premio Nobel
Voci da mondi diversi. Africa
il libro ritrovato
Nadine Gordimer, “Sveglia!”
Ed. Feltrinelli, trad. Grazia
Gatti, pagg. 174, Euro 16,00
Titolo originale: Get a Life
Durante il primo weekend, lei
aveva portato il loro bambino a trovarlo, ma nelle visite successive avevano
dovuto limitarsi a far vedere il padre al figlio di tre anni da dietro le
sbarre di ferro del cancello: in un incontro aperto non gli si poteva impedire
di correre ad abbracciargli le gambe.
Un libro di Nadine Gordimer, premio Nobel 1991, non è mai un romanzo
banale, una storia di puro intrattenimento- è questa la sua peculiarità, di
rendere pregnante la vicenda che ci racconta, significativi i personaggi che vi
compaiono. Così è in quest’ultimo romanzo, “Sveglia”, Get a Life in inglese, con un imperativo che sollecita, anzi
ordina, di prendere in mano la propria vita e di difenderla.
Avvertiamo subito, nel punto d’inizio del
romanzo, un significato aggiunto: il trentacinquenne Paul Bannermann è stato
operato per un tumore alla tiroide e, come conseguenza della terapia radioattiva,
è obbligato ad un isolamento forzato. E l’invisibile luminescenza che emana il
suo corpo diventa il punto chiave del romanzo, acquista la valenza metaforica
della luce che, casualmente e all’improvviso, fa chiaro sulla vita di tutta la
sua famiglia.
Tornato a vivere nella casa dei genitori, costretto a muoversi tra
stanze e giardino, a mangiare in piatti e con posate monouso, a vedere gli
altri a debita distanza, si trova a sperimentare una sorta di apartheid personale
e, nello stesso tempo, può osservare da una prospettiva diversa i problemi del
suo paese. Paul è direttore di un’associazione ambientalista sudafricana, sua
moglie è copywriter in un’agenzia di pubblicità internazionale: per la prima
volta, al di là dell’amore che prova per lei, Paul si rende conto di quanto
divergano i loro interessi e, di conseguenza, le loro aspettative della vita.
Le preoccupazioni di Paul e dei suoi amici e collaboratori riguardo
all’installazione di un reattore nucleare e alla costruzione di dighe su un
delta non trovano alcun riscontro nelle
priorità puramente economiche dell’agenzia per cui lavora sua moglie- nella
visione del futuro degli uni ci sono danni irreversibili per la specie umana e
per l’ecosistema, in quella degli altri ci sono immagini da cartolina di
villaggi turistici e visitatori con macchine fotografiche al collo.
Non è solo Paul a “vedere” la sua vita e i
suoi rapporti familiari sotto questa nuova luce, il cambiamento di programmi a
cui sono obbligati i suoi genitori per offrirgli ospitalità diventerà la causa
insospettata e scatenante per un cambiamento radicale nelle loro vite. Get a Life: pare proprio che suo padre
si voglia appropriare della vita che ha sempre desiderato, facendo
l’archeologo, e con una nuova donna-
come per far scontare una vecchia colpa alla moglie (di cui sappiamo in un
flashback). E la moglie, a sua volta, trova il modo di redimersi da quella
colpa. C’è un messaggio finale positivo nel romanzo, in una revisione dei conti
che affronta la realtà, una conclusione lieta anche per il protagonista che può
rientrare nel mondo dei “vivi” perché non emana più luminescenza radioattiva,
un brindisi al bambino- sano, per fortuna, come prova l’ecografia- che deve
nascere.
Poteva essere una storia limitata alle
questioni economiche ed ecologiche del Sudafrica, e invece Nadine Gordimer la
trasforma in una vicenda di interesse più ampio, nel suo stile particolare in
cui si avverte- molto forte- la sua voce a commentare, a volte tuttavia rallentando
e quasi intralciando la narrazione.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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