene. Non potevo mantenere Rebaudengo, perché a livello di indagine era
ingestibile, lui è un commissario, deve svolgere il suo lavoro, non posso
limitarlo a comparsa in una storia d’amore. Non potevo neppure ucciderlo, può
darsi che ricompaia dopo il 2017. Capisco anche il suo dispiacere, è
dispiaciuto a tutte le lettrici, perché tutte si innamorano un poco di
Rebaudengo. Avrà anche osservato che, sempre per lo stesso motivo, non è mai
nominato nei due libri pubblicati da Garzanti.
Com’è nata allora Ardelia? Perché
farne un medico legale?
Ardelia è nata, letteralmente, come costola di
Bartolomeo Rebaudengo. Poi, a mano a mano che mi stavano stretti gli abiti
della casa editrice Frilli, ho incominciato a sviluppare sia la sua personalità
sia le sue vicende, in modo da far sì che i lettori si affezionassero a lei e
sperando che l’editore non se ne accorgesse. Al punto che il penultimo romanzo
della serie, “Come i tulipani gialli”, è raccontato da Ardelia in prima
persona. Sono cinque i romanzi della serie pubblicata da Frilli. Ardelia è
medico legale perché sono affascinata dall’aspetto investigativo di tipo medico
tanatologico- non sono necrofila, il ruolo di Ardelia è poco tecnico, Ardelia
non è Kay Scarpetta, la soluzione del caso non è mai nella sala autoptica. Per
Ardelia la risposta tanatologica è l’approccio alla persona che fu. Ardelia si rammarica spesso di
conoscere le persone da morte e di non avere la possibilità di raggiungere i
loro sentimenti, di conoscere i segreti della loro esistenza. Ardelia si lancia
in indagini scombinate per una volontà riparatrice. Lei mette ordine: il suo
intento è rendere giustizia, dare la verità ai morti è importante per lei, non
l’aspetto giuridico del caso.
C’è un’altra donna medico legale
sulla scena del romanzo ‘giallo’ italiano, Alice Allevi. Ardelia è diversissima
da Alice- mi chiedevo se Lei conoscesse la protagonista dei libri della
scrittrice Alessia Gazzola e se questa diversità fra le due eroine fosse
intenzionale.
No, non sapevo nulla di Alice, e poi ho scritto di
Ardelia prima che fossero pubblicati i romanzi di Alessia Gazzola.
Nel libro “Un’indagine al nero di
seppia” in cui il commissario Rebaudengo è protagonista, Lei riesce a mettere a
confronto le radici piemontesi di Rebaudengo con quelle di coloro che per lui
sono ‘stranieri’, cioè liguri. La Liguria è una regione difficile anche per la
sua collocazione geografica, stretta tra monti e mare, un angolo di Italia. Se
dovesse descrivere l’essenza della ligurità, che cosa direbbe?
Il pregiudizio: il ligure ha pregiudizi contro
tutti, giudica senza conoscere. Non credo aver mai conosciuto un popolo così
ostile verso chiunque, verso anche la sua propria gente. I liguri hanno
un’aridità di cuore ancestrale, il ligure non ha spirito di comunità- e lo dico
con dispiacere, visto le mie origini liguri, almeno in parte, visto che vivo in
Liguria e amo questa terra. Che cosa c’è di positivo? La tenacia. E poi ci sono
due tipi di liguri, c’è il ligure terragno, che è quello del pregiudizio, e il
ligure marittimo che è promiscuo, esplorartore, mercante. Sono due tipologie diverse.
Ardelia è genovese, è di città, non viene da un paesino dell’entroterra.
Inoltre Ardelia ha fatto la carriera universitaria, ha partecipato a congressi
all’estero e questo ti porta ad ampliare la mente. Il genovese è abituato allo
straniero, tutti i grandi porti commerciali hanno abituato i loro abitanti a
vedere gente di ogni tipo.
Le riesce difficile trovare dei
casi su cui indagare, dato che l’ambientazione dei suoi romanzi è un’area
geografica così ristretta?
Ni. Mi invento storie terribilmente plausibili e
quindi non sono mai casi con connotazione poliziesca, per esempio, una modella
ammazzata, un giro di coca e cose del genere. Le mie sono morti dimesse, il
caso dell’extracomunitario preso a sprangate, quello di un vechietto ammazzato
con botte in testa. Sono morti verosimili, banali.
In “Dopo il nero della notte” c’è
un episodio in cui Ardelia lascia le chiavi alla vicina di casa, ed è scritto
in dialetto siciliano: una strizzata d’occhio a Camilleri?
Sì, assolutamente sì, una strizzata d’occhi
affettuosa. Anche se un amico palermitano mi ha detto che ho scritto
‘minchiate’.
Di lei ho letto che è un’ottima
cuoca. Anche Ardelia lo è. Ho osservato che la maggior parte dei protagonisti
dei ‘gialli’ mediterranei- Salvo Montalbano, Proteo Laurenti, Kosta Charitos-
amano molto la buona cucina, a differenza dei colleghi nordici, del mitico
Wallander di Henning Mankell di cui Rebaudengo regala un libro ad Ardelia.
Perché questa differenza, secondo Lei?
Perché non è nella loro tradizione. Nel Mediterraneo
si mangia meglio che a Kiruna. Il nutrimento è l’accudimento primario. Chi
lavora nel campo criminale ha a che fare con la morte. Se hai a che fare con un
presunto colpevole e devi rivivere quel decesso passo per passo, vai a casa e
ti fai un bel piatto di lasagne. I nostri commissari non sono depressi. Al Nord
non hanno la cucina come tradizione culturale. A livello popolare la cucina non
esiste al Nord, mentre in Italia, una volta, era proprio il ceto sociale
modesto ad essere il depositario della buona cucina. Il cibo con funzione
consolatoria è caratteristico della nostra tradizione. Al Nord bevono, da noi
mangiano.
Il finale di “Dopo il nero della
notte” è aperto, restano molti misteri: saranno risolti nel prossimo romanzo?
Sì, e l’ho già scritto. C’è un libro che gira, quello che era nelle mani del biblitecario ucciso, e ricomparirà con un ruolo transitorio: era mia intenzione farne il fil rouge di parecchi libri della serie. Nel prossimo romanzo Arturo rivelerà alcune cose che finora ha nascosto ad Ardelia- è vero che Arturo ha delle zone d’ombra. Sì, ci saranno degli sviluppi nel prossimo libro, che è già pronto.
Sì, e l’ho già scritto. C’è un libro che gira, quello che era nelle mani del biblitecario ucciso, e ricomparirà con un ruolo transitorio: era mia intenzione farne il fil rouge di parecchi libri della serie. Nel prossimo romanzo Arturo rivelerà alcune cose che finora ha nascosto ad Ardelia- è vero che Arturo ha delle zone d’ombra. Sì, ci saranno degli sviluppi nel prossimo libro, che è già pronto.
l'intervista è stata pubblicata su www.wuz.it
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