mercoledì 30 luglio 2014

Håkan Nesser, “Confessioni di una squartatrice” ed.2014

                                                        cento sfumature di giallo
vento del Nord
fresco di lettura



Håkan Nesser, “Confessioni di una squartatrice”
Ed. Guanda, trad. Carmen Giorgetti Cima, pagg. 361, Euro 18,00
Titolo originale: Styckerskan från Lilla Burma

E’ l’unica assassina squartatrice che abbia mai incontrato. Non sa esattamente come se l’era aspettata, ma di certo non così. Cosa serve per fare a pezzi un essere umano? Tenere sottocontrollo il panico per qualche oraoltre a una buona manualità? Ellen Bjarnebo aveva lavorato da Köttman. Nelle relazioni che ha letto, lo squartamento di Harry Helgesson viene descritto come “professionale” e “appropriato”.

Maggio 2012. E’ morta da poco Marianne, la moglie dell’ispettore Gunnar Barbarotti.
2007. Un uomo, Arnold Morinder, scompare. Il suo motorino viene ritrovato abbandonato in una palude. Di lui, nessuna traccia.
1989. I resti di Harry Helgesson sono scoperti per caso in un bosco: il suo corpo è stato smembrato e cacciato a pezzi in sacchi di plastica neri. Sua moglie Ellen Bjarnebo si dichiara colpevole ed è condannata a undici anni di reclusione.
   Tre morti disseminate nel tempo, tre persone che erano moglie, marito, madre, padre. Come si vive la morte della persona con cui si ha condiviso la vita? Come erano, da vive, queste persone? Come le ha colte la morte? Che cosa sopravviverà di loro, ora che non ci sono più? Paiono riflessioni strane da fare, leggendo un libro di indagine poliziesca- oppure no, perché si indaga soprattutto sulla Morte nel bel nuovo romanzo dello svedese Håkan Nesser, “Confessioni di una squartatrice”, come già in un altro romanzo memorabile, “L’ultima indagine” di Leif Persson. C’è un primo livello di lettura, dunque, il ‘cold case’ che viene affidato a Barbarotti, ed un secondo livello più profondo che non ha confini temporali, un’indagine che non cade mai in prescrizione.  

   Gunnar Barbarotti è annientato, letteralmente annientato, dalla scomparsa di Marianne. E’ per questo che il commissario Asunander gli affida un caso vecchio di cinque anni, una sorta di indagine terapeutica, per tenerlo occupato, mentre la collega Eva Backman ha per le mani un caso molto ‘hot’, la morte di un esponente del partito Democratico: un assassinio politico? un semplice caso di avvelenamento da cibi? E comunque, alla fine, anche questa morte offrirà uno spunto di riflessione sulla casualità della Morte, sull’ironia beffarda che si cela nella morte di alcuni.
Barbarotti sembra incapace di reagire, di interessarsi ad alcunché. Poi, a poco a poco, si lascia coinvolgere: Ellen Bjarnebo, che era rimasta impressa nella mente di tutti come “la squartatrice di Lilla Burma”, aveva sposato Arnold Moringer dopo essere uscita di prigione. Aveva un figlio, che aveva dodici anni nel 1989 e che era stato affidato agli zii materni dopo la condanna della madre. All’epoca dei fatti quasi non parlava, aveva rivisto la madre solo un paio di volte, ora era sposato e sembrava condurre una vita normale. C’è tutta una serie di domande a cui Gunnar Barbarotti si sforza di trovare una risposta, da quella che più ha a che fare con il suo lavoro,- che fine ha fatto Arnold Morinder?-, lo ha ucciso la moglie che, però, questa volta, non ha confessato proprio nulla? Il pregiudizio vuole che una volta squartatrice, sempre squartatrice…E poi, che cosa è successo veramente nel 1989, nella piccola tenuta di Lilla Burma? A Barbarotti non dovrebbe interessare, quello è un caso chiuso, ma l’incertezza affiora, soprattutto dopo aver incontrato Ellen, una donna non più giovane, di grande dignità, che passa lunghi periodi presso un’amica in Lapponia.
    Il tempo della narrazione si sposta avanti e indietro, i capitoli si alternano, quelli in cui Barbarotti è protagonista e quelli in cui la scena è Lilla Burma e la vita d’inferno che Harry Helgesson faceva condurre alla moglie e al figlio. Siamo pronti alla sua morte, ci sembra un giusto anticipo della pena eterna, pensiamo di aver capito di più di quello che ha capito la polizia. Il contrasto tra l’amabile Barbarotti che ha veramente amato Marianne e il brutale Harry che picchia moglie e figlio, o tra Barbarotti che interroga con rispetto e comprensione ‘la squartatrice di Lilla Burma’ e il suo cinico secondo marito, ci fa pensare agli ‘uomini che odiano le donne’ della trilogia di Stieg Larsson e a quanto sia difficile affidarsi solo alla giustizia. Anzi, quando il finale verrà svelato, dovremo convenire che la giustizia umana è spesso fallibile e sospendere il nostro, di giudizio- come fa Barbarotti.
     L’appuntamento con  Håkan Nesser è di quelli da non perdere- non ci delude mai. I suoi libri non sono ‘gialli’, sono dei ‘romanzi con delitto’ in cui si indaga sulla vita e sulla morte, su come si dovrebbe vivere pensando alla fine ineluttabile.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it



   

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