lunedì 14 luglio 2014

Nadine Gordimer, "Sveglia" ed. 2006

                                                          premio Nobel
   Voci da mondi diversi. Africa
    il libro ritrovato


Nadine Gordimer, “Sveglia!”
Ed. Feltrinelli, trad. Grazia Gatti, pagg. 174, Euro 16,00

Titolo originale: Get a Life

Durante il primo weekend, lei aveva portato il loro bambino a trovarlo, ma nelle visite successive avevano dovuto limitarsi a far vedere il padre al figlio di tre anni da dietro le sbarre di ferro del cancello: in un incontro aperto non gli si poteva impedire di correre ad abbracciargli le gambe.


   Un libro di Nadine Gordimer, premio Nobel 1991, non è mai un romanzo banale, una storia di puro intrattenimento- è questa la sua peculiarità, di rendere pregnante la vicenda che ci racconta, significativi i personaggi che vi compaiono. Così è in quest’ultimo romanzo, “Sveglia”, Get a Life in inglese, con un imperativo che sollecita, anzi ordina, di prendere in mano la propria vita e di difenderla.
     Avvertiamo subito, nel punto d’inizio del romanzo, un significato aggiunto: il trentacinquenne Paul Bannermann è stato operato per un tumore alla tiroide e, come conseguenza della terapia radioattiva, è obbligato ad un isolamento forzato. E l’invisibile luminescenza che emana il suo corpo diventa il punto chiave del romanzo, acquista la valenza metaforica della luce che, casualmente e all’improvviso, fa chiaro sulla vita di tutta la sua famiglia.
     Tornato a vivere nella casa dei genitori, costretto a muoversi tra stanze e giardino, a mangiare in piatti e con posate monouso, a vedere gli altri a debita distanza, si trova a sperimentare una sorta di apartheid personale e, nello stesso tempo, può osservare da una prospettiva diversa i problemi del suo paese. Paul è direttore di un’associazione ambientalista sudafricana, sua moglie è copywriter in un’agenzia di pubblicità internazionale: per la prima volta, al di là dell’amore che prova per lei, Paul si rende conto di quanto divergano i loro interessi e, di conseguenza, le loro aspettative della vita. Le preoccupazioni di Paul e dei suoi amici e collaboratori riguardo all’installazione di un reattore nucleare e alla costruzione di dighe su un delta  non trovano alcun riscontro nelle priorità puramente economiche dell’agenzia per cui lavora sua moglie- nella visione del futuro degli uni ci sono danni irreversibili per la specie umana e per l’ecosistema, in quella degli altri ci sono immagini da cartolina di villaggi turistici e visitatori con macchine fotografiche al collo.
    Non è solo Paul a “vedere” la sua vita e i suoi rapporti familiari sotto questa nuova luce, il cambiamento di programmi a cui sono obbligati i suoi genitori per offrirgli ospitalità diventerà la causa insospettata e scatenante per un cambiamento radicale nelle loro vite. Get a Life: pare proprio che suo padre si voglia appropriare della vita che ha sempre desiderato, facendo l’archeologo,  e con una nuova donna- come per far scontare una vecchia colpa alla moglie (di cui sappiamo in un flashback). E la moglie, a sua volta, trova il modo di redimersi da quella colpa. C’è un messaggio finale positivo nel romanzo, in una revisione dei conti che affronta la realtà, una conclusione lieta anche per il protagonista che può rientrare nel mondo dei “vivi” perché non emana più luminescenza radioattiva, un brindisi al bambino- sano, per fortuna, come prova l’ecografia- che deve nascere.

      Poteva essere una storia limitata alle questioni economiche ed ecologiche del Sudafrica, e invece Nadine Gordimer la trasforma in una vicenda di interesse più ampio, nel suo stile particolare in cui si avverte- molto forte- la sua voce a commentare, a volte tuttavia rallentando e quasi intralciando la narrazione.

la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it


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