cento sfumature di giallo
Casa Nostra. Qui Italia.
Cristina Rava, “Un mare di silenzio”
Ed. Garzanti, pagg. 296, Euro 16,60
“Secondo me i tempi di queste ondate migratorie sono più rapidi di
quelli di adattamento. Chi deve accogliere ha bisogno di elaborare il
cambiamento. Ma te li vedi certi vecchietti, tipo i nostri nonni, alcuni mai
usciti dalla Liguria, che si ritrovano nelle strade del loro paese gente che
parla in arabo, in cinese, in russo? E’ una rivoluzione.”
Notte di Capodanno a Toirano,
nell’entroterra ligure. Mentre fioriscono in cielo le luci dei fuochi
d’artificio e l’aria risuona di botti, nessuno si accorge, in tutto quel
rumore, che ci sono stati anche due spari.
Due algerini sono stati uccisi a
fucilate: uno era un pediatra, l’altro era un ragazzo.
Il medico legale che viene
chiamato sulla scena del delitto è Ardelia Spinola, una dottoressa sulla
cinquantina. Proviamo immediata simpatia per Ardelia Spinola, voce narrante del
romanzo “Un mare di silezio” di Cristina Rava. Forse perché fa subito qualcosa
di irregolare, una trasgressione che dice già molto sul suo carattere. Mentre
si prepara per andare via, dopo aver esaminato i cadaveri, Ardelia scorge una
chiavetta USB vicino alla ruota del suo pick-up (le piace guidare un pick-up,
la fa sentire sicura). Finge che le siano cadute le chiavi, si china per
raccoglierle e infila la chiavetta nella borsa. Sa benissimo che sta sottraendo
quella che potrebbe essere una prova o un indizio, ma Ardelia è fatta così- ci
penserà dopo.
Se, leggendo di Ardelia, viene in mente la
dottoressa Alice Allevi, il medico legale protagonista dei romanzi di Alessia
Gazzola, proseguendo la lettura ci accorgiamo che Ardelia e Alice hanno ben
poco in comune, a parte la professione e una vivacità tutta femminile che
riscontriamo quasi solamente nei thriller scritti da donne (e pensiamo anche a
Esmahan Aykol che ha creato il personaggio di Kati Hirschel e ad Alicia
Giménez-Bartlett con la sua Petra Delicado). Ardelia ha qualche anno di più
delle altre ‘eroine’ che ho citato, ma questo non si avverte nel suo brio,
nella sua curiosità di vita, di conoscenze e di esperienze, piuttosto in una
certa qual saggezza, nel gusto nascosto per la solitudine che Ardelia pare
cercare ogni tanto, come per riposarsi dagli incontri con le amiche. C’è anche
un uomo nella sua vita, ma non siamo mai certi che Ardelia non stia scherzando
quando ne parla come del suo ‘amore’: è un commissario di polizia che si trova
negli Stati Uniti, al momento, per seguire un corso. Ne sente la mancanza,
Ardelia? Non ne è sicura, forse sentirebbe di più la mancanza dei suoi due
gatti.
Le
indagini per scoprire l’assassino dei due algerini (quelle svolte dalla polizia
e quelle intraprese con una buona dose di incoscienza da Ardelia) si alternano
nel libro con le pagine del romanzo autobiografico che il più giovane dei due
uomini uccisi aveva salvato sulla chiavetta trovata da Ardelia. L’originale è
in arabo ma un anziano zio ebreo di Ardelia lo sta traducendo per lei. E’
questa l’idea più interessante nella struttura di “Un mare di silenzio”. In questa
maniera Cristina Rava ci prospetta due mondi e due culture diversi e, se si
dovesse dare un giudizio di valore, sarebbero quelli venuti da lontano ad avere
la meglio. Per la sua stessa posizione geografica, stretta com’è tra i monti e
il mare, la Liguria è una terra dove qualunque novità si fa strada a fatica. I
liguri sono gente solida e avezza alle asperità, ma sono anche diffidenti e
ostici. I liguri non accolgono i forestieri a braccia aperte, non si sbarazzano
facilmente dei pregiudizi. Figurarsi, quindi, come guardano i nuovi arrivati
scuri di pelle che, se va bene, parlano un italiano stentato. Il razzismo non
esiste finché non c’è motivo per essere razzisti: ora, all’improvviso, sono
apparse scritte razziste sui muri delle case di quel piccolo borgo che è
Toirano. Poco importa se uno dei due algerini era un medico, se l’altro ambiva
a diventare scrittore. Nelle pagine di questi leggiamo dello strazio di
lasciare la propria terra e la propria famiglia, delle grandi speranze e delle seguenti
frustrazioni, della solitudine immensa e della divorante nostalgia. Quando poi
ci scontriamo con la grettezza e l’ignoranza degli abitanti del posto, il
divario è grande.
Con la giusta dose di colore regionale,
con un pizzico di dialetto, con profondità misurata e condita con leggerezza,
il romanzo di Cristina Rava affronta un problema del nostro presente, la
necessità di conoscere e far conoscere la cultura dei diseredati che approdano
sulle nostre spiagge, destinati ad essere stranieri per sempre nella terra che
li accoglie e a diventarlo in quella che hanno lasciato.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Cristina Rava |
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